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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Un vermut per Sua Maestà

Nel luglio del 1918 si registra una fugace e curiosa visita di Vittorio Emanuele III a Forlì. L'accoglienza fu ricca di episodi che ben ritraggono la città e i cittadini del tempo.

Il luglio del 1918 fu un mese decisivo per le sorti della Grande Guerra e proprio nei giorni in cui si stava consumando la  battaglia sul Piave, Vittorio Emanuele III farà una breve visita a Forlì. L'episodio scatenò tutta una serie di questioni che ben tratteggiano il quadro della città a quel tempo. Visitando le città lungo la via Emilia, il Sovrano aveva indugiato troppo nei saluti tanto che è a Porta Cotogni in ritardo, poco prima di mezzodì.

L'attesa è spasmodica e s'innalza una grande bandiera sulla torre civica nonostante le cautele vigili ma nascoste della contraerea (non sia mai che gli austriaci facciano qualche incursione celeste) composta da diciotto soldati con mitragliatrici. Un'ovazione scroscia all'arrivo dell'automobile scoperta proprio a ridosso della Barriera Vittorio Emanuele. Lì si trovano anche il Sindaco, il Prefetto e una folla festante. Tra la gente che getta fiori d'ogni sorta, il Re si reca all'Ospedale (ora Campus universitario) per un breve incoraggiamento ai tanti feriti in guerra e agli altri degenti. Poi prosegue per il Municipio, ove gli rendono omaggio le autorità, i mutilati, i garibaldini e i veterani che gli servono un vermut

La pausa durerà ben poco: il corteo lascia piazza Saffi all'ora di pranzo. Ai forlivesi, il Sovrano apparve più vecchio del previsto (nonostante che avesse 48 anni), con capelli grigi e provato dalle responsabilità legate alla guerra. Insomma, ben diverso dal profilo che vedevano tutti i giorni sulle monete (Vittorio Emanuele III era un appassionato di numismatica). Il Re sosterà davanti al Palazzo Albicini, ornato di fiori e ghirlande, per essere omaggiato dal marchese Alessandro. L'edificio lungo corso Garibaldi era stato colorato da numerose bandiere e alcune signore si sporgevano dalla finestra per assistere con i propri occhi all'augusta visita. Anna Maria e Benedetta Albicini, le figlie del marchese, doneranno dei magnifici fiori al Sovrano. Altra calca attende l'auto del Re a Porta Schiavonia: le popolane del rione quasi bloccano plaudenti la vettura piene d'entusiasmo, impetrando una raccomandazione per i loro figli. 

Oltre all'entusiasmo, però, non mancano episodi che avrebbero potuto ispirare Guareschi. Per esempio: si era convenuto che all'Ospedale sarebbe stato presente anche il vescovo Raimondo Jaffei. Il sindaco, il repubblicano "moderato" Giuseppe Bellini, avvocato e fervente interventista, è d'accordo. Gli altri del Municipio e la Congregazione di Carità (ente pubblico a favore degli indigenti) si erano però opposti, anche in malo modo: Il Vescovo può andare per la strada come tutti gli altri. Dal canto suo, mons. Jaffei invierà piccato al Re l'omaggio per lettera, come protesta contro l'affronto subito. Quasi non bastasse, i repubblicani più accalorati indirizzano al sindaco e al segretario comunale urla e invettive in quanto si erano macchiati della "colpa" di essere gli estensori di un manifesto di benvenuto per il Sovrano. Evidentemente l'entusiasmo non era poi condiviso da tutti, in special modo da queste parti, ma l'euforia per l'evoluzione della guerra che, dopo anni di atroci sacrifici, iniziava a farne presagire la fine - e una fine vittoriosa - conferì alla visita l'aspetto di una festa assai gradita ai più.

Ma quel 22 luglio 1918, giorno avvolto in una calda foschia, nelle medesime ore gioiose registrò due segni sinistri: appena il Re ebbe lasciato Forlì, suonarono le campane della torre civica perché alla stazione aveva preso fuoco un vagone di petrolio. Qualche minuto dopo si avvertì un terremoto leggero ma lungo, ondulatorio e sussultorio. "Il Pensiero Romagnolo", storico settimanale repubblicano pubblicato a Forlì, non scriverà nemmeno un rigo su questa visita, ignorando completamente - ma c'era da aspettarselo - la testa coronata. Vittorio Emanuele III sarà di nuovo a Forlì vent'anni più tardi per una visita maggiormente approfondita quando, tra l'altro, inaugurerà la mostra dedicata a Melozzo nel quinto secolo dalla nascita dell'artista. Troverà una città diversa, i cantieri del Ventennio stavano lasciando la loro traccia. Sulla sua testa graverà pure la corona di Imperatore. Ma nel 1938, si sa, l'Italia era ormai decisamente cambiata. 

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