rotate-mobile
Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Piazza Guido da Montefeltro e il San Domenico: storia di ampliamenti, demolizioni e riqualificazioni

Piazza Guido da Montefeltro: da sede della fabbrica di feltri Bonavita al contestato parcheggio griffato da Sacripanti, fino al restauro della chiesa di San Giacomo in San Domenico.

Piazza Guido da Montefeltro in una foto del 1971: se l’ex complesso conventuale del San Domenico è ancora in proprietà dell’Esercito, il “Caterpillar” in primo piano sta giusto finendo di spianare la gloriosa fabbrica di feltri, dismessa da alcuni anni. La Società Anonima Bonavita sorse nel 1888 nell'area di circa 20.000 metri quadrati precedentemente occupata dagli orti del San Domenico. In poco tempo, i fratelli Leonida, Ettore e Giovanni Bonavita portarono l'azienda ai primissimi posti europei per la produzione di borre di feltro. L’accesso principale dello stabilimento era posto nella scomparsa piazza San Domenico, il cui lato orientale era costituito dalla facciata della soppressa chiesa di San Giacomo.

Sull’altro fronte si estendeva il grande edificio che ospitava gli uffici e la direzione. Alle soglie della prima guerra mondiale, l'impresa era giunta ad occupare sino a 250 operai. Supera le avversità del secondo conflitto ma non regge l’internazionalizzazione dei mercati. La società fallisce nel 1969, ma il vecchio stabilimento era già stato chiuso nel 1966. Nel 1968 inizia la liberazione dell’area dai fabbricati. Per lunghi anni, il grande spiazzo così ricavato sarà utilizzato da circhi, giostre, luna park e persino da una sorta di “Motor show” a metà degli anni Settanta, con motociclisti che volavano sulle auto con salti e acrobazie. Nel marzo del 1981 scompare nottetempo anche la ciminiera: viene demolita per far posto al parcheggio a raso e alla cosiddetta Barcaccia, le sole parti realizzate dell’impegnativo progetto dell’architetto Maurizio Sacripanti, vincitore nel 1976 del concorso bandito dal Comune per il progetto del nuovo teatro comunale (da inserire all’interno del convento di San Domenico) e per la sistemazione dell’area antistante. Rapida digressione prima di addentrarci nel San Domenico: sullo sfondo della foto appare anche il cosiddetto Palazzo dell’Enel, edificio assai poco appariscente, realizzato dall’ex ente per l’energia elettrica nel 1969 per ospitare i propri uffici.

Oggi, quell’ecomostro di ben 4.526 metri quadrati giace inerte in attesa di nuovo proprietario e futura destinazione. Molti ne invocano a gran voce anche una ristrutturazione, in grado di coniugarsi con l’adiacente rinnovato complesso museale. L’ex convento del San Domenico affonda le radici nel Medioevo. In quasi ottocento anni di storia ha vissuto momenti di splendore alternati a periodi di profonda depressione. Per almeno cinque secoli è stato in proprietà dell’antico “Ordo Praedicatorum”, fondato nel 1215 dallo spagnolo Domingo Guzman. Conosciuti in Inghilterra come i “black friars”, i Domenicani s’insediano in città attorno al 1229. I magistrati cittadini gli assegnano l’area che continua a portare il loro nome, posta a ridosso delle mura occidentali cittadine. Tutto svanisce come una bolla di sapone l’11 agosto 1798, con la soppressione bonapartista.

Forlì Ieri e Oggi: piazza Guido da Montefeltro

I Domenicani devono riparare in fretta e furia a Bologna, senza poter più far ritorno. L’avvento dello Stato Unitario italiano, nel 1860, costituisce la mazzata definitiva: il San Domenico è tolto definitivamente ai religiosi per essere dato a funzioni militari. Inizia il declino, che diviene presto degrado, fino al 25 maggio 1978, giorno del crollo delle tre campate, del tetto e di parte del chiostro della chiesa. Il 27 febbraio 1988, l’Amministrazione comunale acquisisce definitivamente l’ex caserma Cantoni al proprio patrimonio. L’ultimo atto in ordine di tempo del recupero del grande complesso, costato finora 12 milioni di euro, è datato 30 maggio 2015 con l’inaugurazione della chiesa di San Giacomo Apostolo dei Domenicani. La sua genesi risale al 1235, pochi anni dopo l’arrivo a Forlì dei Padri Predicatori.

L’insediamento originario era costituito da un ambiente piccolo e semplice, con aula a tre navate e tre campate, oltre a due cappelle absidali sul lato meridionale. Verso il 1315, alla morte del beato Giacomo Salomoni, predicatore di origine veneziana, viene aggiunta l'omonima cappella oggi scomparsa, addossata al lato nord dell'aula. Fra il XIV e il XV secolo, San Giacomo è allargata con l'aggiunta di quattro campate. Spariscono le navate laterali a beneficio di un unico grande spazio. Nel Rinascimento si registrano ulteriori lavori di arricchimento, segno della crescente potenza dei Predicatori. Nella prima metà del Cinquecento vengono ristrutturati i due chiostri e la sala del Capitolo dell’annesso convento. Nel XVIII secolo la chiesa riceve un ulteriore ampliamento: tra il 1707 e il 1720 l'interno è riformato in base ad un progetto del capomastro ed architetto forlivese Domenico Conti, che interviene sull’abside e allarga l’aula, a discapito della facciata che subisce un arretramento.

Queste migliorie issano San Giacomo fra le chiese più sontuose della città. Superato il terremoto del 1781, tutto svanisce con le soppressioni disposte prima da Napoleone e poi dal regno unitario sabaudo. Il 17 febbraio 1881 gli altari sono messi all’asta e acquistati dalla Curia vescovile per essere collocati in altri templi cittadini. Nel marzo 1881 è smontato anche il pavimento, tanto che la chiesa diviene luogo di maneggio per la cavalleria, da cui l’appellativo di Cavallerizza. Il degrado di San Giacomo, culminato nel devastante crollo del 1978, coincide con quello dell’intero complesso conventuale. La definitiva rinascita del San Domenico, contenitore di rassegne cultural-artistiche a respiro internazionale, è cronaca di questi giorni.

Piero Ghetti
 

Si parla di

Piazza Guido da Montefeltro e il San Domenico: storia di ampliamenti, demolizioni e riqualificazioni

ForlìToday è in caricamento