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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Borgo Ravaldino protagonista indiscusso della storia della città

Corso Armando Diaz, fino al 1928 intitolato ad Aurelio Saffi, era ancor più bello quando era dominato dalla mole presudo-medioevale del torrione dell’acquedotto

Corso Armando Diaz, fino al 1928 intitolato ad Aurelio Saffi, era ancor più bello quando era dominato dalla mole pseudo-medioevale del torrione dell’acquedotto. Fatto saltare dalla Wehrmacht in ritirata la notte fra l’8 e il 9 novembre 1944, era stato eretto appena quarant’anni prima, nel 1905, utilizzando i mattoni delle mura cittadine, demolite per “aprire l’urbe ai commerci”. Prima della sua costruzione, l’acqua si attingeva da fontane pubbliche sparse lungo le strade o da pozzi ricavati nei cortili delle case. Lo scavo di alcune fonti fuori città consentì di avere acqua abbondante, pompata con condutture fino all’enorme cisterna situata a ridosso della Rocca di Ravaldino. E’ un dato di fatto che, proprio da quel fatidico 1905, l’acqua cominciò a scorrere dai rubinetti interni di molte abitazioni forlivesi. Corso Diaz, già Borgo Merlonia, Borgo Ravaldino e Via Aurelio Saffi, ha sempre assolto la funzione d’ingresso in città dalla montagna.

“Si può dire – scrive l’indimenticabile Gilberto Giorgetti in “Borgo Ravaldino”, pubblicato nel 2008 per Almanacco Editore - che dall’Alto Medioevo in poi l’asse viario ravaldinese sia stato protagonista indiscusso della storia di Forlì”. Nonostante che nell’urbe forumliviana si sia sempre respirato un certo anticlericalismo, causato anche dai lunghi periodi di governo temporale pontificio, “questo fatto – precisa Giorgetti, scomparso il 20 luglio 2012 - non impedì che si potessero costruire numerose chiese ed istituti religiosi, anche a Ravaldino”. Fra i luoghi di culto più antichi lungo corso Diaz si ricordano Sant’Antonio Vecchio e la stessa parrocchiale di Sant’Antonio Abate, ancora esistenti, mentre la misteriosa San Giovanni Evangelista è letteralmente scomparsa nel nulla: “Nel 1258 – attesta Giorgetti - la chiesa sorgeva nei pressi del Borgo, fuori dalle mura”. Nel 1270 ne fu edificata una nuova, sempre intitolata all’apostolo prediletto da Cristo, proprio nel punto dove attualmente è ubicato il torrione dell’acquedotto comunale, che non è più quello merlato del 1905, ma l’anonima versione realizzata nel 1947 sulle macerie del precedente.

Nella pubblicazione “Mario Preta Un campione in punta di piedi”, edita nel 2007 dall’Associazione “Otello Buscherini” di Forlì, Gilberto Giorgetti da il meglio di sé nella descrizione degli straordinari personaggi ravaldinesi che, nei primi decenni del ‘900, fecero la storia della città: “Quella via fu meta del caliginoso e risorgimentale Mumù, dalle vaghe sembianze di un mago Merlino, che goffamente camminava sfiorando le case del Borgo, comprese quelle del botanico Pietro Zangheri e del tenore Carlo Zampighi. E poi la Barcilona, seduta dietro al suo carrettino di frutta secca ad aspettare i clienti, davanti alla chiesa romanica di Sant’Antonio Vecchio e accanto all’edicola dove, molti anni più tardi, si sarebbe recato tutti i giorni a comprare i giornali il senatore Roberto Ruffilli, prima di essere ucciso dalle Brigate Rosse”.

La sua casa, oggi indicata da una lapide a ricordo, sembra compiacersi nel guardare l’entrata del mitico Cafè ‘d Gisto, a fianco della via Primavera. E guai a dimenticare Gnafin d’iusêl, un uccellatore dal viso buffo, senza naso e dalla strana voce, che aveva la bottega sotto le logge del Palazzo del Podestà; Tësta d’vidël, una figura dalla testa grossa e con l’arguzia di un Meo Patacca; Tomba, un salumiere che, nell’opacità della bottega, all’angolo di via Bella, ancora oggi dà del…porco a tutti”. Nota malinconica in calce ad un quadro di ricordi che rimarrà indelebile grazie a Giorgetti: nel frattempo anche la salsamenteria Tomba ha chiuso i battenti, sopraffatta dalla modernità e dai metodi “fast” della società dei consumi.

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