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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando il sobborgo Mazzini s’immolò per Forlì

Fu la costruzione della ferrovia e della stazione, nel 1861, a favorire lo sviluppo di questo primo rione fuori le mura. Il 19 maggio 1944 i bombardieri americani piombarono su Forlì alle 9.45, accanendosi particolarmente sull’area ricompresa fra il “Ponte del Vapore” in Sobborgo Mazzini e l’abitato posto fra la vecchia Stazione e Viale Vittorio Veneto

Una foto straordinaria, proveniente dalla Raccolta Piancastelli, apre la scheda dedicata al Sobborgo Mazzini, il più antico fra gli insediamenti di espansione cittadina scaturiti fuori le mura. La via in primo piano è sicuramente la Ravegnana, immortalata nei primi anni del XX secolo poco prima di sfociare su Porta San Pietro (in origine costituita dall’omonima rocchetta, abbattuta nel 1862 per fare posto alla Barriera Mazzini).

"Fino al 1905 - si legge nell’opera in tre volumi “Forlì. Città e Cittadini fra Ottocento e Novecento” di Elio Caruso - i sobborghi erano separati dalla città dalle mura medioevali. Quell’anno, con il loro parziale abbattimento, i forlivesi si sentirono più cittadini (…) Il sobborgo più popolato è quello che segue alla via Mazzini, cioè al nord della città. Si estende per circa un chilometro con oltre 120 fabbricati, lungo la strada provinciale di Ravenna e circa 500 metri nella via Circonvallazione esterna, parte verso la Barriera Vittorio Emanuele e parte verso quella Garibaldi (Schiavonia). Fu la costruzione della ferrovia e della Stazione, nel 1861, a favorire lo sviluppo di questo rione; nei suoi pressi sorsero infatti la fonderia, il gazogeno, la fornace Pelacano, la fabbrica di maioliche Gorini, il molino a vapore Tesorieri, lo zuccherificio Eridania".

Gilberto Giorgetti, nella pubblicazione “Sobborgo Mazzini” di Almanacco Editore, individua altri due punti d’eccellenza nel Foro Boario, “realizzato fra il 1927 e il 1932 prima del Cimitero monumentale, a fianco del Molino Migliozzi” e nella chiesa dei Padri Cappuccini dedicata a Santa Maria del Fiore (…), “iniziata nel 1600 a spese dei fedeli e terminata nel 1634 sull’area dell’antica chiesa dedicata ai Santi Vito e Modesto”. Giorgetti indica un’altra attrattiva di questa propaggine cittadina “extra muros”, nella figura di Rachele Guidi, consorte di Benito Mussolini. "Anna Lombardi, madre di Rachele – scrive ancora l’indimenticabile storico e collezionista forlivese, scomparso nel 2011 – era rimasta vedova con cinque figli e nel 1905 si unì ad Alessandro Mussolini, sceso a Forlì da Predappio alla morte della consorte Rosa Maltoni. Insieme gestivano un’osteria all’inizio dell’angolo destro di via Ravegnana".

Quell’arteria è sempre stata l’accesso privilegiato in città da parte dei residenti nelle campagne, che entravano da Porta San Pietro soprattutto nei giorni di mercato. Fu questo il motivo per cui il 19 maggio 1944, data del primo bombardamento alleato su Forlì, il sobborgo Mazzini si macchiò tragicamente di sangue. Quel venerdì mattina, la via Ravegnana era percorsa da frotte di contadini e massaie dirette in piazza Saffi. Antonio Mambelli, nei suoi “Diari degli Avvenimenti in Forlì e in Romagna dal 1939 al 1945", scrive di un primo allarme dalle 8,10 alle 8,35, seguito da un'altra sirena delle fabbriche dalle 9,45 alle 12.

Vennero mandati a casa gli studenti, ma la gente continuò nelle proprie occupazioni. Dopo pochi minuti dalla percezione del secondo segnale, sul cielo della città appare una formazione di 32 bombardieri: non meno di 150 bombe di medio calibro sono sganciate a grappoli sulla fascia ferroviaria compresa nell’abitato e le zone industriali, fra l’ultimo sottopassaggio verso Forlimpopoli e la vecchia stazione, nonché su parte della Villa di Coriano, per una lunghezza di 2 chilometri e una profondità di circa 600 metri. L’area più colpita col maggiore numero di morti e danni materiali, è quella ricompresa fra il “Ponte del Vapore” in via Ravegnana e l’abitato posto fra la vecchia Stazione e viale Vittorio Veneto. Alla fine, Mambelli parla di 140 morti accertati e circa 250 feriti. "Verso mezzogiorno, una settantina di morti erano già allineati nell’obitorio del cimitero per il riconoscimento". Neppure 24 ore dopo, l’esodo dei forlivesi verso le campagne e la collina inizierà irrefrenabile. 

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