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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

La Forlì gotica (o delle cotogne)

La città dei Goti: cosa ci facevano qua Alarico e compagnia? Dove sono, oggi, le tracce di quella particolare circostanza della storia, tra la fine della classicità e l'ingresso nel medioevo?

Recenti rinvenimenti nel sottosuolo forlivese (leggasi in piazzale della Vittoria) portano a occuparsi del passato remoto della storia locale. Un momento così sbiadito da aver lasciato tracce, appunto, solo sotto terra. O quasi. Non affrontando qui e ora la romanità classica, si prova ad approfondire qualche aspetto della città a ridosso del fatidico 476, spartiacque tra il mondo antico e il medioevo. Tempo di cadute e di rinascite, di invasioni, di leggende, di una fusione e stratificazione di culture. Forlì e i Goti: che ci facevano i barbari, qua? Che ruolo hanno avuto nella storia della città? Come detto altre volte, il periodo storico in oggetto porta con sé lacune e parecchie incertezze, forse anche per questo risulta affascinante. 

Nei primi anni del quinto secolo, Flavio Alarico dei Balti, detto più "barbaramente" Alarico, re dei Visigoti, invase l'Italia. L'Impero romano d'Occidente - malato terminale - sarebbe sopravvissuto altre sette decadi. Essendo la via Emilia un percorso obbligato per chi viene da oriente e vuole poi procedere verso Roma, Forlì, ovviamente, non ne restò immune. Il passaggio, non certo indolore, dei Goti lasciò una cicatrice profonda: la traccia, incredibilmente, è ben chiara anche oggi.

Proveniente da Lubiana, Alarico passò da Aquileia per un tentativo, qualche anno prima, diretto verso Milano (dov'era l'Imperatore Onorio) ma l'impresa non riuscì grazie a Stilicone, quel generale di origini vandale che si era trovato, per i misteri della storia, a reggere le sorti di ciò che rimaneva dell'Impero. Alarico ci provò una seconda volta ma ebbe strada sbarrata ancora. Poi vi fu il terzo tentativo: dapprima agì con la diplomazia, poi, sfruttando la condanna a morte per tradimento inflitta a Stilicone, sfondò il muro italiano e dilagò nella penisola fino a porre sotto assedio Roma (cosa che non era accaduta per 800 anni). 

In mezzo a tanto subbuglio c'era la Romagna. Le tracce della calata gotica a Forlì sono ancora, a quanto pare, evidenti. Andiamo per ordine: pescando informazioni da storici antichi, si sa che fu in quell'occasione che andò persa, incendiata, distrutta per sempre la Livia, quel borgo occidentale della città che probabilmente era il residuo del Castrum romano il cui "scalo" lungo la via Emilia era, appunto, il Forum Livii. La "città seconda" si sarebbe sviluppata e avrebbe dato origine alla Forlì attuale mentre la "città prima" svanì nella campagna irrorata dal Montone. I barbari assolsero, così, al loro mestiere di distruttori e il cuore occidentale dell'urbe fu smantellato. Come lo si sa? Le ultime monete rinvenute nella zona della Livia recano l'effigie dell'Imperatore Valentiniano mentre dei successori non c'è traccia. Altri reperti sembra che non vadano oltre gli anni delle scorribande di Alarico. E fin qui, la pars destruens.

Fibule e altri manufatti anche di pregio, conservati nel Museo Archeologico di Forlì (sempre in paziente attesa della sua riapertura) testimoniano un certo buon gusto in queste genti barbariche. In particolare, fibule raffinate hanno la forma di aquila, animale che secoli dopo sarà l'emblema di Forlì per altri motivi. Segno e conferma che portavano con sé un interessante retaggio artistico poi innestato nella cultura tardoromana diventandone parte. Con la vicenda di Alarico e dei Goti s'intrecciano poi le leggende di Santi patroni: Mercuriale e Valeriano. 

La cosa, però, che pare più evidente è nella testa stessa dei forlivesi. Chi abita a Schiavonia, sa che il particolarissimo nome del rione può derivare dall'antica Schiavònia o Sclavònia (S-ciavanì, in idioma liviense), cioè quella regione dell'Illiria, attualmente Croazia, di cui era originario Alarico? Anche oggi quel territorio si chiama Slavonija che in italiano si traduce, appunto, in Slavonia, o Schiavònia. Quando si sviluppava il rione, Alarico era governatore dell'Illiria e con lui, a Forlì, era presente Lorico, padre di Leobacco. Leobacco, chi era costui? Comandante dei Goti con forti simpatie per l'unno Attila, avrà un ruolo decisivo nella misteriosa leggenda di San Valeriano. Infatti, il barbaro, proconsole d'Egitto, secondo la più antica tradizione, avrebbe fatto a pezzi Valeriano e i suoi ottanta compagni che saranno sepolti a San Varano (anticamente San Valeriano in Livia). Poco tempo dopo, per opera dei Santi Grato e Marcello, le spoglie dei martiri furono traslate nell'attuale Cattedrale. Schiavonia, quindi, sarebbe un frammento croato-dalmata in Romagna? Questione di accento. Secondo altre ipotesi rappresenterebbe la memoria degli schiavi liberati da San Mercuriale che i Visigoti stavano deportando in Spagna, probabilmente in Gotalonia (Catalogna). In ogni modo, la storia è sempre quella. 

E chi abita nel Borgo Cotogni, si rende conto che più che di mele cotogne si dovrebbe occupare dei Goti che lì si erano stabiliti avendo costruito diverse abitazioni? Infatti, gli antichi preferivano la dizione Gotogni o Borgo de Gothi. A questo punto è azzardato dire che Forlì è Gotham City, ma nel mondo delle ipotesi c'è posto anche per l'ironia. Un simpatico personaggio vestito da Batman, comunque, ogni tanto è avvistato tra le vie forlivesi. La città gotica di Alarico, a oriente rispetto all'antico Forum, poi sarà inglobata nei secoli successivi entro il recinto delle mura urbane. Vero è che qui si sviluppò, dopo la violenta invasione iniziale, una comunità di barbari piuttosto fiorente. La vicina corte imperiale di Ravenna, infatti, ebbe al servizio numerosi Goti. Tanti erano, in Borgo Cotogni, che per Forlì ci fu bisogno di un Governatore per le ingenti milizie di origini illiriche qui insediatesi. Pare che il Borgo de Gothi di Leobacco, nel bene e nel male, fosse una piccola capitale barbarica capace di far sentire il fiato sul collo a Ravenna. Quasi un secolo dopo, l'Ostrogoto Teodorico (noto in Romagna anche per l'incontro-scontro con l'eremita Sant'Ellero a Galeata) traghetterà l'Italia verso il medioevo. 

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