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Martedì, 23 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Forlì è un gioco di carte?

La città ha una lunga storia di giochi di carte, e se nelle carte ci fosse Forlì? La recente idea di un artista toscano apre prospettive ludiche.

L’estate s’inoltra, si permetta una divagazione ludica. I giochi di carte, nonostante i tempi in continuo stravolgimento, resistono. Forse perché la tradizione, da queste parti, è antica. Nel Cinquecento, Francesco Marcolini da Forlì, mise alle stampe un libro chiamato "Le ingegnose sorti". L’intento del volume, stampato per la prima volta nel 1540, appare divinatorio, tanto che fu messo all’indice. Si voleva, con esso, predire la fortuna attraverso le carte. Si leggono cinquanta domande con le relative combinazioni di "sorte". Cinquanta illustrazioni raffigurano immagini simboliche, vizi e virtù, accompagnate da novanta carte da gioco che circondano l'incisione e da altre quarantacinque carte al verso del foglio disposte a croce. Nella seconda parte ci sono xilografie di personaggi, per lo più filosofi, dell'antichità contornate da 31 risposte, collocate sulla sinistra e da altre 24 sulla destra. Le carte riprodotte dall'editore e tipografo forlivese attivo più che altro a Venezia ricordano molto quelle da briscola, specialmente del seme dei denari. Le cosiddette carte romagnole sono a figura intera e in stile spagnolo. Essendo la Romagna il sud del nord e il nord del sud, gli assi ricordano quelli del Settentrione, coppe e spade sono simili a quelle del Meridione; dei bastoni se ne trovano di uguali in Spagna. 

Venendo a tempi più recenti, nel 1995 comparve, nella frazione forlivese di San Varano, una targa in ceramica che attesta che "qui vuolsi prendesse vita ai primi dell'800" il marafone, "gioco principe di Romagna", nonché "antesignano del bridge, invenzione democratica nella terra degli eguali giocato dai galantoman". Sarà, intanto negli archivi è pieno di verbali in cui si legge che, nel focoso Ottocento, una partita a carte poteva dar luogo a risse nelle osterie, specialmente tra repubblicani e socialisti. Come quando Domenico Visani, con sfida, stringendo tra le mani il fante di picche disse: "Ecco, giuoco Piselli". Piselli era un socialista e subito i suoi sodali si inalberarono sino a che tra i repubblicani brillavano lame di coltelli pronti a essere sferrati. Non accaddero, in quel caso, fatti di sangue, ma par di sentire ancora le minacce verbali e sicuramente qualche mano sarà volata. Anche per questo, giocare a carte non era considerata cosa da signorine

Una manciata di mesi fa, il pittore Marco Pasquini ha realizzato un’idea semplice ma curiosa. Un mazzo di carte illustrate con gli scorci più caratteristici delle città romagnole. Il 3 di quadri è dedicato a Forlì (e così il 2 di coppe), con San Mercuriale sullo sfondo di piazza Saffi. Centinaia di miniature sono pertanto rese in mazzi da quaranta (con semi locali) o da cinquantaquattro (con semi francesi); in questi giorni si stanno facendo conoscere specialmente dai turisti. Si tratta di carte da collezione dal sapore ottocentesco (com’è nello stile del pittore toscano) spuntate per la prima volta a Modigliana sulla scia cara a Silvestro Lega. 
L’artista (ogni tanto lo si può vedere, di domenica, sotto i portici di piazza Saffi) quasi si schernisce ma aggiunge che l’idea è personalizzabile: cioè i temi possono allagarsi. Ma qui nasce la domanda: se si dovesse ordinare un mazzo integralmente forlivese, per esempio da ramino, con quali immagini lo si dovrebbe illustrare? Ecco il gioco nel gioco, e fuori le proposte.

Ci si rivolge, dunque, alla storia. I re, potrebbero essere: Pino III Ordelaffi (cuori), Pellegrino Laziosi (quadri), Giambattista Morgagni (fiori) e Aurelio Saffi (picche). Le regine: Caterina Sforza (cuori), la Madonna del Fuoco (quadri), Ebe (fiori), Giorgina Saffi (picche). I fanti: Cesare Borgia (cuori), Giovanni dalle Bande Nere (quadri), Girolamo Mercuriale (fiori), Piero Maroncelli (picche). Si potrebbero assegnare dei personaggi anche agli assi: Guido Bonatti (cuori), Livio Salinatore (quadri), Melozzo (fiori), Romanello (picche). Volendo seguire un senso, si potrebbe assegnare ai cuori un filone legato agli edifici profani: Municipio, Palazzo del Podestà, Palazzo Albicini, Palazzo Albertini, Palazzo del Merenda, Loza de' Pont de Broch, Porta Schiavonia, Rocca di Ravaldino, Torre Civica. I quadri, agli edifici sacri: Duomo, Trinità, San Mercuriale, Carmine, San Pellegrino, Chiesina del Miracolo, Ravaldino, Colonna della B.V. del Fuoco, Fornò. Ai fiori potrebbe esser dedicato qualcosa di naturalistico: parchi, giardini, fiumi, colline, campagna, mulini, canali. Alle picche, invece, si può raccordare qualcosa di più "recente": il Palazzo delle Poste, il Monumento alla Vittoria, Icaro, i Musei San Domenico, Palazzo Romagnoli, la Nuova Stazione, il Fondo Piancastelli, l'Aeroporto. Ecco, non se ne abbiano gli esclusi: vuol essere solo un passatempo estivo e, salvo gravi e involontarie omissioni, la storia dice più o meno questo. La parte "reale" esclude personaggi importanti quali Francesco "il Grande" Ordelaffi cui sarà dedicato un prossimo approfondimento. Forse, anche per ragioni di tempo, è più vicino alle corde dei forlivesi Pino III, Signore di cui si è almeno conservato il volto di marmo, in Pinacoteca. Ora, se ci fossero altre idee, sarebbero ascoltate volentieri. 

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