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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

"La Porta sopravvissuta"

Porta Schiavonia è l’unica ancora in piedi delle 4 porte che fino all’ultimo conflitto mondiale controllavano i principali accessi al centro storico cittadino

Porta Schiavonia è l’unica ancora in piedi delle quattro ‘barriere’ che fino all’ultimo conflitto mondiale presidiavano i principali accessi al centro storico forlivese. Con le sue rocchette laterali è anche uno dei pochi relitti giunti ai giorni nostri delle grandi mura medievali. Fatte costruire dagli Ordelaffi e rinforzate nel XV secolo da Caterina Sforza, hanno cinto l’urbe per una lunghezza di oltre 5 chilometri fino al fatidico 1905. Quell’anno, l’Amministrazione comunale, scimmiottando una decisione analoga presa a Bologna, decise di farne “tabula rasa” per “aprire la città ai commerci”. Ogni tanto riappare qualche resto degli antichi bastioni sotto i viali di circonvallazione, che ne hanno preso il posto a partire dagli anni Dieci del XX secolo. L’ultima volta è successo nel 2000: durante la realizzazione della rotonda di Santa Chiara sono riemerse le basi della torretta di guardia posta allo sbocco dell’attuale via Dandolo. I resti più conosciuti, per una lunghezza di un centinaio di metri, sono quelli di via del Portonaccio: qualche anno fa sono stati recuperati dal Comune, che ha liberato le pietre secolari dall’erba infestante e rimosso i cosiddetti “depositi incoerenti”, fino al reintegro del paramento murario sopravvissuto. Un altro importante residuo, pressoché sconosciuto, è visibile fra le vie Piave e Forlanini: si tratta degli avanzi della torretta Pelacano, contigua al molino omonimo. Quando, una ventina d’anni fa, nel perimetro di un vecchio fabbricato artigianale è stato realizzato il condominio di via Piave, quei mattoni sono ritornati allo scoperto. L’attuale Porta Schiavonia è stata eretta nel 1743 in omaggio al cardinale forlivese Camillo Paulucci, rientrato dalla Polonia dove si era occupato della salita al trono di Augusto III.

Le cronache narrano però di altre due costruzioni precedenti. La prima è la roccaforte edificata fra il 1406 e il 1407 dal Legato papale cardinale Cossa. Neppure 4 anni dopo, nel 1411, fu conquistata dal nuovo signore di Forlì Giorgio Ordelaffi, che la distrusse. Ricostruita nel 1499 da Cesare Borgia detto il Valentino, subì le alterne vicende delle fazioni forlivesi in lotta fra loro, finché, nel 1613, il cardinale Rivarola la fece definitivamente atterrare risparmiando però le rocchette laterali. Dopo 150 anni si pensò bene di riempire quel vuoto con l’odierno arco barocco dotato pure di un corpo centrale, il mitico androne, riparo dei braccianti giornalieri (agl’ovar) che attendevano di essere ingaggiati dai fattori per la mietitura. Il 7 agosto 1933, anche quel baluardo della tradizione locale è sparito sotto il piccone dei tecnici di regime. La motivazione? Ufficialmente, “per agevolare la circolazione stradale”, in realtà per continuare quel modernismo architettonico, tipico del “Ventennio” fascista, che ha irrimediabilmente cancellato molta originalità della ‘Furlè d’na volta’. Nel 1968, la porta fu restaurata dal Comune per iniziativa del professor Aldo Sacco. L’ultimo intervento sul monumento risale al 2002: un comitato capitanato dall’allora assessore comunale Gabriele Zelli, si accordò con alcuni artigiani locali per la pulizia delle murature interne. Silvio Van Riel e Fausto Farneti, progettisti del restauro, proposero di coprire la porta con un tetto di legno, distinguendo le parti originali da quelle posticce. Si oppose la Soprintendenza, ritenendolo un falso storico. A breve partiranno i lavori per la realizzazione di due nuove rotonde all’altezza di Porta Schiavonia. E’ un intervento che, nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale, dovrebbe sgravare uno dei snodi stradali più congestionati della città, ma anche consentire la valorizzazione del monumento grazie ad nuova pavimentazione e illuminazione dell’area circostante.

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