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Cronaca

8 settembre 1943: il giorno dell'Armistizio a Forlì raccontato in un libro

"In piazza Saffi, dalla marea umana agitata saliva un tumultuare di voci: la popolazione si rovesciava per le strade in ansia a interrogare o per avviarsi di corsa al centro, incredula di tanto evento"

Mercoledì 8 settembre 1943: Forlì era in guerra già da tre anni, come il resto dell’Italia fascista, ma non aveva ancora sperimentato i brutali bombardamenti delle fortezze volanti alleate, che di lì a qualche mese avrebbero procurato lutti e distruzioni insanabili. Quel giorno è rimasto nella storia del Paese per il proclamo di armistizio di Pietro Badoglio, firmato con gli anglo-americani a Cassibile il giorno 3 dello stesso mese: “Ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”. Gli indugi e le ambiguità del Maresciallo, che aspettò ben 5 giorni prima di rendere pubblica la ferale decisione, furono forieri di tragedie inimmaginabili. Lasciato senza ordini precisi, un milione di soldati italiani dispiegati fuori dai confini sui vari fronti, si sbanda: circa 800mila vennero catturati dall'esercito tedesco e destinati a diversi Lager con la qualifica di "Imi" (internati militari italiani). Gli stessi germanici non avevano perso tempo, avviando già il 9 settembre l’occupazione dell’Italia. Più della metà dei nostri soldati in servizio nella Penisola abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili. L’antefatto del crollo militare s’era però già avuto il 25 luglio di quell’anno, con il voto del Gran Consiglio del Fascismo in quel di Roma (ordine del giorno Grandi), foriero della “deposizione” di Benito Mussolini. “A Forlì – scrivono Marco Viroli e Gabriele Zelli in “I giorni che sconvolsero Forlì – la notizia della caduta del Duce diede luogo a numerose manifestazioni di gioia”. Colonne di manifestanti, in maggioranza operai, sfilano per le vie del centro agitando cartelli inneggianti all’Italia.

Tornando all’8 settembre, la descrizione di fatti ed umori forlivesi nel giorno dell’armistizio è ampiamente riportata nel libro di Antonio Mambelli “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945”, edito da Lacaita. “Alle 18.30 circa – scrive il cronista - la popolazione si rovesciava per le strade in ansia a interrogare o per avviarsi di corsa al centro, incredula di tanto evento. In piazza Saffi, dalla marea umana agitata saliva un tumultuare di voci: chi affermava essere vero della sospirata pace, chi attribuiva il tutto ad una manovra degli anglo-americani (...); qualcuno infine esprimeva sdegno e dolore dell’epilogo tanto tragico e inglorioso dopo i lunghi inenarrabili sacrifici compiuti, di una guerra voluta, tentata senza considerare la possibilità, la potenza dell’avversario nemico, i mezzi a nostra disposizione, lo stato d’animo del Paese contrario alle avventure, l’antipatia per i tedeschi”. L’incertezza sull’auspicato sganciamento dalla guerra e dai tedeschi trova conferma sulla suonata a distesa delle campane di molte chiese, del centro e della periferia. Ma l’illusione della pace si dissolve già il giorno dopo: il coprifuoco è ristabilito dalle 21 alle 5. “Un manifesto del comandante del presidio militare, colonnello Falcocchio, in vista della grave situazione ingiunge ai cittadini di prestare obbedienza assoluta alle autorità militari, ordinando a chiunque di ritirarsi nelle case al passaggio dei soldati germanici, di non abbandonarsi a manifestazione alcuna”. Verso sera, Forlì appariva animata, ma i negozi sono chiusi e la gente invitata a circolare. La città sarà in preda al
disordine per alcuni giorni ancora. Il 10 settembre rimarrà nella storia per la fuga dei cadetti dell’Accademia Aeronautica di piazzale della Vittoria: “Uomini e donne – comunica Mambelli - si precipitano nei locali abbandonati asportando scarpe, divise, indumenti e viveri”. L’idea dello sbandamento è confermata da quanto occorso in aeroporto: “Non meno di tremila uomini delle nostre forze armate si sono squagliati in poche ore”. Sono momenti bui e ferali, ma il peggio della guerra, che continuerà per altri due anni, deve ancora arrivare.

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