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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

L'uragano di Santa Lucia

Borgo Cotogni in festa, ieri come oggi. Nonostante le intemperie, la tradizione continua tra torroni e benedizioni degli occhi.

La festa di Santa Lucia, cara ai forlivesi oggi come ieri, costituisce la prova generale per il Natale. Non di rado è stata anche occasione per le meteore di sbizzarrirsi. La mente dei più corre al 2001, quando in quel 13 dicembre Forlì venne sferzata da una bufera di neve con lampi e tuoni. Il temporale coprì la città di circa 15 centimetri di bianco in poco più di un'ora: strade bloccate, bancarelle costrette a chiudere, stupore generale a causa dell'effetto sorpresa e rapidità. Nel 1916, invece, ecco un "gran vento caldo di scirocco che all'Ave Maria è quasi un uragano e atterra qualche comignolo". Chi prende nota è Filippo Guarini nel suo "Diario forlivese" che così scriverà della “festa solenne di Santa Lucia alla sua chiesa, con musica”, come previsto “grande il concorso, come alla solita fiera di giuocattoli e dolci, che si tiene alla fine del portico del Corso”. In più, in questo 1916: “Girano varie signorine che vendono biglietti a L. 0.20 a favore del nostro ospedale della Croce Rossa; i premi sono: un vitello, una pecora, e due quintali di grano”. Si tornerà a scrivere dell'uragano nel giorno successivo. Infatti, se “qui non fece danni”, a Bologna “scoperchiò dei tetti e portò via le insegne di molte botteghe. La torre degli Asinelli fu vista oscillare dai 6 ai 10 centimetri in direzione sud-ovest”. Per lo scrupoloso compilatore, il vento soffiava a cento chilometri orari e ciò causò parecchi feriti.

La giornata, partecipata con affollata tenerezza, è seconda solo a quella dedicata alla Madonna del Fuoco. Tornando ancora indietro nel tempo, così Tommaso Nediani, tra le pagine de "Il Lavoro d'Oggi", la descrive nel 1901, facendo capire che già la sera precedente Borgo Cotogni era animato da bancarelle e curiosi: "Di solito la nebbia grave e fosca pesa come un mantello sulla città, e il freddo rovaio spira per le vie e per le piazze. Questo non impedisce alla gente di uscire di casa e di imboccare il corso V. Emanuele (...). Sotto i varii loggiati i venditori improvvisati di leccornie e di giocattoli hanno preso posto e hanno illuminato con una illuminazione molto primitiva le loro baracche dove si vende un po' di tutto. Dai torroni fatti collo zucchero bollito e colle mandorle tostate, ai balocchi da bimbi colle bambole di carta pesta dipinte di minio. Per l'aria è un acuto stridio di mercanti, di oh! bei! di ammirazione, un zufolio assordante di fischi, un passeggiar vario e clamoroso di gente che va e che viene, che ride, che urla, che s'incontra, che sorride". Per la parte propriamente religiosa, un po' come oggi: "Nella chiesa parata a festa troneggia su l'ara la statua della santa e alla balaustra dell'altare il sacerdote benedice e tocca gli occhi colla reliquia della Martire". Come per altre feste popolari forlivesi, "S. Lucia è l'indice aspettato sul calendario per la venuta a Forlì dei nostri contadini. Le spese più lussuose, i vestiti novi, e l'allegria obbligata si danno convegno sotto le loggie che conducono alla Chiesa". Tra il vociare dei "bimbi e delle bimbe che hanno sognato tutto un anno la fiera di S. Lucia" ecco "il fischiare assordante dei zufoli" e "la voce chioccia dei mercanti che urlano la loro merce". Sembra quasi un presepio chiassoso. Nel pomeriggio, tombola in piazza Maggiore: la folla si assiepa sotto il balcone del Municipio per attendere il nome vincente. L'attesa è tanta, le aspettative pure, "finché il fortunato mortale, fra applausi e fra fischi sale le scale di palazzo comunale, trepidante nel cuore" quando ormai, dopo i commenti sul vincitore, "l'ombre della notte scendono pietose sulle molte sbornie, sul finale della festa". E, ragionando in soldoni, il sacerdote Nediani aggiunge che questa ricorrenza ha "una sua filosofia spicciola". Quale? "Serve a Forlì pel commercio e per le piccole industrie. Rianima un po' la stagnante vita forlivese, ed è una distrazione, un passatempo, prescindendo dal lato spirituale. E valesse davvero a mettere sulla triste musoneria presente, una nota allegra". 

La tradizione profana vuole rinnovarsi il dono del torrone alle belle ragazze. Curioso il fatto che, nonostante il forte sentirsi di questa ricorrenza, la culinaria locale non abbia saputo elaborare, qui, qualcosa di tipico, qualcosa di unicamente forlivese per onorare la giovane siracusana. Eppure il legame con la Santa è sempre stato fortissimo tanto che fino a non troppo tempo fa albergava in alcuni la convinzione che il sarcofago sopra l'altar maggiore dell'omonima chiesa conservasse le spoglie della Martire. Vero è che la festività si celebra alle soglie dell'inverno, anzi, anticamente era proprio collocata nel giorno del solstizio: così anche oggi alla Santa è attribuito il giorno più corto che ci sia. Per questa luce nell'oscurità, segue il patronato della vista per la quale Lucia, raffigurata con la palma del martirio e in mano un piatto con gli occhi, è invocata. Un lettore attento potrebbe chiedersi cosa c'entri l'antica martire siciliana con Forlì. Le radici di questa tradizione si fanno risalire a un altro siciliano, Sant'Orso, che nel V secolo fu vescovo a Ravenna e diffuse da queste parti la devozione della giovane Lucia, uccisa sotto la persecuzione di Diocleziano. Inoltre, le reliquie della Martire sono conservate a Venezia, città con cui Forlì ha sempre avuto (leggasi alla voce Ordelaffi) stretti rapporti.

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