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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando il Viale della Stazione fu inaugurato con puntualità fascista

E’ ancora in attesa del pieno recupero il monumentale Viale della Libertà, già intitolato a Benito Mussolini, inaugurato il 30 ottobre 1927 dal ministro Luigi Federzoni. Dei 316 lecci del progetto originario del 1927, ne restano soltanto 156

“Alle 9 precise, con puntualità fascista, giunse a Forlì il treno ministeriale con a bordo Luigi Federzoni”. La grande arteria alberata, oggi denominato Viale della Libertà ma originariamente intitolata a “S.E. Benito Mussolini” (molto superstizioso tanto da far cambiare l’intitolazione in Viale XXVIII Ottobre già nel 1935), fu ufficialmente inaugurata, dopo sei mesi di febbrile lavoro, il 30 ottobre 1927 dal Ministro delle Comunicazioni del Governo Mussolini, Federzoni, “in concomitanza - si legge nel volume ‘Il Viale della Stazione’ di Gianluca Laghi ed Elio Vergari – con la celebrazione ufficiale di tutto il complesso di opere che comprende la stessa Stazione Ferroviaria, la Casa Provinciale del Balilla (l’attuale Palazzo Braschi in via Dei Mille, già sede della Democrazia Cristiana) e la Casa del Fascio (l’odierno Palazzo Albertini e parte del Palazzo del Podestà)”.

Il viale, per la verità, si presentò alle autorità fasciste ancora incompiuto. “Nonostante questo – si legge sul Popolo di Romagna, periodico del Partito Fascista forlivese – l’opera già rivela la sua imponenza con le sue sette vie, tre trottoir e quattro marciapiedi, con i suoi lecci in fasce, le ville, le antenne, le fabbriche”. Lunga ben 700 metri, venne a costare complessivamente 2.425.188 lire e 23 centesimi. “E’ per Lui – continua il Popolo di Romagna, alludendo ovviamente al Duce - che i Ferrovieri del Compartimento di Bologna hanno intensamente lavorato con fervore e con passione acciò quest’opera fosse compiuta anche prima del termine fissato dal ministro”. I principali elementi strutturali, identici a quelli attuali a parte l’impianto d’illuminazione, quasi interamente sostituito a partire dal 1959, erano i seguenti: una strada centrale larga metri 12.50, due marciapiedi laterali pedonali rialzati di metri 6.25 pavimentati in asfalto e rilevati con bordi di granito bianco, due ulteriori strade carrozzabili lunghe 5 metri ciascuna, e infine 316 lecci, 250 dei quali messi a dimora sui marciapiedi centrali sin dal marzo 1928.

Quel tipo di pianta, massicciamente utilizzata nell’edilizia di stampo fascista, venne scelto probabilmente per la chioma sempreverde sinonimo di giovinezza “e conferì al viale – scrive Gianluca Laghi in ‘Storia del Verde a Forlì’ - quel particolare aspetto di eleganza e signorilità che ancora oggi ammiriamo”. Se il boulevard uscì praticamente indenne dal secondo conflitto mondiale, “i lecci furono freddati dalle eccezionali raffiche di vento che sferzarono nell’inverno a cavallo fra il 1963 e il 1964 (…) attualmente, delle 316 alberature del progetto originario del 1927, ne restano soltanto 156, quasi tutte martoriate da molteplici danni basali, al fusto e alle branche, ovverossia agli organi che costituiscono la loro struttura portante”. I collari di contorno agli alberi, inizialmente in cemento, vengono sostituiti nel maggio ‘28 con una bordatura circolare di cubetti in porfido dell’Alto Adige, lo stesso che sarà utilizzato proprio quell’anno nella ripavimentazione di Piazza Saffi. L

’illuminazione viene fornita “nella parte centrale con lampade a sospensione e nelle parti laterali con lampade a braccio su decorosi pali di ghisa. I lampioni in particolare sono costituiti da un pilastro in muratura a sostegno del basamento in calcestruzzo. Su quest’ultimo viene infisso un palo tubolare a pastorale”. I marciapiedi pedonali del viale Mussolini divennero ben presto la “vasca” abitudinaria e privilegiata delle famiglie forlivesi, con percorso andirivieni fino a corso Vittorio Emanuele (oggi della Repubblica). Sullo stradone centrale si tenevano le parate di regime, mentre ai lati s’innestò tutta una serie di costruzioni monumentali, tuttora perfettamente funzionali. L’ultima recuperata dopo decenni di colpevole abbandono, grazie ad un contributo ministeriale, è la palazzina ex Gil. Dedicata da poco al martire della Resistenza Adriano Casadei, è ancora alla ricerca di un pieno utilizzo. 

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