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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Il ponte sopravvissuto alla Wehrmacht

Mattina del 9 novembre 1944: lo scenario monumentale di Forlì, già città del Duce, appena liberata dall’occupazione militare tedesca, è desolante. Fortunatamente (nel senso che avevano provato a far fuori pure quello, ma senza riuscirci) si era salvato il Ponte “vecchio” sul Rabbi

Mattina del 9 novembre 1944: lo scenario monumentale di Forlì, già città del Duce, appena liberata dall’occupazione militare tedesca, è desolante. Solo per rimanere in pieno centro storico, se sopravvive incredibilmente il secolare campanile di San Mercuriale (la “vox populi” attribuisce il merito all’indimenticabile don Pippo Prati), mancano all’appello il campanile del Duomo, la torre civica col sottostante Teatro comunale, la torretta degli Uffici Statali e il monumento ad Aurelio Saffi. Nel forese, soprattutto con riferimento alle chiese e ai campanili posti a nord della città, minati sistematicamente per togliere punti di osservazione agli anglo-americani avanzanti, la devastazione è omogenea, senza eccezioni.

“Il secondo conflitto mondiale – scrive l’amico Umberto Pasqui nel suo blog ‘Il Foro di Livio’ alla data del 24 agosto 2018 - non poteva certo risparmiare il Ponte di Schiavonia: fu fatto saltare dai tedeschi alle 3 del mattino del 9 novembre 1944. Fu sostituito temporaneamente da un ponte militare a struttura metallica, fino a quando sarà ricostruito dai genieri dell'VIII Armata britannica, poggiando i piloni sui basamenti originali”. Fortunatamente (nel senso che avevano provato a far fuori pure quello, ma senza riuscirci) si salvò il Ponte “vecchio” sul Rabbi. Realizzato a cinque campate con ampio uso di mattoni faccia a vista ed il parapetto ligneo, il manufatto emblema di Vecchiazzano vide la luce nel 1860, lo stesso anno dell’Unità d’Italia.

L’inaugurazione avvenne in pompa magna l’11 luglio 1861, anche se le cronache attestano che era in servizio già da un anno, in sostituzione del precedente portato via da una piena. Unico ponte “vintage” dei tanti che attraversavano i vari fiumi o rii forlivesi, tutti sopraffatti dal secondo conflitto mondiale, sorprende che sia potuto sopravvivere sino ad oggi nonostante la “fiumana” di guai occorsagli. Pura fortuna, visto che è rimasto in prima linea per oltre un secolo come unico “scavalco” pedemontano del Rabbi. “I tedeschi – scrive Gilberto Giorgetti nel suo libro su Vecchiazzano – gli spararono contro dall’ospedale Pierantoni, che all’epoca era sanatorio per i tubercolotici. Nella notte del 5 settembre 1944 venne bersagliato dai bombardamenti, e il giorno 9, non paghi, i soldati della ‘Wermacht’ iniziarono le trivellazioni per farlo saltare”. Per la cronaca, le mine inesplose sono state rinvenute in una campata solo nel 2005. Dalla fine degli anni ’70 è stato soppiantato dal nuovo asse carrabile denominato “via del Partigiano”, che ai forlivesi ha recato in dote anche un ponte sul fiume Rabbi più ampio e funzionale.

Percorso giusto da qualche ciclista o pedone, che da via dell’Appennino voglia raggiungere l’altra riva senza sobbarcarsi il più lungo tragitto imposto dal nuovo attraversamento, il vecchio ponte è stato restaurato ed inaugurato il 25 marzo 2006. La frazione di “Vciazan” deve molto a quel glorioso manufatto, i cui predecessori risalgono addirittura al XII secolo. Il “Libro Biscia” di San Mercuriale riporta di un ponte di Vecchiazzano in un atto del 25 luglio 1196. Giovanni di Mastro Pedrino annota che quella costruzione fu travolta da una fiumana ai primi di giugno del 1433. Giungiamo così al 1445, anno in cui Antonio Ordelaffi lo fece rifare “a regola d’arte” in legno, avvalendosi di un tal Mastro Giacomo da Ferrara. Si trattava però di una perfezione molto relativa, poiché nel 1481 gli anziani di Forlì commissionarono la costruzione di un nuovo ponte a Ludovico di Andrea di Lugo e a Lorenzo Antonio detto Malabestia”.

A dispetto di nomi così inquietanti, stavolta l’opera risultò ben fatta, tanto che resistette fino al 1842, l’anno della grande alluvione. Arriviamo così al 1860 e al ponte attuale: il restauro del 2006, dopo decenni di abbandono, ha solo mitigato la sua condizione, tanto che, come si legge sul sito web “www.vecchiazzano.it” curato da Andrea Gorini, “rimane vittima di continui vandalismi”. C’è già qualcuno che avanza l’idea di elevare a reato penale l’imbrattamento di edifici di interesse storico o artistico, così da tutelare anche il glorioso manufatto vecchiazzanese. Peccato che l’ordinamento giuridico italiano sia strapieno di norme di comportamento, che rimangono regolarmente lettera morta per carenza di risorse atte a farle rispettare.

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