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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando Mussolini sostava da Damerini nel Cantone di Mozzapè

Trattasi dell’area tra il Palazzo Serughi, il Palazzo Talenti-Framonti e la Chiesa del Suffragio, costituita dal frammento di piazza Saffi prima dell’imbocco di corso della Repubblica, già Borgo Cotogni

Ci sono angoli a Forlì che rimangono indelebili nella memoria cittadina: è il caso del Cantone o Trebbo di Mozzapè. Trattasi dell’area tra il Palazzo Serughi, il Palazzo Talenti-Framonti e la Chiesa del Suffragio, costituita dal frammento di piazza Saffi prima dell’imbocco di corso della Repubblica, già Borgo Cotogni. Risalire all’origine di un nome così singolare, è arduo: visto che trebbo deriva dal latino “trivium”, il tutto potrebbe essere tradotto in Cantone di Mozzapiedi.

Qualche ricercatore, a cominciare dall’amico Umberto Pasqui nel suo blog “Il Foro di Livio”, sostiene come ipotesi più verosimile il fatto che “la curva della piazza che forma il detto cantone, fosse particolarmente pericolosa per i cavalli che il 30 aprile di tempi ormai remoti percorrevano il Palio. Femori rotti di equini, di fantini, di spettatori?”. Fino al 1932, lo sbocco di via Volturno su cui si erge il lato occidentale della chiesa del Suffragio, era “ostruito” da un fabbricato oggi scomparso: Palazzo Tassani.

“Questo edificio – scrive Gilberto Giorgetti in “La Città Scomparsa” – è ricordato dai forlivesi per il Bar della Borsa”. Fu volutamente demolito, dopo accese discussioni, per dare più armonia all’insieme architettonico degli edifici costituenti il lato nobile della Piazza. Per colmare il vuoto, sempre negli anni Trenta, allo stesso Palazzo Talenti Framonti (già Orsi Mangelli, Scroffa, Mangelli e Zoli) fu aggiunta una porzione di fabbricato con prospetto flesso prospiciente la chiesa del Suffragio. Il Cantone di Mozzapè è stato per decenni e fino alla fine del Novecento, luogo d’incontro (trebb) sia di cittadini che di forestieri. Popolata quotidianamente dagli avventori dell’aristocratico Caffè di Macarò, durante le mattinate di mercato diveniva dominio indiscusso di contadini, artigiani e mediatori.

Alla fine dell’Ottocento, con la comparsa davanti al Suffragio del primo chiosco di giornali di Forlì gestito da Angelo Damerini, che nel 1884 aveva avviato l’attività proprio sotto l’ultimo arco di Palazzo Talenti Framonti, il cuore della cosiddetta “Loggia dei Signori”, il Cantone assunse anche la funzione di salotto buono per intellettuali, politici e semplici pensatori. Uno dei frequentatori più assidui dell’edicola dameriniana fu il giovane Benito Mussolini. Siamo nel primo decennio del Novecento: molti testimoni raccontano di accese discussioni, spesso riferite all’attualità e alla politica, fra il futuro Duce del Fascismo, all’epoca direttore del giornale socialista “La lotta di classe” e altri intellettuali.

“In questo salotto all’aperto – precisano Gabriele Zelli e Marco Viroli nel primo volume di Personaggi di Forlì – si incontravano anche nomi altisonanti della politica e della cultura forlivese: da Archimede Montanelli, violinista nonché insegnante di Mussolini, a Giuseppe Mazzatinti, direttore della Biblioteca di Forlì e docente al Liceo Classico, dal musicista e direttore d’orchestra Alberto Resch, al prete modernista Tommaso Nadiani, amante delle dispute vivaci e delle dotte conversazioni (…) anche chi non possedeva entrate finanziarie poteva usufruire della disponibilità di Damerini per leggere giornali e riviste a scrocco, in modo da tenersi comunque informato su quanto avveniva in Italia e nel mondo”. 

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