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Cronaca

Centinaia di persone alla visita guidata al Santuario di Fornò 

Il saluto ai presenti è stato portato per conto degli organizzatori da Antonio Fantini, coordinatore del Comitato di Quartiere Spazzoli, Campo di Marte, Benefattori, e per l'amministrazione comunale forlivese da Alessandra Ascari Raccagni, presidente del Consiglio Comunale

Domenica si è vissuta a Fornò una giornata molto intensa caratterizzata, al mattino, dalle camminate promosse dai Comitati di Quartiere della zona Est della città di Forlì che partendo da tre punti diversi hanno raggiunto il Santuario. Successivamente, nel corso del pomeriggio, da una partecipatissima visita guidata al luogo di culto condotta dallo storico dell'arte Marco Vallicelli e da un apprezzatissimo concerto del Trio Iftode, che è stato presentato da Gabriele Zelli. Teddi Iftode, primo violino, Radu Iftode, secondo violino, Vlad Iftode, tastiera, hanno eseguito brani della tradizione musicale romagnola e internazionale.

Il saluto ai presenti è stato portato per conto degli organizzatori da Antonio Fantini, coordinatore del Comitato di Quartiere Spazzoli, Campo di Marte, Benefattori, e per l'amministrazione comunale forlivese da Alessandra Ascari Raccagni, presidente del Consiglio Comunale, i quali hanno ricordato che l'appuntamento faceva parte della manifestazione "Monasteri aperti in Emilia-Romagna"

Marco Vallicelli nel raccontare la storia del Santuario ha ricordato che verso la metà del secolo XV, giunse a Forlì un personaggio straordinario, la cui presenza in città e nel contado avrebbe sollevato un interesse “popolare”, per la sua imponenza, per la sua condotta di vita, per la sua intraprendenza di farsi fermento in quella società, sia dal punto di vista religioso che culturale. 

Tre Cronache coeve lo indicano come un monaco, e tante altre ragioni collaterali rafforzano decisamente questa interpretazione; ma per storici forlivesi successivi si fece strada la suggestiva, romanzesca e romantica ipotesi che fosse un ex-corsaro, predone in Adriatico, chissà come poi passato ad abbracciare vita religiosa. Su una cosa tutti sono d'accordo: proveniva dall'Albania. Tutti lo hanno denominato e fatto conoscere come Pietro Bianco da Durazzo. È egli stesso che ne fornisce la prova, incisa sulla pietra, nell'iscrizione dedicatoria di ciò che lui con più risolutezza ha desiderato costruire nella quieta campagna fra Forlì e Forlimpopoli, lungo la direttrice di quella via “Cervese”, che aveva percorso dal litorale all'entroterra: un Santuario votato alla Madonna di Misericordia e di Grazie, nel sito detto di Fornò.

Il testo dell'incisione dice: "LʼANNO DEL GIUBILEO 1450 MI PIERO BIANCO DA DURAZZO / PRINCIPIAI QUESTA CHIESA DI SANTA MARIA DI MISERICORDIA E DI GRAZIA FACTA CON TUTI I BENI E ORNAMENTI SUOI BELLISSIMI A DIO NOSTRO DILETTISSIMO SIGNORE DEGNISSIMO SALVATORE ETERNO PER SEMPRE IN SECULA".

"L'iscrizione si legge ancora nitidamente, ha fatto osservare Vallicelli, sia all'esterno sia all'interno del portone di ingresso della chiesa capolavoro dell'Umanesimo italiano, imponente per dimensioni (particolarmente impensabili per il sito extra-urbano), per la peculiarità di un'architettura dal corpo rotondo  sormontata da tiburio ottagonale, così precisa e ardita da dover necessariamente scomodare Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti, per i capolavori di scultura e pittura che custodisce e che ha custodito".

Probabilmente la spiritualità di Bianco da Durazzo era affine al movimento monastico francescano dell’Osservanza, promosso da Bernardino da Siena. A questo famoso Santo si deve la diffusione del simbolo della gloria di Cristo, del “Santo Nome di Gesù”, un cerchio con dentro le lettere IHS (Iesus Hominum Salvator), che si trova un po’ ovunque nel Santuario, compreso il monumento funebre dell'eremita. Tale simbolo, al cui tondo fanno corona come raggi solari, è abbinata la maiuscola elegante della lettera “M”, per ricordare Maria, la Madonna. Dopo aver vissuto per qualche anno entro le mura di Forlì, in cui si costruì un'umile  celletta, frequentatissima dai popolani attirati dal suo stile di vita, col sostegno del signore più munifico ed umanistico di sempre della città, Pino III Ordelaffi, Bianco da Durazzo pose mano al progetto dell'erezione del Santuario, in onore della Madonna. 

Ancora oggi sfugge pienamente la ragione della scelta del sito, Fornò, ma il concorso di popolo al progetto del monaco fu estesissimo. La gente rimase conquistata da un suo innegabile carisma, dimostrandosi assai generosa in ogni tipo di elargizioni. La sua “creazione”, il Santuario di Santa Maria di Misericordia e di Grazie in Fornò, si presenta come primizia e capolavoro della recuperata chiesa a pianta centrale nell'Umanesimo: armonia compositiva di volumi perfetti.      
Alla preziosità dell'aspetto architettonico fa riscontro quello delle opere d'arte custodite dal tempio: da una Madonna col Bambino attribuita ad Agostino di Duccio, in nicchia sopra il pronao (ora è presente una copia in quanto l'originale restaurato è conservato presso il Palazzo Vescovile di Forlì ndr); ad un finissimo bassorilievo in marmo del medesimo autore rappresentante la SS.Trinità; al sarcofago dello stesso Pietro Bianco da Durazzo che morì il 6 aprile 1477; alle estese decorazioni ad affresco riportabili alle scuole di Melozzo da Forlì e di Marco Palmezzano.

"Al Santuario di Fornò è necessario molti visitatori - ha concluso Vallicelli - a scoprire per intero i tesori nati dall'alta volontà culturale di un monaco del Quattrocento, da annoverare fra la folta e qualificata schiera di artisti ed umanisti albanesi che contribuirono a rendere grande il Rinascimento italiano, come i fratelli Laurana - fra Urbino e Napoli -, e Jacopo da Dulcigno, solo per citarne alcuni".

Prima dell'inizio della visita guidata Gabriele Zelli ha ricordato alcune storie legate al secondo conflitto mondiale. Ad esempio che il complesso religioso nel 1944 è stato mutilato dall'esercito tedesco in ritirata. Infatti, le truppe germaniche hanno abbattuto il campanile, così come fecero in gran parte delle altre chiese del territorio, e non è più stato ricostruito a differenza di tutte le realtà circostanti. Ha altresì rammentato che a pochi chilometri di distanza, sulla via Cervese, in località Pievequinta, il 26 luglio 1944 si è consumato uno degli episodi più tragici del passaggio del fronte, l'uccisione per rappresaglia di dieci antifascistI e partigiani prelevati dal Carcere Mandamentale di Forlì in seguito all'uccisione di un soldato tedesco in circostanze mai chiarite. 

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