rotate-mobile
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Il Compianto scomparso

Un giallo poco noto riguarda un importante gruppo scultoreo che da novant'anni nessuno ha più visto. E apre una riflessione sul Palazzo del Merenda.

C'era una volta il Palazzo del Merenda. Sperando che non sia una frase di senso compiuto, si ricorda che nel 1722 venne costruito come ospedale e fu tale fino al 1922. Si auspica che entro il 2022, per l'importante compleanno, sia di nuovo e interamente fruibile dai forlivesi. Prima del bell'edificio settecentesco cosa c'era? La Domus Dei, il più grande ospedale cittadino; aveva origini duecentesche ed era affidato ai Terziari Francescani. Lì venivano pure accolti trovatelli o poppanti indesiderati che ricevevano il cognome derivante da quel luogo, Casadei, capostipiti di stirpi numerose. Sorgeva intorno a San Giacomo in Strada ovvero Santa Lucia. Non si sia tratti in inganno: non è quella che comunemente oggi si chiama così, ma una chiesa che solo in minima parte è ancora esistente e si troverebbe sul lato opposto dell'attuale San Giacomo in Strada, cioè Santa Lucia, un tempo dedicata a San Francesco di Paola. Insomma, la chiesa sul lato pari della Strada Petrosa (corso della Repubblica), in seguito alla progettazione settecentesca, sarà ricostruita su progetto di Luigi Mirri e consacrata il 3 novembre 1798, a poco a poco verrà inglobata nell'edificio ospedaliero e, almeno fino a quando la Biblioteca era aperta anche in quella parte del Palazzo del Merenda, la si intuiva come sala di lettura. Della chiesa originaria è rimasta qualche testimonianza che ricorda come, almeno dal Cinquecento, oltre a una grande croce e a un'immagine mariana, fosse presente un gruppo di statue di terracotta raffiguranti Il Compianto sul Cristo deposto. Nella pianta secentesca di Coronelli, San Giacomo in Strada, di modeste dimensioni e simile a un oratorio, si distingue per il grazioso campaniletto. Intorno al suo chiostro si sarebbe sviluppato l'ospedale. Grazie a cospicue donazioni, nel corso del Settecento si pensò di rivedere completamente la struttura per rendere l'isolato un più efficiente complesso sanitario.

Nella chiesa antica vi era dunque conservato un importante complesso plastico raffigurante Cristo morto, attorniato da imponenti figure, sempre in terracotta, eseguite da Giacomo Filippo di Giovanni Battista Zudoli di Faenza. L'artista, attivo nella prima metà del Cinquecento, rappresenta così il Compianto sul Cristo deposto che ben si allinea con la Settimana Santa che sta per iniziare. Il colpo d'occhio non doveva essere dissimile all'analoga opera d'arte custodita nella cripta della Concattedrale di Modigliana. La scena forlivese, però, sopravvivrà in parte alla costruzione della chiesa settecentesca, rimanendo intatto il solo Redentore che fu collocato nello spazio retrostante l'altare maggiore, una cripta detta "Santo Sepolcro". Vi si accedeva da una scala e l'impatto doveva essere alquanto suggestivo. Il gruppo rinascimentale fu quindi ricostituito grazie all'opera dello scultore riminese Antonio Trentanove che si occupò di rifare le sette figure attorno al Cristo. L'immagine che qui si può vedere, risalente agli anni Venti, è l'unica testimonianza visiva rimasta. Infatti, dal 1929 si perderanno le tracce del gruppo in terracotta policroma e tutt'ora, salvo smentita, poco si sa del suo destino. Arduo comprendere come siano potute uscire dalla cripta le varie statue, senza che nessuno vedesse. Così, il Compianto forlivese esisterà ancora? Sarà nella casa di qualche privato? Sarà all'estero? Sarà finito in polvere? Difficile azzardare ipotesi, o almeno chi scrive più di così non può andare. La sua perdita, tuttavia, pare paradigmatica per un palazzone che dovrebbe essere sempre al centro dei pensieri culturali della città, un ospedale che cura la sete di bellezza e che da diversi anni ha bisogno di cure a sua volta. Scrigno di Fondi antichi e di oggetti della memoria, è anche la più rilevante testimonianza di edilizia civica e pubblica del Settecento a Forlì. Come magra consolazione, tra gli stucchi superstiti dello spazio che un tempo era chiesa, si notano segni che rimandano alla Passione. 

La chiesa sarà soppressa nel 1803 per diventare quartiere della gendarmeria francese e, come si usava, fu "tagliata" per ricavarne due spazi in due piani diversi. Pochi anni dopo verrà riacquistata dall'ospedale, tuttavia oggi ciò che rimane è ben poco. L'attuale facciata del Palazzo del Merenda risale al 1827 e porta la firma di Giuseppe Pani, successivi ampliamenti avverranno a metà dell'Ottocento. Cent'anni più tardi diventerà il palazzo degli Istituti culturali, con la Biblioteca Civica, la Pinacoteca e i Musei. Nel novembre del 2012, un crollo interessò l'ala del Fondo Piancastelli: troppa pioggia, pare, fece cedere il controsoffitto. Da allora è iniziata una ridistribuzione degli spazi, a mo' di perpetua emergenza. Accedere dall'arioso scalone, ora, è un'eccezione. La parte più cospicua della Pinacoteca è migrata nel nuovo complesso di San Domenico. Importanti giacenze museali, di cui si è diffusamente parlato, rimangono lì, chiuse a chiave, nascoste, con buona pace degli avi artisti, mecenati, collezionisti e donatori. Tanto, ancora, sfugge agli occhi dei forlivesi e dei potenziali turisti. Sperando di non compiangersi in seguito, oltre del Compianto, di altre perdite. 

Si parla di

Il Compianto scomparso

ForlìToday è in caricamento