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Cronaca

I "geni" della medicina e dell'ingegneria studiano le protesi biodegradabili

E' iniziato nel Centro Universitario di Bertinoro il nono "Biometal, Symposium on Biodegradable Metals for Biomedical Application", un evento formativo per il primo anno approdato sul colle della "cittadella dell'ospitalità"

Domenica è cominciato nel Centro Universitario di Bertinoro il nono "Biometal, Symposium on Biodegradable Metals for Biomedical Application", un evento formativo di altissimo livello che si protrarrà fino a venerdì 1 settembre, per il primo anno approdato sul colle della "cittadella dell’ospitalità". La manifestazione, promossa in sinergia con l’Università Laval (Canada), Il Centro Ospedaliero Charité (Berlino), l’Università di Canterbury (Nuova Zelanda) e l’University of Pechino (Cina), vede la presenza
di ben 150 partecipanti provenienti da 26 Paesi (Europa, Corea, Cina, Giappone, Nuova Zelanda, Canada, Australia, Brasile, Stati Uniti, Argentina), fra cui 60 giovani ricercatori, 40 professori universitari, 20 medici e 30 rappresentanti di imprese specializzate.

“Il focus della formazione - spiega Diego Mantovani, coordinatore dell’evento e docente presso
l’Universitè Laval - riguarda l’approfondimento e lo studio di materiali biodegradabili (nuove leghe a base di ferro, magnesio e zinco), con i quali vengono realizzati, in ambito sanitario, supporti artificiali che vengono inseriti nell’organismo umano a sostegno di organi ammalati, le cui principali applicazioni avvengono in ambito ortopedico, cardiologico, neurologico e vascolare. La particolare innovazione di tali soluzioni sta nel fatto che sono resistenti ma biodegradabili, ovvero svolgono la loro funzione di sostegno meccanico per lo stretto periodo necessario, poi si dissolvono, senza la necessità di un nuovo intervento chirurgico per l’asportazione. La peculiarità che rende questi supporti, oltre che innovativi, anche funzionali sta nel fatto che ferro, magnesio e zinco sono metalli non tossici e, quindi, tranquillamente utilizzabili all’interno del corpo umano”.

Questa nuova frontiera mette in relazione mondi diversi, quali quelli della chirurgia, della biologia e dell’ingegneristica, arrivando a risultati di grande rilievo, specie nella creazione di protesi di dimensioni ridottissime, adatte all’utilizzo in neonati o per la cura di piccole ossa come della mano: si tratta, specie in quest’ultimo caso, di piccolissime viti, che garantiscono attività di sostegno, poi spariscono dissolte nei tradizionali canali di espulsione corporea. Di particolare importanza, poi, anche le applicazioni per il trattamento della scogliosi con l’inserimento di protesi metalliche nella spina dorsale, che agiscono beneficamente per circa 12 mesi e, come negli altri casi, spariscono nell’organismo. Fin dal primo contatto con il Centro Universitario di Bertinoro e con la Romagna in generale, i partecipanti hanno espresso vivo apprezzamento per la location e per il clima di accoglienza a loro riservato.

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