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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Via delle Torri: quali torri?

Il nome della bella via del centro è chiaro. Eppure un tempo non era così, o forse anche in questo secolo...?

Nell'estate del 1992 fu annunciata una grande novità per il centro storico, in particolare per via delle Torri. Con l'intento di “recuperare i segni della memoria”, nei mesi successivi, sarebbero stati smantellati i lastroni di granito intervallati da borchie dorate semisferiche che caratterizzavano la strada. Furono quindi eliminati i marciapiedi, obsoleti in quanto zona pedonale. In cambio, fu stesa la pavimentazione attuale che, per recuperare la memoria, appunto, sottolinea alcuni monumenti che insistevano su detta strada: il Ponte dei Cavalieri, per esempio (che ancora in parte si conserva al di sotto del manto stradale) e la chiesa di Santa Maria in Piazza (ove ora c'è la sede della Banca Nazionale del Lavoro). I lastroni smantellati, per la loro unicità – almeno secondo il giudizio e il ricordo di chi scrive – davano un'aura di sontuosità e di originalità (esisteva solo in quella via, a Forlì), però fu preferita una resa omogenea, simile a quanto accaduto alle strade vicine. Sulla nuova pavimentazione, oltre ai grandi dischi che indicano la presenza di antichi monumenti non più visibili, si legge anche il percorso del canale, in questo senso la memoria è stata recuperata.

La “Contrada dei Cavalieri”, questo era il nome di via delle Torri, dedicata, per un certo tempo, anche a Cesare Battisti, era davvero la via nobiliare per eccellenza. Sorta sul probabile tracciato originale della via Aemilia di romana memoria, rappresentava il fulcro della città tardoantica, specialmente, a quanto pare, il punto detto Platea (l'incrocio tra le vie delle Torri – Mameli – Pisacane), snodo ipotizzato tra cardo e decumano. Ma questa è una storia così antica che sfuma nella nebbia, altro che memoria…

La via che ora si vede è larga e spaziosa e ha conservato un'aria signorile nonostante le offese del tempo, della guerra e del dopoguerra con lacune mal rattoppate. Il caso del palazzo Orselli (dove ora sono gli omonimi giardini) è stato un errore da matita blu: ci si sbarazzò dell'edificio prezioso, benché danneggiato, diversi anni dopo la fine dell'ultimo conflitto. Fino a pochi anni fa, nei giardini, vi scorrevano rivoli d'acqua canalizzata sormontati da ponticelli e una cascatella, e anche questi sono stati coperti. Con essi se n'è andato quel mormorio persistente che i nostri antenati potevano avvertire quando il canale era ancora scoperto. Se oggi storiche attività abbassano le serrande, il grande glicine fa sempre la sua bella figura.

Alla consegna, però, non è stata ancora data una risposta: perché si chiama via delle Torri se non vi sono torri? Evidentemente la Contrada dei Cavalieri era molto diversa da quella che vediamo oggi. Un pedone medievale – fatte le debite proporzioni – poteva provare le stesse sensazioni di un contemporaneo in una metropoli americana. Niente grattacieli, ovviamente, ma slanciate case torri che lasciavano il selciato sempre in ombra. Torri che le famiglie più ragguardevoli costruivano e poi si demolivano a vicenda, tanto che non vi sono pressoché più tracce. Così terremoti, invidie, continui dissidi, hanno impedito a Forlì di essere simile a Bologna. La vicina torre Numai, per esempio, doveva essere più alta, merlata e sicuramente senza i rimaneggiamenti che hanno tentato di aggraziarne le forme. Speculare alla Numai, la torre del pubblico, o civica, o dell'orologio, ora vetta somma e giovane (come la si vede oggi ha quarant'anni). Un tempo aveva una forma più tozza e più bassa, la cima terminava con una sorta di cupoletta simile a quella del campanile di San Pellegrino. Nel 1818, dopo lavori di restauro, prese le forme simili a quella attuale. Sorse su un baluardo di avvistamento di origine romana e fu sede di un'inquietante prigione (nei sotterranei e nei primi piani) e di un orologio antichissimo (fin dal Trecento). Sulla cima della torre vi era l'usanza di collocare la testa dei giustiziati. Nelle direzioni opposte alle torri citate, quelle campanarie di San Mercuriale, del Duomo e le due “gemelle” del Corpus Domini e dell'Addolorata. Ma questa lista di edifici verticali non basta a giustificare il nome della bella via della Forlì centrale. Vicina ad essa dovevano esserci anche i campanili di Santa Maria in Piazza e San Francesco Grande (in piazza delle Erbe). Ma ciò non basta ancora.

Se si prendono a riferimento le immagini della Forlì quattrocentesca si noteranno alcuni torri gentilizie ancora integre. Erano assai numerose due o tre secoli prima (e chi sa guardare ne trova le rare tracce), mentre alla fine del medioevo, sedate le lotte tra famiglie o quasi, già anacronistici orpelli di palazzi, quelle che erano sopravvissute rimasero in piedi per un altro po'. A metà di via delle Torri c'era quella detta di Manfo, documenti del Duecento citano inoltre due torri ravvicinate degli Zacconi, non lontano da lì. Dalla nobile famiglia deriva il medievale toponimo "quartiere degli Zacconi" tra San Mercuriale e Santa Croce (il Duomo). Ulteriori "torri gemelle" pare che fossero situate sull'area degli attuali Uffici Statali. Difficili da collocare gli altri numerosi edifici verticali qua e là per il centro. Ma in particolare, proprio su via delle Torri, un notaio del Cinquecento descrive la maggior parte di torri, sebbene, a quel tempo, già sbassate. Lo storico Marchesi, un secolo dopo, ribadisce che la strada era abitata dalla più potente nobiltà cittadina ed era tutta ripiena di torri. Se allora era possibile vederne le tracce, oggi pare incredibile: vero è che c'è chi sostiene che al civico 45, nel cortile di palazzo Fiorini, potrebbe esservi il tronco di una di esse. Avanzi di torri, già obsoleti nel Cinquecento, erano utilizzati come colombaie. Lavori nei secoli successivi, specialmente nel Novecento, hanno cancellato ogni memoria evidente della caratteristica della Contrada dei Cavalieri. Occorre, quindi, andare oltre le evidenze.

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