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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

La Costituzione forlivese

Che ruolo aveva il Podestà? E il Capitano del Popolo? Si prova a dare una risposta alle complesse mansioni istituzionali che hanno caratterizzato il medioevo di Forlì.

Al di là di nomi e di fatti, com'era governata Forlì nei secoli passati? Come si prendevano le decisioni di pubblica utilità? Quale statuto regolava la vita pubblica della città? Con un estremo esercizio di sintesi, purché non si tratti di grossolanerie, si tenta di comprendere le istituzioni che hanno amministrato Forlì ben oltre i confini del Medioevo, lambendo le soglie dell'età contemporanea. Trattandosi di quasi mille anni, è inutile ribadire che titoli, ruoli, mansioni sono cambiati più volte e qui si privilegia il periodo comunale e signorile. Con pazienza, si può provare a ricomporre gli incarichi del Capitano del Popolo, o del Podestà. Chi erano? Cosa facevano? La confusione aumenta se si pensa alla stratificazione di poteri civili ed ecclesiastici: una signoria innestata nel Patrimonio di San Pietro rende già di per sé complicato questo approfondimento. Quindi, su molti aspetti, meglio demandare ad altra sede. Occorre dire che per Forlì o, meglio, città, s'intende lo spazio abitato dentro le mura. Un passo fuori da una della Porte e si era nel Contado, ove vigevano altri statuti. Due passi fuori e si era nel Distretto, e ancora altre istituzioni. Semplificando, si può riassumere una "costituzione forlivese" (valida per il solo centro storico). 

La figura più "esecutiva" era quella del Capitano del Popolo: cioè il primo cittadino di Forlì. Da questa carica iniziò la scalata degli Ordelaffi fin dall'anno Mille, con Scarpetta (1042) fino a Cecco che, nel 1315 si fece eleggere quale "Capitano a vita". Col Duecento, assurgono all'incarico forlivese celebri condottieri e personaggi di grande rilievo, non solo locale, come Maghinardo Pagani da Susinana o Guido da Polenta. Nomi che adesso ai più dicono poco o niente, ma allora erano vere e proprie celebrità. Forse il lettore avrà maggiore dimestichezza con Guido da Montefeltro che, oltre a essere determinante per le sorti della città, fu Capitano del Popolo a furor di popolo, se così si può dire, nel 1275. Ora gli è dedicata una piazza-parcheggio che si spera presto abbia un'altra fisionomia. Il Capitano del Popolo, in tempo di guerra, aveva poteri pressoché dittatoriali all'interno della città. In tempo di pace svolgeva compiti militari e di polizia. Nel corso del tempo questa figura mutò nome, e qualche attribuzione, fino a trasformarsi in SignoreGovernatore e Vicario della Santa Chiesa.

A fasi alterne, la città, fino al suo definitivo innesto nello Stato della Chiesa, è governata da un Legato, un cardinale inviato da Roma con ampi poteri di supervisione e di riforma sul sistema amministrativo dei territori soggetti alla Santa Sede. Con i papi di Avignone fu esplicitato il potere di pacificare, difendere, governare le regioni affidategli. Come evidente fu il caso del cardinale Albornoz, lo spagnolo che nel 1359 prese e si insediò a Forlì, l'ultima città ribelle al papato. In assenza del Legato, i Signori (quasi sempre gli Ordelaffi) avevano mano libera e amministravano anche in qualità di vicari pontifici. Si può citare il governo forlivese di Baldassarre Cossa dal 1406 al 1410, anno in cui divenne l'antipapa Giovanni XXIII. Sotto San Mercuriale, questa figura (generalmente poco amata) assunse però un ruolo determinante dal Cinquecento. Per tutto il medioevo Forlì aveva saputo mantenere una certa autonomia da Roma. 

Si ricorda la figura del Podestà, che dall'XII secolo aveva sostituito i consoli, talora nominato Pretore (come Sanguigno nel 1203). Costui aveva compiti amministrativi, civili e giudiziari e veniva scelto con una condizione: non doveva essere di Forlì, proprio per non esasperare le già annose liti tra famiglie dominanti. Aveva un proprio ufficio con giudici, notai, soldati e fanti che portava con sé nella città che avrebbe amministrato. Il suo mandato durava un anno. Aveva un palazzo tutto per sè (nell'immagine il cosiddetto Palazzo del Podestà), con servitù, fanteria, burocrati e un buono stipendio. Il Podestà presiedeva anche il Tribunale Comune mentre contemporaneamente, sussiteva il Tribunale Ecclesiastico. Qualche nome di Podestà? Filippo Giringello (1256), il già citato Maghinardo Pagani da Susinana (1286, 1294), Maso Tarlati (1296), Floriano Griffoni (1425), Vittore Rangoni (1431), l'imolese Iacopo Broccadi (1450), Nane da Vigano (1458). 

Organo elettivo per eccellenza era il Consiglio Generale, convocato raramente, cui facevano parte capifamiglia di diverso censo: aristocratici, contadini, artigiani. Questo parlamento a poco a poco cederà il passo a un'assemblea più ristretta, il Consiglio dei Quaranta, composto da anziani ed esperti scelti tra i cittadini più meritevoli (dieci per ogni rione) da Pino III Ordelaffi in poi (1476). Quasi certamente tale istituzione era già presente e il Signore le conferì una forma più efficace. 

Tutti i giorni era convocato il Consiglio Speciale composto vuoi da 12, vuoi da 16, vuoi da 18 anziani. Aveva sede nell'attuale Municipio ed era deputato a mansioni di giustizia e di controllo del Podestà e del Capitano del Popolo. Gli anziani restavano in carica per due mesi, se però fosse morto il Signore, sarebbero stati eletti altri anziani secondo la simpatia politica prevalente. Si votava per alzata di mano o depositando fave bianche oppure nere per evidenziare il sì o il no a un provvedimento. Le deliberazioni dei Consiglio e le gride erano lette da banditori in alcuni punti della piazza: il Ponte dei Cavalieri o Cantone del Gallo (inizio di via delle Torri), il Ponte del Pane (Rialto), Mozzapè (inizio di corso della Repubblica), il sagrato di San Mercuriale. 

Il Cancelliere era un ufficio simile a quello dell'odierno Segretario comunale. Restava in carica un anno, doveva recare nel curriculum un titolo accademico o un titolo nobiliare e poteva anteporre al proprio nome messer. Giurava nelle mani del Vicario apostolico o del Podestà e doveva meritare la fiducia per redigere, registrare, copiare e conservare gli atti del Consiglio rigorosamente in lingua volgare. Verbalizzava gli incontri con ambasciatori o figure rilevanti. Nei suoi cassetti erano tenuti anche lettere e documenti importanti di altre istituzioni. I suoi assistenti prendevano il nome di Camerari

Erano previste altre figure, tra cui l'Avvocato del Comune e il Sindaco. Si trattava di dottori in legge che restavano in carica per sei mesi. Il loro compito consisteva nel difendere le ragioni dell'istituzione municipale e la cosa pubblica dalle pretese private. In particolare, il Sindaco una volta alla settimana girava per le strade per constatare problemi e, alla bisogna, ordinava le riparazioni necessarie. Ogni anno si rinnovavano i Massari, o Tesorieri che si occupavano delle entrate e delle uscite delle più alte magistrature. Le entrate, come sempre, consistevano in dazi e gabelle che gravavano sulle classi più basse, in particolare i contadini. Nella festa di San Mercuriale venivano eletti quattro Gonfalonieri, uno per ogni quartiere (allora: San Mercuriale, San Valeriano, San Biagio, San Pietro). Il loro incarico durava un anno, diventando così priori e rappresentanti di una fetta di città. 

Questi nomi, noti alle orecchie dei forlivesi per secoli, sopravvissero per lungo tempo, talora rappresentando magistrature esautorate dalla storia. Come molte altre cose queste istituzioni subirono un definitivo mutamento, vale a dire soppressione, alla fine del Settecento con la cesura napoleonica. Proseguì per qualche tempo il titolo di Gonfaloniere facente funzione di Sindaco. Il Sindaco divenne primo cittadino e, tra il 1924 e il 1943, prese il nome (mutatis mutandis) di Podestà

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