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Giovedì, 18 Aprile 2024
Il Foro di Livio

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A cura di Umberto Pasqui

Le tre campane della torre civica

Il "campanone" e le due sorelle minori sono in cima alla torre civica. Quarant'anni fa, alla loro rinascita, l'entusiasmo della gente era alle stelle. Ora, qualcuno se ne accorge?

La torre civica è uno alto ciclope longilineo che scruta la città. Pur essendo definita anticamente del pubblico, al pubblico non è consentito, salvo rarissime eccezioni, l'ingresso. Sperando che prima o poi, magari un ascensore, consenta a forlivesi e forestieri di vedere la città dall'alto, si sa che la struttura nasconde una scala di ferro zincato con 340 gradini. Scala che ben pochi, da quarant'anni a oggi, hanno avuto l'opportunità di salire. Pur essendo un elemento ormai indispensabile per disegnare la città, occorre ricordare che, eccetto la base, di chissà quanti secoli antica, il corpo che svetta compie, appunto, quarant'anni. Da sempre ha avuto problemi di stabilità, essendo costruita su un vecchio argine di quel fiume che divideva il Campo dell'Abate dalla città (pendenza che si nota quando si scende lungo la piazza XC Pacifici) e l'ultima versione rispecchia più o meno le precedenti. Avrebbe bisogno di una maggiore valorizzazione e di una più semplice fruizione. Per esempio: c'è una "toppa bianca" sul quadrante dell'orologio lato Duomo che dovrebbe essere "corretta". Potrebbe, se visitabile, essere un'attrazione turistica di tutto rispetto, ma oltre la questione visiva c'è quella sonora

La città è fatta anche di suoni, di rumori. Se in periferia è difficile avvertire le campane, in centro è più semplice. Detto suono è patrimonio da tutelare, in quanto bene uditivo, se così si può dire. Da sempre, il rintocco del batacchio, avverte per fatti civili e feste religiose, orari, incendi, pericoli o lieti annunci. Ogni campanile ha la sua voce che i meno distratti sanno ancora distinguere. Poi c'è quello della torre civica. Si tratta di una storia lunga (la campana del pubblico veniva suonata per convocare l'Arengo, un po' come se adesso venisse fatta oscillare ad ogni riunione del Consiglio comunale) e purtroppo passata in secondo piano, pare che il Novecento abbia cancellato anche i suoni propri della città. La torre, come si sa, fu vittima della guerra e ne rimase un troncone su cui poi si sarebbe innalzato un superiore parallelepipedo cavo in cemento armato. Ormai qualche decennio è passato e i mattoni che la rivestono sembrano "anticati" mentre inizialmente si vedeva la loro novità. Ebbene, nella cesura del trentennio in cui la torre civica a Forlì non c'era, scampato il pericolo di progetti fin troppo alternativi, fu scelto, tramite sottoscrizione pubblica, di ricostruirla dov'era e più o meno com'era. Fu innalzata dall'Impresa Calvitti su direzione del locale Genio Civile e grazie alla raccolta fondi promossa dal Comitato Pro Forlì Storico-Artistico. Innalzata in tutti i sensi: almeno cinque metri in più, giusto per risultare più alta del campanile di San Mercuriale con evidente dispetto ghibellino. La precedente, tanto per fare un esempio, era più tozza, simile a quella di Forlimpopoli. Fu inaugurata l'ultima domenica di maggio del 1977 e le campane iniziarono a suonare dall'anno successivo. Di origini antichissime, attorno alla torre si sviluppò il Municipio e fu, in basso, orrida prigione e in alto, tra i merli, nido per cicogne. Recentemente ha ospitato almeno un falco. 

Forse non tutti sanno che in cima al ciclope ci sono tre campane: due piccole e il campanone. La minore, in origine, apparteneva alla vecchia torre, la mediana era presso San Giacomo in San Domenico mentre la maggiore, dal peso di venti quintali, fu offerta dalla città dalla generosità dei concittadini, alcuni dei quali trasferitisi all'estero. Almeno così si legge su Il Melozzo del Settembre 1978, dove si aggiunge che "Non è stato invece previsto nel programma elettronico il suono della campana della scuola che avvertiva i ragazzi dell'inizio delle lezioni e la campana a martello che suonava per gli incendi e per gli eventi calamitosi". Peccato, verrebbe da dire. Ma meglio che niente. Il periodico racconta l'emozione del momento: "Molti anziani hanno provato una profonda commozione risentendo quel suono che ricordava loro momenti lieti e tristi legati a vicende personali ma anche agli eventi del Paese e alla Sua storia". Altre fonti riportano diverse informazioni. L'entusiasmo, comunque, era palpabile: ora qualcuno se ne accorge?

La grande campana moderna reca la scritta: Ablatum tempore belli A.D. MCMXL MCMXLIV restitutum pubblico sumptu, liberamente traducibile in "Dopo la distruzione della seconda guerra mondiale, fu ricostruita grazie ai contributi della cittadinanza". Come le altre due, sono riproduzioni delle precedenti uscite dalla Fonderia Bianchi di Varese. Stette per un po' in piazza Saffi per poi essere issata in cima all'alta torre. Sostituisce il vecchio campanone di cui ormai solo i più anziani ricordano la voce. Doveva echeggiare un suono splendido, come bella era alla vista: su di essa si leggevano in rilievo gli stemmi delle famiglie patrizie di Forlì. Era una riproduzione settecentesca dell'originale fatta fondere da Caterina Sforza nell'ultimo anno del suo governo. In realtà, quando fu progettata la nuova torre, non era previsto - almeno inizialmente - un carillon di campane, poi furono raccolti 12 milioni (di Lire) quindi altri 4 per gli accessori e il bronzo fu fuso nel prezioso manufatto. 

Le due piccole, dunque, servono per i quarti d'ora, il campanone per le ore. In particolare: a quattro botti delle minori, seguono le ore segnate dalla massima. Così fu per tutto il ventesimo secolo, poi una delle "sorelline" divenne muta, e recentemente, per più di un anno, anche l'altra ha taciuto fino a pochi giorni fa. Non si sa se il problema sia stato risolto temporaneamente (qualche quarto, per così dire, probabilmente "scappa") o del tutto. Ora, quindi, ne dovrebbero suonare soltanto due, auspicando che prima o poi si tornino a sentire tutte e tre. Forlì, anche storicamente, non è mai stata città di fonditori (se ne cita uno nel medioevo, Giovanni di Catto, che poi fu esiliato) ma sarebbe opportuno avere più orecchio, e anche più cuore, per le campane. 

Tra l'altro, pur essendo un edificio che si fa notare, la torre civica "parla poco", silenzio nelle festività civili, silenzio per le adunanze comunali, un po' pochino per tante decine di metri d'altezza. Forse perché, seppur ingabbiata nel cemento armato, tende ad oscillare? Forse perché non interessa? Forse perché, come ciclicamente è avvenuto più volte nella storia della città, si teme che minacci ruina? Da un paio d'anni a questa parte, per solleticare la cittadinanza all'educazione sonora e per promuovere una valorizzazione agli strumenti musicali silenziosi dell'alta vetta municipale, un gruppo su Facebook chiede espressamente che "tornino a suonare tutte e tre le campane della torre civica". Segno che qualcuno, ancora, ci tiene e che la vicenda è annosa. E, ci si sente di aggiungere, visto che la torre è stata ricostruita da quarant'anni, sarebbe auspicabile regalare ai forlivesi un teatro all'italiana, con palchetti, com'era e dov'era dal 1776 al 1944. Perché non riaprire la stagione delle "pubbliche sottoscrizioni"? 

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