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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Ecco il Politeama Forlivese

Il sogno di un concittadino dimenticato, Archimede Montanelli: un grande teatro per Forlì. Rimarrà sulla carta, dimenticato come il sognatore.

Se nel 1944 la guerra compromise (e il dopoguerra atterrò) il Teatro Comunale, bomboniera mai più ricostruita com'era e dov'era, nel febbraio di trent’anni prima ferveva una vivace discussione. A Forlì serve un nuovo teatro? Allora si pensava in grande. “Un politeama a Forlì sarebbe una speculazione eccellente – scrive Archimede Montanelli – e fa davvero maraviglia come i nostri capitalisti, cui sta a cuore il buon impiego del loro denaro, non v'abbiano fin qui pensato”. Il progetto, rilanciato dalle pagine del Pensiero Romagnolo del 15 febbraio 1914 ha una ragione ben fondata: “Forlì, il cui circuito commerciale si svolge tra una massa non minore di 150 mila abitanti, non può contentarsi di un ambiente teatrale piccolo, appena sufficiente alla decima parte di questa popolazione”. Infatti: “E' cosa ben intollerabile il dover stare tre o quattro ore in piedi tra i triboli di chi si pigia e urta da destra e sinistra”. Una vivacità culturale che necessita di “un ambiente vasto, capace almeno da 2500 a 3000 persone affinché le imprese teatrali possano far speciale assegnamento sopra serate che chiamano di risorsa”. Inoltre, il Politeama Forlivese sarebbe stato un polo culturale per tutta la Romagna. Montanelli, conoscendo i suoi polli, sa che andrà incontro all'indolenza del cittadone, alla “paura di non raccogliere adeguati vantaggi”, alla “gretteria propria dei piccoli cervelli” per “la mancanza di idee che emanino profumo di modernità”. E infatti, nemo propheta

Chi scrive, non è una firma a caso: Archimede Montanelli resta una figura importantissima nel panorama musicale della Romagna di quel tempo. Forlivese, musicista, conferenziere, cultore e coltivatore di fiori, si era fatto valere all'estero (Trento, negli anni Settanta dell'Ottocento, e le Baleari). Compositore musicale e saggista oggi sconosciuto ancor più ai suoi concittadini, è forse noto per essere stato il maestro di violino di uno "strano allievo" (così lo definiva): Benito Mussolini. Fin dal 1907 aveva gridato la necessità di un nuovo e grande teatro, non alternativo al Comunale, ma aperto a tutte le classi sociali e con biglietti dal prezzo accessibilissimo. E come tale, "moderno", cioè "in ferro e mattoni o in cemento armato, con gallerie e palchi". Sette anni dopo, la sua voce chiamava ancora nel deserto. Usò la sua indiscussa competenza musicale per convincere della necessità dell'iniziativa: il Comunale era insufficiente, e, nel dettaglio, si prese la briga di descrivere i problemi di acustica che sarebbero stati ovviati dal nuovo Politeama per una Forlì che aveva ormai raggiunto i 20 mila abitanti. "Serate di risorse in una gestione di 14 recite - annotava l'attento Montanelli - ve ne potranno essere tre, quattro e forse più, se lo spettacolo incontra il pieno favore del pubblico; in questo caso è assicurata finanziariamente tutta l'azienda". 

Il fervore per il Politeama proseguirà fino a spengersi per sempre con la deflagrazione del primo conflitto mondiale. Ma teneva banco, tra forlivesi assetati di spettacoli, specialmente melodrammi (e oggi costretti a migrare altrove), pure intrattenimento “leggero”, prosa, purché si uscisse di casa e si commentasse il giorno dopo o la sera stessa. Infatti, il nuovo grande teatro sarebbe dovuto essere “ricco di aria e luce” e adatto per “3000 spettatori”. Giusto per fare un raffronto: l'odierna più rilevante sala teatrale forlivese, inaugurata giusto vent’anni fa dopo radicali restauri (era il “Cinema Astra”) e dedicata a Diego Fabbri, supera di un soffio i 700 posti, come l'antico Teatro Comunale. Intanto l'edificio che non sarà mai costruito, aveva già un nome: Politeama Garibaldi oppure Forlivese. Avrà il suo progetto, la sua facciata elegante (nell'immagine), inconsapevole della fine imminente della Belle Epoque. “Hoc est in votis! - Esclamava l'entusiasta Archimede Montanelli il 22 febbraio 1914 nella medesima testata - Forlì è città ricca” perché “ha in gran parte assicurato il suo avvenire commerciale che però bisogna saper conservare”. E allora ecco il Politeama: “centro di studi, accrescerà di gran lunga quella cultura che è necessaria ad ogni popolo”. Sì, ma dove costruirlo? Tra le “località magnifiche che si potrebbero ottenere dal Municipio gratuitamente” per erigere il Politeama, il settimanale proponeva “in via Campo Ustrino con la facciata sulla piazza Morgagni” ove peraltro esisteva già un teatro, oppure “la Caserma Abbondanza” (cioè sull’attuale corso della Repubblica, nell'area del Circolo Mazzini), o ancora “l'orto di Palazzo Paulucci Piazza: la facciata guarderebbe piazza Garibaldi” (i giardini della Prefettura) oppure si avanzava l'idea di costruirlo “al posto del Foro Annonario”.

Insomma, l'entusiasmo del buon Montanelli dovrà scontrarsi con il "volare basso" tipico dei forlivesi (e dei suoi amministratori), gli stessi che si lamentavano del pigia-pigia che voleva dire assistere a uno spettacolo nel Teatro Comunale. Pazienza: pare proprio che gli ultimi bombardamenti abbiano definitivamente sepolto la possibilità di avere a Forlì una vera sala all'italiana, con stucchi e palchetti. E niente stagione d'opera come si deve (se lo venissero a sapere Montanelli e tutti i suoi contemporanei...). Insomma, col senno del prima è davvero incredibile. Nello stesso 1914 sarà abbattuto l'elegantissimo Teatro Santarelli (in seguito nominato Politeama Novelli), coi suoi tre ordini di palchi e platea adatta anche a trasformarsi in una sorta di piscina per spettacoli acquatici. Prevalse la prammatica (o miope) necessità di costruire l’attuale via Mercuriali, pertanto non ne è rimasta neppure una traccia. Così, in merito, scrive Timoleone Zampa in diretta: "benché questo teatro fosse costrutto in legno aveva vaste proporzioni, sia di larghezza che di lunghezza, quanto ben decorato, e fornito di tutti i comodi proservizi necessari". Tuttavia, come detto, il Comune non volle rinnovare il contratto d'affitto del terreno, se ne riappropriò e sgombrò tutto per aprire un varco tra piazza Morgagni e il nuovo, omonimo, ospedale. In questo spazio, in un estremo anelito di speranza, fu individuata l'area per il Politeama Garibaldi o Forlivese. Ma, come è evidente, non se ne fece nulla: l'amministrazione comunale del tempo non volle aprire il portafoglio, bastava già l'altro teatro, il Comunale, pensava. Ai posteri, di tale mondo spettacolare rimane ben poco. Se gli amministratori di allora fossero stati lungimiranti, oggi Forlì potrebbe godere del suo Politeama Montanelli: questa sarebbe la sua giusta intitolazione. 

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