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Cronaca

Gioco di morte "Blue whale", l'esperta: "Questi i segnali, non sottovalutateli"

Sono in preoccupante aumento anche nella nostra provincia i casi di "Blue whale", il "gioco del suicidio" tramite social network. Abbiamo fatto qualche domanda a una psicoterapeuta che lavora a stretto contatto con gli adolescenti

Sono in preoccupante aumento anche nella nostra provincia i casi di "Blue whale", il "gioco del suicidio" tramite social network che tanto sta facendo parlare di sé. A Forlì-Cesena la Questura ha monitorato 5 casi, ancora in via di approfondimento. L'autolesionismo è un problema che da sempre colpisce tanti, troppi giovani. Ma quello del "Blue whale" è una sorta di autolesionismo estremo, in crescendo, che prevede il superamento in 50 giorni di 50 prove che diventano ogni giorno più crudeli, iniziando con le sveglie all'alba, passando alla richiesta da parte dei "tutor" di camminare sui cornicioni degli edifici e arrivando infine all'istigazione al suicidio. Per cercare di comprendere questo fenomeno abbiamo fatto qualche domanda a Donatella Romanelli, psicologa e psicoterapeuta che lavora a stretto contatto con gli adolescenti.

Quali sono i primi segnali che può dare un adolescente che sviluppa in segreto problemi di autolesionismo o che finisce nell' "incubo Blue whale"?
L’autolesionismo comprende diversi tipi di comportamento: graffiarsi, tagliarsi (cutting), bruciarsi o sbattere parti del corpo alle pareti. Nel cutting il ragazzo utilizza lamette o oggetti appuntiti e taglienti. Per i genitori non è sempre facile accorgersi di questi comportamenti, anche perché generalmente l’adolescente tende a tenerli nascosti. Dei segnali a cui stare attenti però ci sono: le parti del corpo più colpite sono le braccia e le gambe, quindi ponete attenzione se vostro figlio indossa magliette a maniche lunghe e pantaloni lunghi anche in piena estate; il cambiamento di umore rapido, dalla rabbia alla tranquillità; asciugamani o lenzuola sporche di sangue, a cui i ragazzi possono rispondere usando come scusa l'uscita di sangue dal naso; si mostrano arrabbiati se entrate in camera mentre si stanno cambiando, come se stessero nascondendo qualcosa; numerosi braccialetti sulle braccia che servono per nascondere i tagli.

Cosa spinge i ragazzi all'autolesionismo e a questo gioco crudele?
L’adolescenza non è un periodo semplice. I cambiamenti che un ragazzo deve affrontare sono molteplici, sia psicologici che corporei. Durante questo periodo, a causa anche delle modificazioni cerebrali che provocano uno sbilanciamento tra l’area emozionale e quella deputata al ragionamento, l’adolescente ha una maggiore tendenza ad agire impulsivamente. Il corpo si fa portavoce degli stati emotivi del ragazzo. Il proprio corpo è utilizzato come una tela in cui “dipingere” come ci si sente, dove scaricare le proprie emozioni. Molte volte l’autolesionismo serve per gestire stati emotivi intensi come la rabbia, la vergogna, la frustrazione e il vuoto. Attaccare il proprio corpo aiuta a gestire le proprie emozioni e a regolarle.

Com'è possibile per un genitore cercare di prevenire il problema?
Bisognerebbe creare un rapporto di fiducia e dialogo sin da quando sono bambini. Farli sentire amati e farvi sentire presenti rispettando i loro spazi, senza essere giudicanti e punitivi per quello che fanno e provano.

Come dovrebbe comportarsi un genitore se si accorge che suo figlio manifesta questi sintomi o vede dei tagli sul corpo di suo figlio?
Non pensare mai che sia una ragazzata e che passerà: il problema va affrontato. Bisogna stare attenti però a come si parla con loro e come si interviene. Istintivamente verrebbe da sgridarlo, ma bisogna capire che dietro questo comportamento autolesionistico c’è una grande fragilità. Se stanno agendo in quel modo è perché hanno un dolore interno, come rabbia o delusione, che non riescono a gestire diversamente. I segni sul corpo comunicano qualcosa. Bisogna capire cosa lo fa stare così male. Cercate di parlare con vostro figlio e fatevi raccontare come si sentono senza diventare opprimenti. Provare empatia per quello che stanno vivendo senza giudicarli, senza colpevolizzarli è un buon canale per aiutarli ad aprirsi. Questo è un punto di partenza per cercare l’aiuto di un professionista specializzato, lo psicoterapeuta, che possa aiutarvi a gestire la situazione.

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