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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Il Miracolo e il cardinale

Quando avviene il prodigio della Madonna del Fuoco, al governo della città c'è un giovane venuto da Roma: Domenico Capranica. Chi era costui?

In questi giorni non ci si può esimere dallo scrivere della Madonna del Fuoco, argomentando quest'incipit con le parole dello storico secentesco Sigismondo Marchesi per il quale il prodigio del 4 febbraio 1428 sarebbe, tra i fatti della storia di Forlì, "il più memorabile di tutti, che fossero già passati, e che seguissero, e siano per seguire doppoi". Ma ci si può concentrare su un personaggio forse poco noto: Domenico Capranica (nell'immagine ritratto da Pinturicchio), giovane prelato che ad appena ventisei anni ricevette le chiavi del capoluogo romagnolo. Di origini laziali e vescovo di Fermo, infatti, il 5 giugno 1426 fu nominato da papa Martino V rettore di Forlì (e di un territorio che comprendeva pure Imola e Cervia). Giunse in città da Porta Schiavonia, facendo ingresso il 14 luglio e, come scrisse Giovanni di Mastro Pedrino "fo molto bene aceptado dai citadini; portogle inpetto uno baldachino al modo uxado, non gle volse mae intrare sotta". Si presenterà così un'interessante figura di umanista, statista, teologo e uomo di Chiesa. Ora, occorre esporre un piccolo quadro storico. Il 25 gennaio 1423 era morto Giorgio Ordelaffi il cui figlio Tebaldo era troppo giovane per tenere le redini di Forlì e dintorni. Così si fece avanti Filippo Maria Visconti, Duca di Milano, ma Firenze cercò di frenare le sue ambizioni in Romagna. Vinse più battaglie l'esercito lombardo finché intervenne la Repubblica di Venezia a fianco dei fiorentini come desiderava il Conte di Carmagnola. Alla fin fine, il Visconti avrebbe ceduto Forlì e Imola al Papa. 

E lo Stato della Chiesa avrebbe avuto facile presa su una Forlì caduta in un vuoto di potere (Tebaldo Ordelaffi sarebbe morto di peste a dodici anni nel 1425) così pensò di assumere il governo diretto della città. L'uomo giusto per questo compito fu, appunto, Domenico Capranica, persona ferma e imparziale, che seppe - nei suoi pochi anni di governo (1426-1429) - ristabilire pace e ordine a Forlì e tenere lontano il pretendente Antonio Ordelaffi (che sarà Signore di Forlì dal 1433). Tutto ciò gli varrà la berretta cardinalizia col titolo di Santa Croce in Gerusalemme, si può notare che il nome è il medesimo della Cattedrale forlivese. Fu così Legato di Romagna e, nemmeno trentenne, sottomise Bologna, ribellatasi alla Chiesa, in quello stesso prodigioso 1428 partendo da Forlì con diecimila armigeri. Il giovane cardinale constatò il Miracolo e trasferì la prodigiosa Immagine in Cattedrale dalla scuola incendiata sull'attuale via Cobelli con una solenne processione l'8 febbraio 1428. Di lui, ancora Marchesi scriverà che "sempre hebbe di beneficare Forlì: onde fè fabbricare una nuova chiusa per uso de' molini della Città tutta di sassi con ispesa considerabile; aiutò ancora col suo proprio denaro la fabbrica del Duomo, di S. Girolamo, ed altre". In effetti, durante il suo governo di Forlì, oltre alla questione bolognese, dovette affrontare una pestilenza e un "horrendo tremuoto" che il 3 luglio 1428 "fece cadere buona parte delle mura della Città con terrore grande di tutti", secondo allora conseguenza di una "lampada di fuoco nell'aria" che era stata vista il 3 marzo precedente, e un'altra grave calamità: "dal prinicipio d'Agosto fin'alli 23 di Genaro" non piovve, né tiro vento, "stette sempre chiaro, e sereno il Cielo". Di questa figura dimenticata viene trattateggiato sempre un ritratto determinato, pacificatore, intransigente, ben voluto dalla cittadinanza tanto da essere rimpianto una volta sostituito dal successore Tommaso Paruta che, di fatto, spianò la strada per il ritorno degli Ordelaffi. 

Ebbene, missione compiuta: il 5 gennaio 1430 Domenico Capranica lascerà Forlì per tornare a Roma passando per Meldola. Sull'addio, le cronache secentesche di Marchesi indugiano ricordando quanto di buono aveva fatto per i cittadini. E non solo: "Aggiunse a questo un atto di preghiera d'esser ammesso nel numero de' Cittadini di questa Patria; soggiungendo di più, che se per tale non lo volevano, non ricusava d'esser ammesso per uno del Contado, purche portasse seco qualche titolo Forlivese in perpetua testimonianza (diceva egli) delle tante obbligationi, che conservava a questa Città; concludendo con mostrare, & esaggerare la necessità, che haveva, di servirla sempre a tutto suo potere in ciò, che le fosse occorso". Insomma, nel saluto la sua paura più forte sarebbe stata quella di passare per ingrato. "A questi detti - aggiunge Marchesi - stimo restassero arrossiti, & ammirati li Cittadini, e dichiarandosi vinti da tanta benignità più esprimessero con un devoto silentio, che con ogni espressione, che havessero mai saputo immaginarsi". Dopo Forlì, lo attendevano altri incarichi fino a diventare papabile. Il cardinale Capranica, infatti, fu un Papa mancato: alla morte di Callisto III, il 6 agosto 1458, Milano e Napoli caldeggiavano la sua candidatura ma sarebbe defunto una settimana più tardi. Venne sepolto a Roma, a Santa Maria sopra Minerva. 

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