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Cronaca Castrocaro Terme e Terra del Sole

Castrocaro Terme ricorda monsignor Antonio Ravagli

Sarà il parroco di Castrocaro don Urbano Tedaldi a presiedere domenica 12 dicembre, alle 11, nella chiesa dei SS. Nicolò e Francesco, la messa in suffragio di monsignor Antonio Ravagli a 40 anni dalla morte.

Sarà il parroco di Castrocaro Terme don Urbano Tedaldi a presiedere domenica, alle 11, nella chiesa dei Santi Nicolò e Francesco, la messa in suffragio di monsignor Antonio Ravagli a 40 anni dalla morte. Nato a Portico di Romagna nel 1907, dopo gli studi a Modigliana e Firenze, viene ordinato sacerdote nel 1929. Iniziato il ministero presbiterale come rettore del seminario di Modigliana, nel 1947 è nominato arciprete di Castrocaro. Scrupoloso e autorevole, rigoroso, ma discreto, imposta tutta la pastorale sulla cura della parrocchia, della liturgia e dell’associazionismo. Riserva grandi energie anche sull’Azione Cattolica, per la quale decide di acquistare i locali adiacenti alla chiesa per ricavarne la sede delle attività. All’epoca sono in molti ad avere la sensazione che Ravagli sia stato inviato a Castrocaro per completare un’esperienza pastorale funzionale al ministero episcopale: nel 1955 diviene, infatti, coadiutore a Larino (Molise). Il suo posto viene preso dal cugino don Adalberto Mambelli. Mons. Ravagli è sempre rimasto legato a Castrocaro, paese in cui è ritornato tutti gli anni in occasione della festa patronale della Madonna dei Fiori (si tiene nella domenica “in albis”, la prima dopo Pasqua).

La lontananza dalla Romagna dura comunque poco: nel 1959 rientra a Modigliana come coadiutore dell’anziano vescovo Massimiliano Massimiliani, cui succedette alla sua morte il 30 agosto 1960. Nei dieci anni di ministero episcopale a Modigliana, posta sotto la giurisdizione dell’arcivescovo metropolita di Firenze (comprendeva 83 parrocchie nelle valli del Lamone, Tramazzo, Rabbi e tutta la valle del Montone, compresa Terra del Sole), affrontò i grandi problemi della trasformazione del secondo Novecento, fra cui lo spopolamento della montagna, il passaggio dal mondo agricolo a quello industriale, la secolarizzazione, la contestazione del 1968 e l’applicazione del Concilio Vaticano II.

Nel 1970, con l’accorpamento della diocesi di Modigliana a quella di Faenza, alle proposte della Santa Sede di accettare la diocesi di Bertinoro e Forlì e poi di Faenza, il presule rinuncia per trasferirsi a Firenze, come ausiliare del cardinale Ermenegildo Florit e poi del cardinale Giovanni Benelli. Ravagli muore improvvisamente a Firenze il 13 dicembre 1981, di ritorno dalla visita “ad limina” dei vescovi toscani con Papa Giovanni Paolo II.

Il presule portichese rimase fedele fino alla fine ad un apostolato sempre vissuto alla ricerca della verità nella carità, secondo il suo motto episcopale: “Veritatem facientes in charitate”. Ravagli fu anche segretario della Conferenza Episcopale Toscana ed assistente ecclesiastico regionale dell’Unitalsi. A Firenze si fece molto apprezzare, durante l’episcopato dell’arcivescovo Benelli, come vicario generale e per l’assistenza ai sacerdoti, nonché come direttore del Convitto Ecclesiastico.
 

"Fu un vescovo - ricorda il giornalista Quinto Cappelli nel libro a lui dedicato - che ha vissuto il ministero in anni pieni di fermento e di tensioni, tra l’incudine della conservazione e il martello della contestazione”. Ancora oggi mons. Ravagli viene ricordato per le sue capacità di comunicazione, per la semplicità d’animo e per la cordialità romagnola. 

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