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Cronaca

Da Regina Pacis la risposta al grido di aiuto dei cristiani di Mosul in Iraq

A Forlì, grazie ai contatti personali frequenti soprattutto con padre Majeed e alla testimonianza di don Roberto Rossi che in primavera si è recato a Musul per portare aiuti immediati alla popolazione in difficoltà, ha avuto inizio la Campagna "Adottiamo i cristiani di Mosul"

La sensibilità che la parrocchia di Regina Pacis ha da sempre mostrato alle popolazioni in difficoltà si manifesta ancor più nell’anno del 50°, dopo la presa di coscienza di tutti i numerossimi progetti missionari svolti nel corso del tempo. Ma in questi giorni si impone una necessità. Il ricordo del 19 luglio di un anno fa quando è scaduto l’ultimatum del califfo alle famiglie cristiane richiede attenzione alla situazione attuale. In parrocchia in primavera sono stati ospiti Majeed Attalla e il vescovo di Musul, raccontando la loro esperienza: prima l’imposizione del marchio della vergogna sulle case della minoranza per dare mano libera all’espropriazione islamista, poi la notte del 6 agosto la cacciata e la fuga dei 150mila fedeli che ora vivono in campi profughi in Kurdistan insieme a yazidi, turcomanni e sunniti ribelli.

«Don, una cosa indescrivibile - riuscì a dire al telefono a don Roberto il diacono Majeed il 22 luglio - ci vogliono ammazzare tutti. Il mondo deve muoversi. Voi che siete in occidente, che avete la libertà, fate qualcosa! Don, ti prego!». «Hanno cominciato a segnare le case dei cristiani con la lettera N, la “Nun” di Nasara (Nazzareni) ed hanno occupato il vescovado  sul quale ora sventola la loro bandiera», aveva gridato con tono sconsolato al telefono quel giorno un vescovo iracheno. Con quella lettera N il sedicente Califfato ha marchiato le case dei cristiani prima di costringerli alla fuga. Una lettera che il mondo ha imparato a conoscere, non tanto come marchio della vergogna, come intendevano i terroristi, ma come il simbolo di una campagna internazione a favore dei cristiani. Quell’ultimatum  metteva al bando definitivamente la presenza cristiana a Mosul: una diversità da sopprimere perché intollerabile nella logica totalitaria di chi con la violenza ha voluto fare dell’applicazione fanatica della sharia non solo un’ideologia, ma addirittura una entità statale. Quella «N» sui muri del quartiere cristiano di Mosul, ormai disabitato, era per dare mano libera al saccheggio, alla cancellazione dei simboli e dei monumenti. Un “etnocidio” pianificato e gridato negli altoparlanti o scritto in proclami affissi sui muri, per fare, con la razzia, casa per casa della minoranza, una vera terra bruciata.

Ora, a un anno di distanza, dopo tutte le tragedie del viaggio e dei campi profughi, nelle situazioni più dolorose del caldo infuocato dell’estate e della rigidità dell’inverno, migliaia e migliaia di cristiani, assieme agli altri,  continuano a vivere il loro calvario e il loro martirio consumato giorno per giorno. E in attesa di una risposta della comunità internazionale, vi è – come un miraggio per tutti i cristiani – il desiderio struggente, la nostalgia della terra. «Quando potremo tornare?», continuano a chiedere i cristiani della Valle di Ninive. E intanto c’è la vita difficile e precaria di ogni giorno nei campi profughi: l’alloggio, il cibo, l’acqua, la vita delle famiglie, le malattie, l’igiene, la nascita dei bambini, la morte degli anziani e dei malati, la ricerca di qualche lavoretto o il tentativo di fuggire in altre parti del mondo, la scuola, la fedeltà religiosa. Sì, perché sono fuggiti “per la fede”, per non abbandonare, per non tradire la fede cristiana: questa è la loro grandezza, la loro dignità, la loro testimonianza. “Più forti del terrore” così ha intitolato un suo libro il vescovo Louis Sako, tradotto in Italia con la prefazione di Domenico Quirico. La Chiesa, con l’opera instancabile e precisa dei sacerdoti e dei loro collaboratori, ogni momento del giorno e  della notte è accanto a tutta questa gente, per confortare, curare, nutrire, sostenere, e soprattutto per rafforzare questa fede: portare avanti con dignità questa grande sofferenza, vivere il perdono, l’amore al prossimo, la speranza, dire al mondo la verità di Dio e dei valori veri della vita. Cristiani, rimasti senza nulla, bisognosi  di tutto, ma fedeli.

A Forlì, grazie ai contatti personali frequenti soprattutto con padre Majeed e alla testimonianza di don Roberto Rossi che in primavera si è recato a Musul per portare aiuti immediati alla popolazione in difficoltà, ha avuto inizio la Campagna "Adottiamo i cristiani di Mosul", per offrire un aiuto e una speranza ai nostri fratelli perseguitati e profughi, bisognosi di tutto.  Questa particolare adozione a distanza è proposta secondo le possibilità: 12 Euro, corrispondente ad un euro al mese; 52 euro, corrispondente ad un euro a settimana; 365 euro, corrispondente ad un euro al giorno (con versamenti anche mensili). Il versamento o il bonifico  si può fare sul conto intestato a Gruppo Missionario parrocchia Regina Pacis, Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna. IBAN: IT64 R060 1013 2040 7400 0008 302. 

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