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Cronaca Forlimpopoli

Hikikomori e l'isolamento che fa paura: nasce un gruppo romagnolo di auto-aiuto

Il gruppo si riunirà con cadenza fissa per la terza domenica di ogni mese

Il Comune di Forlimpopoli, in collaborazione con l’Ausl Romagna, ha individuato e reso disponibile uno spazio da dedicare agli incontri mensili di un futuro gruppo di auto-aiuto romagnolo gestito dall'Associazione Hikikomori Italia Genitori e rivolto a chi ha un figlio o un familiare in ritiro sociale. Si parte domenica alle 10 nella Biblioteca della Casa della Salute a Forlimpopoli, in via Duca d'Aosta 33. Il gruppo si riunirà con cadenza fissa per la terza domenica di ogni mese, e vedrà la partecipazione e coordinamento di Ornella Roselli, psicologa e psicoterapeuta esperta nel ritiro sociale e nella conduzione di gruppi.

"L’obiettivo - viene specificato dal Comune - è portare alla luce un fenomeno ancora poco conosciuto ma che riguarda tanti ragazzi e ragazze in età adolescenziale è stato raggiunto, ora non bisogna disperdere le energie o calare l’attenzione. Per questo è importante la nascita di un gruppo di auto-aiuto romagnolo che diventi punto di riferimento nel territorio e Forlimpopoli è un luogo centrale dove far arrivare tante esperienze e professionalità di grande sostegno". Già numerose famiglie hanno contattato il Comune e la dottoressa Rogai, referente del progetto. Per domande e maggiori informazioni sul gruppo di auto-aiuto scrivere a emiliaromagna@hikikomoritalia.it.

Forlimpopoli ha già ospitato il convegno dedicato all’Hikikomori, dove si è parlato di questo fenomeno e soprattutto per provare ad accogliere e ascoltare tanti genitori in cerca di risposta o anche semplicemente di condivisione e solidarietà. L’incontro che si è svolto al Cineflash ha visto la partecipazione di quasi 600 persone, un pubblico variegato formato da genitori, educatori, assistenti sociali, medici, psicologi che hanno scelto di seguire attentamente lo svolgersi degli interventi dei relatori che hanno affrontato e approfondito il tema in modo completo nei vari aspetti.

"Questo evento - viene ricordato dall'amministrazione comunale - è stato pensato e voluto come il primo passo di un progetto che comprendesse sensibilizzazione capillare nel territorio presso le scuole, i medici di base e i pediatri, i vari enti educativi, senza dimenticare un supporto concreto rivolto ai genitori, affinché non si sentano più soli ad affrontare quella che sembra spesso una tragedia privata, che isola la famiglia intera oltre alla ragazza o al ragazzo". 

La situazione in Emilia Romagna e nella Provincia di Forlì-Cesena

L'Emilia-Romagna è una tra le prime regioni ad aver condotto uno studio su questo fenomeno, con la ricerca statistica ufficiale "Adolescenti eremiti sociali" realizzata dall'Ufficio scolastico regionale, che ha rilevato 346 casi (164 maschi e 182 femmine) segnalati dalle scuole. L'indagine ha coinvolto 687 istituti primari e secondari, di primo e di secondo grado. I casi di ritiro segnalati sono risultati 346, tutti riferiti a ragazzi e ragazze che, dopo aver abbandonato la scuola, si sono isolati nella propria abitazione “per motivi psicologici”. Quasi il 60% di loro si trova in una fascia di età che va dai 13 ai 16 anni e il dato forse più interessante, poichè in controtendenza rispetto a quanto emerso dai sondaggi effettuati finora in Giappone sul fenomeno, è che si tratta per la maggior parte di giovani di sesso femminile.

Nella Provincia di Forlì-Cesena le scuole che hanno risposto alla rilevazione sono state 65, e in totale i casi di presunti hikikomori segnalati sono stati 27: dodici frequentano la scuola secondaria di primo grado (tre maschi e tre femmine) e 14 quella di secondo grado (sette maschi e undici femmine). In Regione, la  fascia di età a maggior rischio è quella di passaggio tra la scuola secondaria di primo e di secondo grado; tra i 13 e i 16 anni si collocano 203 segnalazioni su 346, poco meno del 59% di tutte le segnalazioni. Tra i problemi indicati nelle giustificazioni delle assenze da scuola, il maggior numero di diagnosi fa riferimento a stati depressivi (36 casi), a disturbi d’ansia con o senza attacchi di panico (39) e a fobie scolari e sociali (65), che sono il nucleo della rilevazione.

Il fenomeno: in cosa consiste?

A soffrire di questo disagio sociale sono in particolare adolescenti e giovani adulti che arrivano ad abbondare progressivamente la scuola, gli amici e tutti i loro contatti sociali diretti, privilegiando invece quelli virtuali instaurati attraverso la rete. Nei casi più gravi di questo fenomeno viene addirittura rifutato qualsiasi contatto con i propri genitori. Un disagio che colpisce sempre più adolescenti in tutto il mondo e anche in Italia, dove tuttavia il fenomeno ancora non è molto conosciuto. Questo fenomeno, che non deriva da un disturbo mentale preesistente e non è assimilabile ad altre situazioni apparentemente simili, potrebbe avere cause diverse - caratteriali, sociali e familiari - o essere il risultato di una serie di concause. Il denominatore comune è dato sia dall’isolamento - dovuto soprattutto alla paura del confronto con l’altro - che può durare mesi o anni, sia dal fatto che è una manifestazione che non si risolve spontaneamente. Le “ragioni” che i ragazzi adducono per il ritiro sociale sono diverse, ma ruotano sempre intorno al timore di fallire, di essere giudicati e derisi, o dal rifiuto di pressioni sociali ritenute eccessive e contrarie ai propri desideri o aspirazioni.

Come riconoscere e aiutare un hikikomori

Gli hikikomori si rifiutano di uscire, di vedere altre persone e di avere rapporti sociali, vivono interamente nella loro stanza. La camera diventa il rifugio dove leggere, disegnare, dormire, mangiare, giocare con i videogiochi, chattare e navigare su internet e dove salvaguardarsi dal sentimento della vergogna che nasce dal timore di non essere all’altezza delle aspettative. Un hikikomori, passando molto tempo nello stesso spazio, l’ambiente-stanza, ripetendo la stessa routine quotidiana e le stesse attività si costruisce un mondo che gli può apparire come l'unico possibile per sè.

La sindrome di hikikomori non è riconosciuta come malattia, ma è un disagio che se non curato può portare a una situazione patologica. Spesso viene scambiata erroneamente con altre psicopatologie come la dipendenza da internet, la depressione e fobia sociale. Queste, dopo un lungo periodo di isolamento, possono manifestarsi, ma questi stati sono l’effetto, non la causa. L’inizio e la fine delle scuole superiori sono tra i momenti di maggiore rischio per l'insorgere del problema, perché i ragazzi si trovano a confrontarsi con contesti nuovi e, contemporaneamente, l’impegno per le scelte che indirizzeranno il loro futuro sociale e lavorativo richiede un’importante messa alla prova psicologica. Il primo allarme può essere rappresentato dalle frequenti assenze da scuola, dall'autoreclusione nella propria stanza, dall'inversione del ritmo sonno-veglia,e dalla preferenza per le attività solitarie.

"Avere un figlio hikikomori è una sfida difficile per i genitori - spiega Anna Ancona, presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna - Richiede un impegno quotidiano, soprattutto psicologico, che spesso necessita di un supporto mirato. Sono di fatto i genitori a chiedere l’intervento che avverrà nelle forme e nei modi che ciascuno psicologo riterrà opportuno, compresa la possibilità di recarsi a domicilio. Il ragazzo non vede il motivo per chiedere aiuto allo psicologo: a suo dire sta bene, avendo eliminato all'origine le fonti del proprio disagio. La presa in carico psicologica di una persona che decide di autoescludersi, di rinchiudersi nella propria stanza, è un lavoro complesso e delicato. Condurre il ragazzo fuori casa non deve essere l’obiettivo principale della relazione 'terapeutica': inizialmente è fondamentale poter stare insieme a lui, entrare nel suo mondo per favorire, rispettandone i tempi e attivandone le risorse, un cambiamento sia al livello del pensiero che dell’azione. L’accompagnamento verso il mondo esterno può avvenire solo successivamente, quando il giovane sarà in grado di affrontare progressive esperienze relazionali che ne favoriscano lentamente il reintegro nella società".

L'associazione d'aiuto

L'associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus, insieme all'Associazione Hikikomori Italia, è stata fondata nel giugno 2017, a fronte dell'esigenza emergente da centinaia di famiglie all'interno di un gruppo Facebook. Essa è nata dall’impellente bisogno dei genitori di ricercare soluzioni per la situazione dei loro figli, in quanto a oggi l’hikikomori è ancora un disagio troppo poco conosciuto da parte delle istituzioni e dei professionisti. Tra gli obiettivi dell'associazione ci sono lo sviluppo nei genitori di consapevolezza e competenze per gestire ill ritiro sociale volontario dei propri figli e il riavvicinamento dei soggetti a esperienze di vita sociale. E’ pericoloso sottovalutare i segnali e non intervenire subito: più facile fermare la deriva prima di esserne inghiottiti, piuttosto che uscire dall’isolamento dopo. Davanti alla porta chiusa dietro cui una vita si annulla e cerca di scomparire, nessuno è autorizzato a voltare lo sguardo dall'altra parte.

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