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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Il glicine Manoni simbolo di tenacia e voglia di vivere

Ha compiuto 100 anni nel 2015, dopo essere sopravvissuto al bombardamento del 25 agosto 1944, che pure aveva disintegrato la casa cui s’aggrappava

Ha compiuto 100 anni nel 2015, dopo essere sopravvissuto ai bombardamenti dell’ultima guerra, che pure avevano disintegrato la casa cui s’aggrappava. Per il glicine Manoni, straordinario monumento vegetale posto in via delle Torri, 14, a Forlì si tratta di una performance assoluta. A piantarlo nel sito attuale provvide nel 1915 Stefano Manoni: il commerciante aveva pensato al glicine come ornamento della sua bottega di vernici. La stessa mesticheria figura fra le eccellenze cittadine: aperta nel 1830 da Dario Manoni, rientra nella ristretta schiera delle botteghe più antiche della Regione. E’ un privilegio che non le impedirà, però, di cambiare sito (dopo 187 anni) e spostarsi in Corso Garibaldi entro la fine dell’estate.

Per i forlivesi, quel glicine è diventato simbolo di tenacia e voglia di uscire dall’incubo del tragico 25 agosto 1944, quando il centro storico fu pesantemente colpito da 23 bombardieri alleati pilotati da aviatori sudafricani, che causarono la morte di 75 civili e 9 militari (di cui 3 tedeschi), oltre a 150 feriti. Nessuno si aspettava uno scempio del genere: pare si sia trattato di un errore balistico (non era Forlì l’obiettivo), anche se sono molti oggi a ritenere che “quell’anomala e disastrosa incursione sul centro storico della città - scrivono Marco Viroli e Gabriele Zelli nel libro “I giorni che sconvolsero Forlì” - venne decisa dagli Alleati come atto di ritorsione per la mancata risposta popolare della settimana precedente all’uccisione dei partigiani della Banda Corbari”. Era un venerdì giorno di mercato. I primi bombardieri apparvero all’orizzonte alle 9.16. Provenivano da sud nell’ambito dell’Operazione “Olive”, dal nome del generale statunitense Oliver Leese, che l’aveva congegnata per prendere Rimini e sfondare in più punti la Linea Gotica, il sistema fortificato posto lungo l'Appennino dalla Wehrmacht: i tedeschi volevano impedire agli Alleati di prendere il nord del Paese e dilagare in Europa. Seppur in forme ridotte e con poca merce sui banchi, il mercato ambulante in piazza Saffi non aveva mai cessato di operare, neppure durante la guerra. Fu uno dei motivi della strage. Forlì subì il secondo bombardamento per imponenza dopo quello del 19 maggio 1944, che aveva mietuto 150 vite.

Le sirene suonarono in tempo, ma era troppa la gente dispiegata nelle vie del centro. I danni maggiori furono riscontrati proprio nel raggio di piazza Saffi: erano stati colpiti quasi tutti gli edifici posti su via delle Torri, ma lamentava gravi ferite la stessa Basilica di San Mercuriale, sul cui sagrato erano perite decine di persone ammassatesi nell’interstizio fra l’abbazia e il campanile. Quel 25 agosto di 73 anni fa perse la vita anche Carla Ciani, sorella maggiore di Biancarosa, all’epoca bimba di pochi mesi e tuttora conduttrice (con piglio) del “caffè” di famiglia, il Bar Roma di via Bonatti 9, dietro al Palazzo delle Poste e Telegrafi, fondato dal padre Dario nel 1939. A quella diabolica ventata di morte giunta all’improvviso dal cielo, riuscì incredibilmente a scampare il glicine di casa “Manoni”. Completata la ricostruzione dell’edificio, la Cav. Giannina, volitiva patriarca della famiglia, “premiò” il vegetale miracolato con la restituzione di un appoggio anche nella sua nuova dimora. Proprio per la sua indiscutibile importanza storico-affettiva, l’amministrazione comunale di Forlì, che già nel 1994 era intervenuta in via straordinaria con un primo intervento di potatura, nel 2015, in occasione del centesimo anniversario della pianta, ha provveduto a sostituire l’ormai usurata struttura protettiva con una nuova, disponendone inoltre la tutela quale patrimonio storico della Città. 

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