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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Il riscaldamento climatico procede al "galoppo". E il 2020 è stato il secondo più secco dal dopoguerra

Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), traccia un bilancio climatologioco dell'anno appena conclusosi

Il 2020 è stato "l'anno delle due epidemie: una sanitaria, ben evidente, che ha sconvolto il nostro stile di vita, causato troppe vittime e provocato una severa crisi economica; l'altra quella climatica, più subdola, meno appariscente e più “silenziosa”, ma che provoca altrettanti guai e che, purtroppo, avrà vita molto più lunga, essendo peraltro cominciata già da molti anni, ma della quale il 2020 è l’ennesima dimostrazione". E' la considerazione di Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), che traccia un bilancio climatologioco dell'anno appena conclusosi.

La pioggia caduta in dicembre non deve trarre in errore. E' stato un anno particolarmente avaro di precipitazioni.
Esattamente: in dicembre abbiamo avuto il doppio delle precipitazioni che dovrebbero manifestarsi in base al trentennio di riferimento (in questo caso 1971-2000), ma se consideriamo il 2020 nel suo complesso, si tratta di un anno assai poco piovoso, con un deficit regionale (Romagna) annuo di ben il -30,5%, vale a dire un terzo delle precipitazioni in meno rispetto alla norma considerata, il che colloca il 2020 come il secondo anno più secco dal dopoguerra dopo il 1988.

Quali sono stati i mesi più secchi?
Febbraio, con un deficit di -91,3%, novembre (-69,3%), aprile (-67%), gennaio (-65,1%), maggio (-65%) e marzo (-48,8%). La primavera, con un deficit del -60,3% di precipitazioni, è stata la più secca dal dopoguerra, così come il primo semestre con un eclatante -60% di piovosità. Insomma, il 2020 è stato decisamente avaro di piogge.

E quelli con il segno positivo?
Solo in luglio (+3,6%), ottobre (+8%) e soprattutto dicembre (+100%) le precipitazioni sono state superiori alla norma, ma insufficienti a controbilanciare il grave deficit accumulato negli altri mesi.

E dal punto di vista termico?
Il 2020 ha chiuso con un’anomalia di temperatura media, sempre in Romagna e in riferimento allo stesso periodo, di +1,4°C, che lo colloca al quarto posto nella graduatoria dei più caldi dal dopoguerra in compagnia del 2017 e 2015, preceduto dal 2014 (+1,8°C); dal 2019 (+1,5°C) e 2018 (+1,5°C). Da notare come le annate più calde dal 1950 appartengano tutte al periodo recente e, nel contempo, come anomalie annue superiori al grado non si fossero mai manifestate prima del 2014.

Una costante...
Dal 2014 al 2020 abbiamo sempre avuto anomalie di temperatura media annua superiori al grado, e questo è un dato quantomeno allarmante che testimonia come il riscaldamento proceda davvero al “galoppo”.

Le anomalie termiche del 2020?
Quelle più vistose appartengono ai mesi di febbraio (+4,0°C, il più mite dal 1950), dicembre (+2,8°C, anch’esso il più mite dal 1950), gennaio (+2,2°C), agosto (+1,7°C) e novembre (+1,5°C). L’inverno 2019-2020 è stato il secondo più mite dal dopoguerra dopo quello del 2013-2014, mentre la primavera 2020 è stata moderatamente calda con un’anomalia di temperatura media di +0,7°C.

E per quanto riguarda l'estate?
Non è stata “rovente” come la maggioranza delle stagioni appartenenti al nuovo millennio, ma è ugualmente stata più calda rispetto alle medie climatologiche di riferimento, classificandosi al sedicesimo posto tra le più calde dal 1950 con un’anomalia di temperatura media di +0,9°C. Il mese estivo con caldo più anomalo è stato quello di agosto (anomalia di +1,7°C, il settimo più caldo dal 1950). Non ci sono state le terribili ondate di calore che avevamo avuto nelle estati precedenti, e i valori di temperatura massima assoluta sono stati osservati in genere il primo agosto con picchi di 37°C sul faentino e sul lughese.

Una considerazione sull’autunno meteorologico?
Ha visto un’anomalia di +0,8°C con un picco di +1,5°C in novembre.

Ci sono stati anche degli eventi estremi da ricordare?
Dopo aver già accennato alla siccità, che sicuramente è stato l’aspetto negativo maggiormente caratterizzante l’annata, è doveroso aggiungere le intense gelate tardive occorse tra fine marzo e inizio aprile 2020, con valori fino a -4/-5°C nella bassa collina il 24 marzo, e fino a -4°C il 2 aprile, quando nella pianura ravennate sono stati localmente superati i record di temperatura minima assoluta del mese di aprile, con danni enormi alle coltivazioni. Inoltre aggiungerei l’evento di grandine severa del 3 agosto durante un violento temporale, con chicchi fino a 6 centimetri di diametro sull’area lughese all’origine di gravi danni non solo all'agricoltura ma anche alle infrastrutture.

Effetti del cambiamento climatico in atto....
Questo aspetto ben rispecchia gli scenari climatici futuri, quando, a fronte di un continuo riscaldamento, non scompariranno gli eventi freddi; diverranno solo meno frequenti, ma talora anche più intensi; in poche parole aumenteranno la temperatura e gli estremi di caldo, ma in in contesto di maggiore variabilità.

Nel 2020 non si è vista per nulla la neve sulla pianura romagnola. Secondo lei ci sono chance per questo inverno?
L’inverno è da poco cominciato e non si possono fare previsioni di questo tipo a così lunga gittata, peraltro il fenomeno neve sulla nostra pianura è di difficile previsione poiché vincolato a molteplici fattori, quindi una previsione affidabile la si può stilare al massimo 36-48 ore prima dell’evento. Diciamo che il regime di circolazione su vasta scala che si è instaurato in questa prima parte della stagione, non preclude a priori la possibilità di eventi nevosi anche sul nostro territorio pianeggiante, anche se difficilmente tali possibilità potranno aversi sul breve termine.

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