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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Crack Sapro, chiuse le indagini: 27 indagati per il "buco" nelle casse della società

La Guardia di Finanza di Forlì ha concluso le indagini - coordinate dai pm Sergio Sottani e Fillippo Santangelo - relative al crack finanziario da oltre 110.000.000 di euro relativa a Sapro

La Guardia di Finanza di Forlì ha concluso le indagini - coordinate dai pm Sergio Sottani e Fillippo Santangelo - relative al crack finanziario da oltre 110.000.000 di euro di Sapro, che ha portato la stessa, il 30 novembre del 2010, ad essere dichiara fallita dal Tribunale di Forlì su richiesta della magistratura forlivese a causa di comportamenti illeciti dei propri amministratori infedeli. La Finanza ha appurato che "le attività economiche della SAPRO – sostenute per oltre dieci anni esclusivamente attraverso finanziamenti bancari (l’esposizione verso il ceto bancario ammonta infatti a circa 80 milioni di euro) – si rivelavano spesso prive di interesse economico per l’azienda e generate per fini privati ed extraistituzionali dei propri amministratori infedeli in danno delle casse della società".

I baschi verdi sottolineano che "l'attività investigativa svolta, sebbene sia sfociata nel settore dei reati fallimentari e societari, ben si inquadra quale azione di contrasto demandata al Corpo contro gli illeciti e gli sprechi riconducibili a quei fenomeni di mala gestio posti in essere attraverso le modalità gestionali delle società partecipate dagli Enti Locali. Se, infatti, la società oggetto delle indagini aveva quale “mission” quella di acquisire e di trasformare per il mercato, aree e immobili - destinabili all’insediamento di attività industriali, artigianali, commerciali, direzionali e turistiche - per snellire e facilitare lo sviluppo urbanistico non residenziale del territorio della provincia di Forlì-Cesena, in realtà la società nella sua conduzione si è rivelata essere uno strumento in mano ai propri amministratori infedeli per effettuare una serie di attività antieconomiche illecite e in molti casi aventi come fine ultimo il lucro personale".

La Finanza sottolinea che "le principali cause, individuate nel corso dell’attività investigativa, che hanno portato la società al dissesto finanziario, sono risultate principalmente due: la prima, riconducibile all’azione da parte degli organi di amministrazione che spesso operavano senza alcuna vera e propria logica aziendale e sovente per i propri personali interessi; la seconda e conseguente alla prima, consistente nella necessità di sostenersi per dieci anni esclusivamente attraverso finanziamenti bancari (l’esposizione verso il ceto bancario ammonta infatti a circa 80 milioni di euro)".

"Le indagini - chiarisce la Finanza - ha portato a rilevare, nei confronti degli amministratori della fallita, dei membri del collegio sindacale nonché del Direttore Generale, con il concorso di alcuni importanti imprenditori locali nel settore dell’edilizia, ad ipotesi di dissipazione patrimoniale, riconducibili sostanzialmente all’acquisto di terreni a prezzi superiori rispetto a quelli reali di mercato al fine di aumentare, surrettiziamente, la consistenza patrimoniale della società che conseguentemente si dimostrava così patrimonialmente solida verso il sistema bancario, dal quale dipendeva in toto per gli acquisti delle aree edificabili di interesse; tali acquisti consentivano altresì al Direttore Generale di ottenere l’incentivo di produzione che, nel solo periodo che va dal 2000 al 2002 gli ha consentito di percepire un “bonus” di oltre 580mila euro".

"Nei molteplici negozi giuridici analizzati dagli investigatori è stato inoltre rilevato che il prezzo di acquisto veniva suddiviso in due voci separate: una quale valore del terreno; l’altra surrettiziamente individuata e corrisposta al venditore a titolo di danno biologico e/o ambientale - sottolinea la Finanza -. Tale escamotage era necessario per offrire ai venditori importi così significativi da essere irrinunciabili, mantenendo allo stesso tempo un prezzo di mercato “credibile“ per gli uffici delle Entrate ma evitando di pagare una significativa quota dell’imposta di registro dovuta. L’attività di recupero effettuata dall’Erario ha consentito di introitare ulteriori 900.000 di imposta sottratta al fisco".

"Tra i molteplici atti di mala gestio analizzati dagli investigatori se ne evidenziano alcuni che per gli importi generati e la spregiudicatezza delle operazioni sottostanti hanno comportato esborsi così significativi per le casse della società da portare velocemente e definitivamente quest’ultima al collasso finanziario - continua la Finanza -. Il primo atto negoziale da dover evidenziarsi riguarda la cessione di un terreno agricolo da parte di S.A.PRO nei confronti di una società immobiliare per valore di vendita pari a 2.900.000 euro oltre alle imposte. In realtà l’operazione si concludeva con l’introito di soli 1.450.000 euro perché si trattava di una operazione simulata al solo fine di poter inserire nel Bilancio 2006, già fortemente in perdita, una posta di attivo pari al prezzo intero della compravendita, così “abbellendo” il bilancio societario ed evitando i conseguenti meccanismi di ricapitalizzazione del capitale sociale da parte dei soci Enti pubblici".

"Infatti l’operazione veniva effettuata a fine anno 2006 (28.12.2006) e prevedeva un pagamento di euro 1.450.000 ed una rateizzazione del restante importo previa copertura del rischio mediante una fidejussione - chiariscono i baschi verdi -. In realtà le rate non verranno mai pagate, la società acquirente entrerà in liquidazione e la fidejussione non verrà mai azionata dai vertici di Sapro poiché, peraltro, la stessa si rivelerà falsa in quanto emessa da società priva dei requisiti di legge. Un ulteriore operazione fortemente dissipativa per le casse di S.A.PRO è stata quella relativa all’acquisto di un terreno per 6.000.000 di euro - in realtà avente un valore commerciale nettamente inferiore – avvenuto in un Comune non socio (Bagno di Romagna), avente destinazione d’uso residenziale, quindi “extra mission” e sul quale inoltre vige un vincolo di inedificabilità inamovibile (vincolo cimiteriale)".

"Le indagini hanno consentito di rilevare che il Direttore Generale, si determinava ad effettuare tale acquisto fortemente sperequativo per le casse della S.A.PRO, in quanto otteneva dalla società venditrice che la stessa acquistasse tre immobili e due terreni (del per un valore di 750.000 euro) - di proprietà di società allo stesso riconducibili - sottolinea la Finanza -. Vendita personale per 750.000 euro in “cambio“ di una illecita plusvalenza di circa 4,5 milioni di euro in danno della società dalla stessa gestita. Infine, di particolare nocumento per la Società pubblica partecipata è risultato l’acquisto di un terreno vicino al casello autostradale di Forlì mediante un’articolata operazione straordinaria di fusione societaria".

"La vicenda riguarda l’acquisto e la successiva fusione per incorporazione da parte di S.A.PRO della società Sviluppo A14 Srl, proprietaria di un vasto appezzamento di terreno nei pressi del casello autostradale di Forlì, conferitole dalla Real Estate Development S.r.l.,valutato 6.022.725 euro ma gravato da un mutuo pari ad 6.016.700 euro - aggiungono ancora i finanzieri -. La SAPRO non procedeva direttamente all’acquisto del terreno perché non voleva rendere evidente nei propri atti di gestione l’apertura di una nuova linea di finanziamento bancario. In accordo con i proprietari della società detentrice del terreno, pagava a quest’ultimi rilevanti importi per la cessione delle quote (oltre 620.000 euro) e si accollava l’intero mutuo sul terreno così  peggiorando la propria situazione patrimoniale".

La Finanza sottolinea che "la stima successivamente fatta da CCTT dell’Agenzia delle Entrate dell’area della società A14 risultava pari a solo 1.348.000 euro. Con tale operazione, a totale beneficio dei soci della A14 srl ( Consorzio Querzoli e Red srl) la SAPRO aggravava il proprio bilancio con una con una “perdita” di 5.272.707 euro (dei quali 620.707 euro attraverso l’acquisto delle quote, e 4.652.000 euro in forma indiretta attraverso l’accollo di un mutuo ipotecario di 6.000.000 per un area del valore di soli 1.348.000 euro). Di tali comportamenti dissipativi è stata notiziata anche la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per l’Emilia Romagna di Bologna per gli aspetti di propria competenza".

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