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Cronaca

In tanti ad ascoltare la relazione su Forlì ai tempi di Aurelio Saffi dello storico Mario Proli

L'intervento di Proli, introdotto da Foster Lambruschi, presidente del Forlì Host, è stato impreziosito dall'esecuzione al pianoforte, da parte di Pierluigi Di Tella, di alcuni brani musicali

Ha riscosso unanimi consensi la relazione su Forlì ai tempi di Aurelio Saffi proposta da Mario Proli alle socie e ai soci del Lions Club Forlì Host che giovedì hanno affollato il Circolo della Scranna. Erano presenti all'incontro tra gli altri Gian Luca Zattini, sindaco di Forlì, e Alessandra Ascari Raccagni, presidente del Consiglio comunale. L'intervento di Proli, introdotto da Foster Lambruschi, presidente del Forlì Host, è stato impreziosito dall'esecuzione al pianoforte, da parte di Pierluigi Di Tella, di alcuni brani musicali.

Per evocare il periodo storico narrato sono stati suonati "Và pensiero" dall'opera Nabucco di Giuseppe Verdi, "Nessun dorma" dalla Turandot di Giacomo Puccini e "Il canto degli Italiani"; l'inno nazionale composto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro. Proli ha ricordato che al momento dell'unificazione dell'Italia, nel 1861, l’economia romagnola si basava fondamentalmente sull’agricoltura. L’artigianato e il commercio erano spesso determinati dalle attività che si svolgevano in campagna. A Forlì nell’agricoltura erano occupate 12.000 persone, oltre ai 2.500 braccianti o giornalieri che vivevano nelle frazioni; 14.500 persone in totale. La popolazione forlivese ammontava a 37.684 persone: 15.329 abitanti in città, 22.352 in campagna. In questo contesto Aurelio Saffi e del Partito Repubblicano, nato proprio in Romagna, iniziarono a fare molti proseliti e a diventare i perni sui quali ruotava la vita cittadina.

La situazione che si creò a Forlì è stata descritta dal prefetto Tito De Amicis, fratello del più noto Edmondo autore del notissimo libro "Cuore", che ricoprì l'alta carica dal 1884 al 1889, in questo modo: “I Repubblicani vogliono fare i loro interessi all’ombra della monarchia, prevalere colle elezioni politiche e amministrative, nelle amministrazioni comunali e delle opere pie, negli istituti popolari di credito e dovunque si possa esercitare una proficua presenza. A Forlì, soprattutto il partito ha un’organizzazione solidissima. Il Circolo Mazzini, al quale sono affiliate le associazioni minori, il Municipio, tutte le Opere Pie, la Banca Popolare, la Fratellanza Operaia, la Società Anonima Cooperativa per la costruzione di case per gli operai sono tutte istituzioni collegate e dirette con un solo concetto, che soddisfano moltissimi bisogni […] e tengono vive molte speranze; per diventare qualche cosa; per riuscire, per ottenere, bisogna rivolgersi a loro ed essere loro devoti". Poi aggiunse, maliziosamente: "Così chi non è repubblicano per convinzione lo diventa per interesse e procura".

Una situazione che perdurò fino alla conquista, avvenuta in modo violento, del potere da parte dei fascisti che a Forlì imposero, nel 1922, le dimissioni al sindaco repubblicano e alla giunta comunale. Ma la tradizione repubblicana dei Forlivesi non fu piegata dal regime tanto che nel dopoguerra il partito, che era stato di Giuseppe Mazzini e di Aurelio Saffi, ebbe un ruolo vitale per oltre un cinquantennio.

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