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Cronaca

Test sierologici: cosa ci dicono esattamente e gli errori che si fanno se male interpretati, parla l'esperto

I test sierologici non sono un “vice-tampone”, né “lasciapassare del virus”, né tanto meno una “patente di immunità”, ma hanno solo lo scopo di individuare gli “untori inconsapevoli”

I test sierologici non sono un “vice-tampone”, né “lasciapassare del virus”, né tanto meno una “patente di immunità”, ma hanno solo lo scopo di individuare gli “untori inconsapevoli”, quelli che vengono definiti gli "asintomatici" e, mettendoli in isolamento, bloccare ulteriormente la circolazione del Coronavirus. Il secondo scopo del test è poi statistico: capire come il virus si è diffuso e in che misura (e con questa finalità il test sarà somministrato su larga scala nelle aree più colpite delle province di Piacenza, Rimini e a Medicina in provincia di Bologna). A spiegare la caratteristiche del test sierologico è Bruno Ricci, medico del lavoro, direttore sanitario e amministratore unico di Medoc, uno dei centri che a Forlì ha effettuato i primi test sierologici (circa 900), prima che venissero bloccati dalla Regione per dare un regolamento uniforme a queste prove.

Cosa sono i test sierologici?
“Servono a verificare se in un soggetto ci sono gli anticorpi iniziali, i cosiddetti IgM, e quelli finali, i cosiddetti IgG. Attraverso il conteggio delle immunoglobuline (IgG e IgM) in sostanza si vede se il soggetto è entrato in contatto col virus Sars-Cov-2, sia che sia guarito sia che sia potenzialmente malato”.

Il vostro laboratorio li eseguirà a Forlì?
“Abbiamo fatta domanda alla Regione, siamo in attesa di ricevere l'autorizzazione, speravamo di averla già qualche giorno fa ma ci sono molto pratiche dello stesso tipo e le stanno gestendo in  questi giorni. Il laboratorio di cui ci avvaliamo, il Synlab di Faenza, è già autorizzato, attendiamo di essere autorizzati noi come prelevatori nelle aziende o al privato”. 

Per i privati servirà anche la prescrizione del medico di base in Emilia-Romagna.
“La norma dice un 'medico di fiducia', quindi per non ingolfare i medici di famiglia e distribuire meglio le richieste per chi ha già un rapporto col medico del lavoro, si può chiedere anche a lui”.

Chiariamo bene che valore ha questo test.
“E' importante che venga gestito correttamente, per questo la Regione ha giustamente indicato la necessità del medico di fiducia. Non è un test dove vai al laboratorio analisi, fai il test, ti danno un referto sì/no e sei in grado di leggerlo da solo. Serve il coinvolgimento di un medico prima e dopo, prima del test sierologico per raccogliere la parte anamnestica e clinica della persona, se ha avuto contatti sospetti, che lavoro fa... una sorta di indagine individuale. E' vero che la risposta è quella del mero test, ma quando la situazione è dubbia i dati raccolti per l'esame permettono di inquadrare chi abbiamo di fronte”.

In Emilia-Romagna uno screening di massa, con oltre 87mila test sierologici, è stato effettuato sul personale sanitario, personale delle case di riposo e forze dell'ordine. Sul totale dei test effettuati, il 5,2% è risultato positivo agli IgG, il 2,9% agli IgM, il 2,1% a entrambi. Il successivo tampone ha confermato la positività al 45% di chi era risultato positivo agli IgG e agli IgM. Come si interpreta questo dato?
“Stiamo parlando di categorie a rischio e quindi più esposte, non rappresentative del totale della  popolazione. Il 5% di queste sono entrate in contatto col virus. In particolare, circa la metà di quelli che hanno avuto un contatto recente (IgM) sono positivi al coronavirus, gli altri lo diventeranno  qualche giorno dopo il test, invece per chi ha gli anticorpi IgG, “di memoria” circa la metà è ancora positivo al virus. Questo mostra quanto sia importante la lettura medica per interpretare il referto del test sierologico in relazione anche al tampone". 

Tra questi quindi sono stati scoperti degli 'asintomatici' che, positivi al test sierologico, ora possono essere messi in isolamento?
“Sì, ma in generale si stima che circa il 2-3% della popolazione sia un 'untore asitomatico', persone che vanno a lavorare e in giro perché privi di sintomi e che ritengono, in buona fede, di non aver avuto contatti a rischio. E' per questo che è fondamentale che tutti noi indossiamo la mascherina e che ci proteggiamo come se fossimo noi gli 'untori' inconsapevoli”.

Al contrario, però , in caso di negatività del test sierologico, molti lo interpretano come un 'lasciapassare', col rischio di far diminuire il livello di protezione. E' corretto interpretarlo così?
No, lo strumento di diagnosi è e resta il tampone. Il risultato migliore lo si ottiene quando, in caso di positività del test, c'è un successivo tampone e la precedente raccolta clinico-anamnestico. Per questo consiglio di andare nei centri dove il test viene accompagnato da un'intervista clinica, perché questa darà al test il giusto valore”.

Ha detto che la lettura del medico serve anche dopo il test. Perché?
“Ci possono essere casi dubbi, per esempio cogliere una fase molto iniziale di anticorpi nella quale sarebbe importante ripetere il test dopo 15-20 giorni, come abbiamo visto prima nella statistica generale dell'Emilia-Romagna. Oppure possiamo avere dei sintomi sospetti, e col test sierologico negativo il medico può diagnosticare altre malattie”.

Andiamo con ordine. Prima ipotesi: il test sierologico è negativo, come lo sarà nella grande maggioranza dei casi, almeno il 95%. Cosa comporta questo risultato?
“Vuol dire che non serve fare il successivo tampone e il soggetto non ha mai incontrato il virus. Questo non impedisce che lo incontri il giorno dopo il test, ma non dà neanche la certezza che uno non possa sviluppare la malattia contratta poco prima del test. I positivi al Coronavirus in media evidenziano sintomi in 5 giorni, mentre gli anticorpi IgM si riscontrano dal secondo-terzo giorno fino al 14° giorno dal contatto. Per cui, in presenza di sintomi sospetti e test negativo, il test sierologico va ripetuto. Per cui, in sostanza, 'negativo' non significa 'Faccio quello che mi pare'.

Con gli IgM positivi, invece?
“Sì può essere dei positivi asintomatici. Lo capirà il tampone e la soluzione resta l'isolamento. Ma non di due settimane, ma di un mese. In Lombardia chi è positivo ora sta a casa quasi un mese: 14 giorni + altri 14 giorni senza sintomi”

Infine vediamo i positivi agli IgG, vale a dire gli anticorpi di lunga durata. Chi è positivo agli IgG  può avere la tentazione di dire 'Io ho già dato, sono immune e a posto' e non prendere più cautele.
“Esatto, sono i cosiddetti 'soldati che possono andare tranquilli in guerra'. Purtroppo non è così. Nella grande maggioranza delle malattie che conosciamo se ad un test sierologico il soggetto ha gli anticorpi definitivi IgG e non quelli IgM, di fatto vuol dire che quella malattia non la prende più per tutta la vita. Questo purtroppo non è sempre verificato per questo virus, almeno così dicono i virologi. Ci sono casi di IgG maturati ancora positivi al tampone e alcune persone che, negative al doppio tampone, si sono re-infettate. Questo virus è bizzarro e non lo conosciamo ancora abbastanza”.

Insomma, pare proprio che non ce la dobbiamo scampare!
“No, assolutamente. Personalmente sono per la ripresa dell'attività, ma con la consapevolezza di dover stare protetti, usando tutte le misure dette a ripetizione: la sanificazione mani, le visiere in contatti più stretti, il distanziamento dove possibile e la mascherina che è la cosa fondamentale. Ed infine l'organizzazione di tutte queste misure messe assieme. Poi se ci fosse la possibilità di fare tamponi con più facilità avremmo più sicurezza. Sul vaccino, poi, c'è il mondo della ricerca impegnato nel trovarlo, ma bisogna anche considerare che per certi virus, per esempio l'Hiv, il vaccino non esiste per quanto cercato”.

Ma il virus si sta depotenziando, pare.
“Inizialmente ci siamo ammalati in molti perché non c'erano o non si adottavano i dispositivi di protezione. Oltre alla ricerca del vaccino, dobbiamo lavorare per depotenziare il virus, e appare ormai chiaro che questo si sta spegnendo nella sua sua aggressività. Ora si rischia meno la morte e gli effetti più gravi perchè si usano efficaci medicinali come il Plaquenil, l'eparina, gli antifiammatori cortisonici”.

In definitiva, è utile o no il test sierologico?
“Sì, ma con estrema saggezza, buon senso e un medico per la corretta interpretazione dei casi dubbi e soprattutto con l'accesso facile ai tamponi successivi ,in caso di positività”. 

Il costo indicato dalla Regione è di 25 euro.
“La Regione ha fissato 25 euro come prezzo, ma il costo fisico del test non è meno di 15 euro al laboratorio che lo eroga, poi c'è il costo del tecnico che esegue l'esame e appunto del medico che segue la parte precedente e successiva. E' impossibile che tutto questo possa costare 25 euro. Credo che noi lo daremo a 40 euro. Sembra che lo Stato, da ipotesi che circolano, abbia intenzione di fare un decreto che imponga di non superare i 65 euro, forse è un po' alto come tetto. Ma 40-50 euro per la mia esperienza è un prezzo giusto e non speculativo. Se poi non fai l'indagine precedente, fai un test e consegni semplicemente un foglio di referto, ovviamente costa meno, ma non è ben fatto”.

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