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Cronaca

Allarme povertà, sempre più Forlivesi si rivolgono alla Caritas. Cresce l'emergenza lavoro

Rispetto ai dati sulla popolazione residente, le 9.488 persone beneficiarie dei servizi Caritas rappresentano il 5,04% dei residenti del circondario forlivese (188.011 unità al 31 dicembre 2013), con un aumento, nell'ultimo anno, del numero dei beneficiari dei Centri d'Ascolto

Sono numeri davvero preoccupanti quelli presentati giovedì mattina relativamente al 'Rapporto annuale su Povertà e Risorse 2013, curato quest’anno dall’Osservatorio Povertà e Risorse della Caritas', dagli uffici della Pastorale diocesana sociale e del lavoro, della Pastorale della famiglia e dal referente per l’Associazione delle famiglie italiane (AFI) del territorio forlivese. Per il tema dell’approfondimento si è scelto quello dell’anno pastorale in corso: “Famiglia, speranza e futuro per la società”. Hanno presentato il rapporto il direttore della Caritas diocesana, Sauro Bandi, la curatrice del Report, Elena Galeazzi, e il coordinatore del Centro di Ascolto diocesano, Marcello Copertino. Il Report sarà poi presentato alla città martedì, alle 20,15, nella Sala Melozzo – Parrocchia SS.Trinità.

LA RACCOLTA DEI DATI -Alla rilevazione dei dati sulle povertà e sulle risorse del contesto hanno contribuito 27 Centri di Ascolto (diocesano e parrocchiali) dei 29 attivi in diocesi nell’anno 2013: i due cda che hanno aperto le porte alla fine dell’anno (S.Pietro in Vincoli e Rocca S.Casciano) hanno infatti ritenuto non rilevanti i dati in loro possesso. Ai dati forniti dai centri si affiancano quelli di 10 organizzazioni appartenenti alla Consulta degli Organismi Socioassistenziali del territorio diocesano.

I DATI: IN CRESCITA GLI ITALIANI - In totale, nel 2013 hanno beneficiato dei servizi erogati dai Centri di Ascolto attivi in diocesi 9.488 persone e 2.321 famiglie, per un totale di 4.298 utenti presi in carico dai servizi. Di questa utenza, il 32,12% sono italiani (persone fisiche) e il 31,97% sono famiglie italiane. Il dato conferma quanto registrato anche lo scorso anno rispetto all’evidente crescita dell’utenza italiana della Caritas, che nel 2012 si attestava al 26% (persone fisiche e nuclei famigliari), contro il 22% di italiani (persone fisiche) del 2011 e il 24% di famiglie italiane (sempre nel 2011).

Del resto, il dato sui “nuovi arrivi” (ovvero sulle persone e sulle famiglie che per la prima volta nell’anno 2013 hanno avuto accesso ai servizi Caritas) conferma questo progressivo impoverimento degli autoctoni, con il 39,5% di italiani (fra le 2.053 persone che per la prima volta si sono rivolte alla Caritas nel 2013) e il 37,4% di nuclei famigliari italiani (fra le 741 nuove famiglie in carico alla Caritas sempre nell’ultimo anno).

Circa le differenze fra gli utenti italiani e quelli stranieri che si rivolgono ai servizi,  si rileva come la Caritas rappresenti per gli stranieri un aiuto per riscattare la propria situazione ed arrivare all’autonomia, mentre per gli italiani prevale ancora un accesso ai nostri servizi come “ultima spiaggia” per salvare una situazione ormai alla deriva. Il sentimento prevalente e trasversale rimane però per tutti un forte disorientamento, associato a paura e rabbia per una crisi che permane, con la perdita della speranza di poter trovare una soluzione prossima ai problemi vissuti.

Rispetto ai dati sulla popolazione residente, le 9.488 persone beneficiarie dei servizi Caritas rappresentano il 5,04% dei residenti del circondario forlivese (188.011 unità al 31 dicembre 2013), con un aumento, nell’ultimo anno, del numero dei beneficiari dei Centri d’Ascolto del territorio (+ 11,39% persone fisiche) e di un corrispondente +16,57% di nuclei famigliari in carico al sistema Caritas.

GLI STRANIERI - Ritornando ai nostri dati diocesani e alle caratteristiche demografiche dell’utenza totale, si conferma anche quest’anno il primato degli stranieri (62,66%) anche se, come già evidenziato, questi sono in calo rispetto agli italiani negli ultimi due anni (73,1% nel 2012 e 76,57% nel 2011), e dei residenti nel Comune di Forlì (60,63%), così come è in costante aumento la femminilizzazione dell’utenza (49,12% di donne nel 2013, contro il 45,88% dell’anno precedente).

Il dato sulle nazionalità più rappresentate fra gli utenti stranieri conferma, alle prime quattro posizioni, il dato del 2012, con al primo posto i marocchini, seguiti da rumeni, burkinabè e albanesi, mentre al quinto e sesto posto troviamo nigeriani e ucraini (o meglio ucraine), quest’ultime in forte aumento rispetto all’anno 2012. Si tratta probabilmente di ex-badanti che vedono aumentare il periodo di disoccupazione fra un anziano assistito e il successivo, con la conseguente necessità di dover ricorrere al nostro sistema di assistenza.

I BISOGNI - I bisogni dell’utenza italiana e straniera nel 2013 non sono cambiati rispetto al 2012: ai primi posti troviamo i problemi legati alla mancanza o all’eccessiva precarizzazione del lavoro, con la conseguente insufficienza di reddito, o per totale mancanza o per inadeguatezza rispetto ad esigenze di carattere ordinario (come il pagamento di affitto, utenze, spese sanitarie e scolastiche) o straordinario (come le spese per la riparazione di autoveicoli, assicurazioni, spese sanitarie per l’insorgenza di nuove patologie).

Al terzo posto, per italiani e stranieri, si conferma anche nel 2013 il problema dell’alloggio, con la difficoltà a reperire e a mantere la casa e a far fronte alle spese connesse all’abitare (utenze, spese condominiali, rate di mutuo o canoni di affitto).Le difficoltà legate alla cattiva gestione del reddito e all’indebitamento appaiono rilevanti soprattutto per gli stranieri (così come evidenziato dal grafico e dalla tabella), dato subito al di sotto di quello relativo ai problemi famigliari, che rappresenta la vera novità di quest’anno.

L’aumento della conflittualità in famiglia si registra sempre più spesso all’interno dei colloqui di ascolto, a complicare il quadro famigliare e ad appesantire la ricerca di risposte adeguate: capita infatti che le reti parentali o i membri di uno stesso nucleo famigliare, segnato da litigi e rotture, non siano di sostegno nel momento di difficoltà (legato, ad esempio, alla perdita del lavoro o allo sfratto).

LE RISORSE - In generale, sia a livello nazionale, che nel territorio diocesano, la crisi economica e l’accrescere della disuguaglianza stanno rafforzando i circuiti tradizionali di marginalità sociale con l’alto numero di richieste di accoglienza nei dormitori “per chi non ha casa” (7404 presenze al dormitorio maschile Caritas di via Ravegnana, rispetto alle 6575 del 2012), di pasti caldi alla mensa serale del CDA Buon Pastore (20.238 pasti erogati nel 2013, con un +43,48% rispetto al 2012) e di richieste di accoglienza, come testimoniano le 6245 presenze al Centro Diurno allestito, anche nel 2013, presso la Casa Buon Pastore.

Allo stesso tempo, il perdurare della crisi, l’aumento della tassazione a carico delle famiglie (con il pesante fardello a fine 2013/inizio 2014 della TARES), gli aumenti sulle utenze di acqua e di gas, insieme alla riduzione dei redditi famigliari (sia a causa della perdita del lavoro che della sua precarizzazione o della sottoccupazione), stanno portando all’emersione e al consistente aumento di nuove forme di povertà e di vulnerabilità economica: famiglie (per lo più monogenitoriali con minori a carico) sempre più affaticate rispetto alle difficoltà a mantenere gli impegni economici (affitto, bollette, spese scolastiche e spese mediche, carburante….), con un crescente aumento di richieste di aiuti alimentari e di beni di prima necessità.

Sono state registrate infatti nel 2013 un numero elevato di erogazioni di pacchi alimentari (il solo CDA diocesano ha effettuato 3912 distribuzioni, confermando il dato già alto del 2012 con 3903 pacchi-viveri erogati), l’utilizzo crescente del servizio di doccia e lavanderia (in relazione anche ai distacchi dell’acqua, che dall’inizio della crisi ha visto aumentare la bolletta per questo bene primario del 33%) e le erogazioni di contributi economici/ prestiti. In particolare, rispetto al servizio Microcredito, nel 2013 sono state realizzate 56 istruttorie che hanno portato all’erogazione di 28 microprestiti (per un totale di 144.000 euro), mentre il Fondo di Solidarietà è passato a 342 erogazioni (con +11,50% rispetto a quelle del 2012) per un totale di 134.517 euro, a fronte di 438 pratiche istruite e valutate. Le erogazioni attraverso il Fondo (istituito nel 2009 come misura straordinaria anti-crisi) sono state utilizzate per il 90,88% per il pagamento di utenze, anche allo scopo di evitare distacchi o di riallacciare utenze già distaccate. Di tali contributi hanno beneficiato per la metà utenti italiani (50,22%) e stranieri (49,78%).

Spiegano Bandi e Galeazzi: “La crisi che stiamo vivendo può essere colta come occasione per ri-definire priorità e obiettivi per individui e famiglie, nonché di ri-scoprire forme di mutuo-aiuto e di ri-partenza basate, non solo sull’accesso ai servizi di assistenza (pubblici e del privato sociale), ma anche sulla ri-attivazione di capacità e risorse personali e famigliari. A questo riguardo segnaliamo come siano proseguiti nel 2013, all’interno del sistema dei CDA Caritas, gli accompagnamenti “da famiglia a famiglia”, sia in termini di famiglie tutor per progetti specifici (come il Microcredito e il progetto Tessere (di) comunità del CDA diocesano Buon Pastore), che di affiancamento a livello parrocchiale di nuclei famigliari in difficoltà (anziani soli, famiglie con bambini piccoli, famiglie in difficoltà economiche legate alla perdita del lavoro) attraverso l’abbinamento con un volontario o una famiglia “amica”. Queste esperienze di prossimità e di vicinanza fra famiglie hanno interrogato il nostro territorio e, nel 2013, hanno contribuito a far germogliare altre esperienze di solidarietà famigliare, come “La decima delle famiglie” o le “Famiglie solidali” nate in due parrocchie cittadine. Si tratta, in altre parole, di ri-assumere il rischio della relazione, ovvero di giocarsi nuovamente nella costruzione di legami capaci di ri-costruire fiducia e speranza, permettendo a chi è in difficoltà di sentirsi meno solo, portando il sostegno nei tempi e nei luoghi della vita quotidiana. Questa compagnia/buon vicinato permette infatti di integrare e approfondire il lavoro che gli operatori e i volontari dei servizi svolgono erogando aiuti e misure di sostegno, che necessitano però di proseguire e trovare piena attuazione in contesti di vita più comunitari, dove il disagio non viene semplicemente delegato agli “specialisti” (i servizi pubblici, la Caritas, il volontariato) ma riassunto dalla comunità come qualcosa che appartiene all’essenza stessa dei legami. Contesti di vita dove il benessere, come il dolore di ciascuno, è affare di tutti”.

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