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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Il Foro Boario: passato e... futuro?

Sulla via Ravegnana si estende l'area del Foro Boario. L'edificio, in attesa di un suo urgente recupero, è stato in uso fino al 1987: è l'ultimo capitolo di una storia economica che pare lontanissima.

Una scena che non si vedrà più sarà il mercato degli armenti che popolava il Foro Boario. L'edificio, ora in stato di urgente e necessario recupero, è stato "vivo" nella sua funzione originaria fino al 1987. Da trent'anni a questa parte è in cerca di una sua destinazione per questo secolo. La foto della facciata del corpo centrale, scattata oggi, dimostra quanto sia importante intervenire in fretta. Eppure è solo l'ultimo dei luoghi dove, nel corso della storia della città - pressoché da sempre - si è svolto il mercato dei bovini. Il Foro Boario ha dato il nome al quartiere: in effetti rappresenta una fetta della città piuttosto cospicua. L'area destinata allo scopo non distante dalla ferrovia, inizialmente, era solo un campo attrezzato e recintato. La sua collocazione era diventata definitiva grazie all'importanza crescente della via Ravegnana e al passaggio del tramway (che vi transitava fino a tutti gli anni Venti). Inoltre era "in campagna" e non distante dai fondi dove i proprietari - nobili, notabili o possidenti che fossero - esponevano le loro bellezze animali. Forse non è un caso se anni dopo, qualche chilometro più verso Ravenna, sarà edificata la Fiera che, almeno in parte, eredita quel clima perduto. 

Fu negli anni Trenta, però, che sorse quella specie di "Porta di Brandeburgo" in tre corpi che fungono da propilei al Foro propriamente detto. Recentemente lo spazio prospiciente è stato aggraziato da una fontana ma l'edificio ha bisogno di essere valorizzato perché è una delle tante testimonianze della Forlì dinamica della prima metà del Ventesimo secolo. La struttura, infatti, unisce utilità a bellezza. Il progetto fu affidato nel 1932 ad Arnaldo Fuzzi, ingegnere già segretario federale e approvato direttamente da Mussolini. Certi aspetti richiamano l'aspetto di austera sobrietà del vicino Cimitero Monumentale, più anziano di circa mezzo secolo. L'edificio si compone di tre parti e ampi portici per il passaggio del bestiame. 

Nel corpo centrale, oltre al grande ingresso per allevatori e bovini, c'è un ampio ed elegante salone destinato alle contrattazioni per la vendita del bestiame, nelle due ali si distinguevano il bar (c'è ancora) e l'ufficio postelegrafonico, poi servizi bancari, uffici, abitazione del veterinario. L'impatto dall'esterno è davvero solenne: colonne e semicolonne giganti realizzate in cemento trattato a finta pietra e scarnificate da specchiature in cotto con l'intento di richiamare, almeno nello stile, qualche suggestione del Foro Annonario (detto anche "mercato coperto" in piazza delle Erbe), luogo anch'esso in attesa di rilancio (senza la tettoia posticcia, avrebbe un aspetto decisamente migliore). 

Perché tanta solennità per un "Foro Boario"? Perché Forlì era uno dei cinque mercati principali d'Italia: vi confluivano circa 2500 capi, prevalentemente bestiame da carne di razza romagnola. Il Cittadone, inoltre, era la sede in cui si formava il listino prezzi dei bovini vivi. Così a Forlì arrivavano i più esigenti mercanti di tutta la Romagna. I bovini venivano esposti sul mercato tenuti a mano mediante corda e mordacchie al naso, strigliati e puliti, con corna ornate da fiocchi e ghirlande colorate, talora recavano fasce sull'addome e un cavalletto artistico sulla groppa. Ci sono foto e immagini che raccontano frammenti di vita perduti per sempre, e si riescono a immaginare muggiti mescolati alle grida delle contrattazioni. Ora si sente il rumore del traffico e del timido zampillo della fontana. Prima del declino negli anni Sessanta, questo angolo di Forlì era un mondo a parte: migliaia di persone che straripavano ben oltre la sala di contrattazione, l'arrivo delle bestie con birocci, autocarri ma anche a piedi, ogni giorno era occasione di lavoro: pulizia dalle feci e dalle paglie, cure del veterinario, benefici da indotto per tutto il quartiere. Il mercato settimanale si svolgeva il lunedì e d'estate era aperto fin dalle sei. Alle sette suonava la sirena ed entravano i compratori, tutti di corsa. Anche il piazzale era pieno di gente e di bestiame esposto in bella mostra.

Varcata la grande Porta, si accedeva agli spazi per i bovini: delle lunghe tettoie (ora scomparse) articolavano gli spazi e, tra gli altri servizi, non mancavano la torre piezometrica, la pesa, le vasche per il lavaggio. Tra le fiere più importanti si ricorda il "Mercato della grassa" che avveniva quindici giorni prima di Pasqua e consisteva in una vera e propria sfilata di bovini dalle corna infiocchettate. Per l'occasione le finestre erano imbandierate ed era una vera e propria festa allietata dal vino degli allevatori: per le bestie, ahiloro, si avvicinava il tempo del macello. Fino ai primi anni Ottanta era possibile vedere i residui di questo mondo antico, caratterizzato dalle forti strette di mano (contrattazione avvenuta) e scosse di braccia del mediatore (e confermata). L'economia è cambiata e oggi rimane solo l'architettura benché pericolosamente deteriorata: pare che il Foro Boario senza bestiame non sappia stare. 

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