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Cronaca

"Adottiamo i cristiani di Mosul", la solidarietà dei forlivesi: raccolti oltre 6mila euro

La Parrocchia di Regina Pacis di Forlì, legata a Majeed da una lunga amicizia fin dal 2010, già da fine luglio si era messa in moto, dando vita alla campagna Adottiamo i cristiani di Mosul

“L’Isis non è così lontana: pregate per noi, noi pregheremo per voi”. Con queste parole terminava la testimonianza di Padre Majeed Attalla, in visita a Forlì il 2 ottobre scorso. Parole che si possono comprendere in tutta la loro tragica portata, dopo la carneficina di Parigi. Il giovane sacerdote iracheno era nella nostra città insieme al vescovo siro-cattolico di Mosul Yohanna Petros Mouché. Chiedevano solidarietà per i cristiani della Piana di Ninive, minacciati dall’Isis, fuggiti dal massacro, scampati più di un anno fa ad un probabile genocidio con gli yazidi ed altre minoranze perseguitate.

La Parrocchia di Regina Pacis di Forlì, legata a Majeed da una lunga amicizia fin dal 2010, già da fine luglio si era messa in moto, dando vita alla campagna Adottiamo i cristiani di Mosul. Oggi si tirano le prime somme. Da fine luglio a fine ottobre sono stati raccolti 6.515 euro, arrivati da singoli cittadini, da famiglie, associazioni e gruppi. “Dobbiamo ringraziare tutti coloro che hanno aderito - ha dichiarato Don Roberto Rossi, parroco di Regina Pacis - soprattutto perché è stato colto il senso della campagna, ovvero l’adozione. Non si tratta infatti di un’offerta una tantum, ma di un impegno continuativo, piccolo o grande che sia. Gli importi versati rispecchiano in gran parte quelli proposti: un euro al mese, un euro a settimana oppure un euro al giorno, ognuno secondo le sue possibilità. La somma è servita per comperare acqua, cibo, farmaci, vestiti, materiale didattico o per integrare il costo degli affitti, che per l’elevata richiesta è diventato esorbitante”. 

Una goccia nell’oceano. Ma, come diceva Madre Teresa di Calcutta, anche se quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno.  Oggi i profughi iracheni sono più di tre milioni, circa la metà si trova nel Kurdistan iracheno che conta 5 milioni di abitanti. La sola provincia di Erbil ne accoglie 285mila.  I campi raccolgono da mille a cinquemila persone. Ogni campo ha il suo sacerdote. In tutto sono trenta i sacerdoti di questa comunità sradicata da Mosul in una notte sola, trapiantata a Erbil dove le condizioni di vita sono difficili e da cui le persone vogliono andare via. Partono appena hanno una possibilità, un lontano parente, un amico, una qualsiasi prospettiva per fuggire da una situazione che per ora non ha prospettive. Ma partendo così, alla spicciolata, la comunità si disperde e diventa difficile mantenere punti di riferimento comuni.

“Una delle ipotesi che il vescovo di Mosul prospetta  - ha proseguito Don Roberto - è l’adozione di piccole comunità di profughi guidate da un sacerdote”. “Se riusciamo a sfamarne 50mila qui ad Erbil - si chiede il vescovo di Mosul -, perché non dovrebbe essere possibile vivere in 5mila in una grande città europea?”. “Ma con tutto quello che succede - ha concluso Don Roberto Rossi -  non abbiamo ancora capito… Oggi una donna confessandosi mi ha detto: io sono razzista… La realtà è anche questa. Come si può essere credenti e razzisti?”. E Majeed, in uno dei tanti colloqui telefonici con Don Roberto, ha ribadito: “Va sempre peggio, la gente non ne può più, crescono le tensioni, i problemi, non riusciamo a intravedere nessun futuro, se il mondo non si muove. Ma ringraziamo Dio, perché abbiamo la fede, ringraziamo perché ci siete voi. È così che continuiamo a dare un’anima, una speranza, una forza a tutti questi fratelli cristiani che vivono la sofferenza di tanta persecuzione, discriminazione, mancanza di tutto. Grazie perché ci siete vicini, ci avete accolto nel vostro cuore”. Dopo gli attentati di Parigi, il mondo è diventato terribilmente piccolo. Ciò che pareva lontano diventa drammaticamente vicino. Ed anche un piccolo gesto di solidarietà ci aiuta ad uscire dall’indifferenza e può fare la differenza.

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