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Cronaca

La Romagna apripista nella ricerca sulle malattie croniche intestinali

Dopo i tumori, la Romagna si prepara a fare da apripista anche nella ricerca sulle malattie croniche intestinali, patologie complesse e complicate

Dopo i tumori, la Romagna si prepara a fare da apripista anche nella ricerca sulle malattie croniche intestinali, patologie complesse e complicate, la cui eziologia è ancora ignota. Grazie all’impegno dell’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ausl di Forlì, diretta dal prof. Enrico Ricci, verrà, infatti, creato un apposito registro romagnolo delle IBD (Inflammatory Bowel Disease), ovvero un database dell’intera popolazione romagnola (circa un milione di persone) in grado di fornire, per la prima volta in Italia, dati epidemiologici reali e significativi su tali malattie.

Il progetto si avvale dell’esperienza pilota avviata nel 2008 dall’Ibd Unit forlivese, coordinata dalla dott.ssa Daniela Valpiani, con la creazione di un modello di registro delle Ibd relativo al territorio dell’Azienda (178.977 abitanti), realizzato utilizzando come banca dati l’anagrafe e raccogliendo i pazienti con diagnosi di Rettocolite ulcerosa, Morbo di Crohn e Colite Indeterminata residenti nei 15 Comuni fra 1994 e 2008.

«Ad oggi, nel nostro paese, non esistono evidenze epidemiologiche certe circa le malattie infiammatorie croniche intestinali: ci sono state rilevazioni spot, mai studi approfonditi – rivela il prof. Ricci – i risultati a livello di Romagna saranno quindi un punto di riferimento per l’intera nazione, soprattutto per pianificare un corretto utilizzo delle risorse, visto che tali patologie richiedono sia l’impiego di farmaci ad alto costo sia  procedure chirurgiche complesse e particolarmente dispendiose».

Dalle prime evidenze del registro forlivese emergono già indicazioni interessanti. «Innazitutto, queste patologie sono in costante crescita – spiega il prof. Ricci – l’incidenza annuale, per il morbo di Crohn, è intorno al 9,2 per 100mila abitanti, mentre per la colite ulcerosa arriviamo addirittura al 17 per centomila abitanti. Inoltre, si riteneva che queste malattie fossero proprie dei giovani, invece, i dati mostrano che anche adulti e anziani sono sempre più interessati: nel 48,3%  dei casi la diagnosi di una malattia cronica intestinale è avvenuta dopo i 44 anni. Infine, un incrocio con la banca dati del Registro tumori della Romagna ha mostrato come ben il 6,4% dei soggetti cui sono state diagnosticate malattie croniche intestinali abbia successivamente sviluppato un tumore».

Proprio il registro tumori della Romagna rappresenta il modello cui ci si è ispirati. «Creare un registro è un lavoro complesso, perché non si tratta di scattare una fotografia della realtà in un dato momento ma di un percorso in fieri, che richiede continui aggiornamenti – illustra il prof. Ricci – Oltre ad attenersi alle rigide e specifiche regole internazionali in materia, poi, nel caso specifico si è presentato il problema di armonizzare i diversi livelli di informatizzazione delle quattro Aziende Usl romagnole, condizione sine qua non per realizzare un’unica banca dati. Alla luce di tutto ciò, abbiamo richiesto la consulenza dei colleghi oncologi dell’Irst di Meldola, forti dell’esperienza del Registro tumori».
 
L’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ausl di Forlì, è impegnata da tempo nel campo delle malattie croniche intestinali, come testimonia l’attività dell’Ibd unit, team multisciplinare nato nel 2004 per una migliore gestione del paziente affetto da tali patologie. Proprio all’interno di tale percorso, l’unità ha avviato, quest’anno, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Padova, un altro progetto innovativo, diretto alla formazione di una nuova figura professionale: l’infermiere case-manager per le malattie croniche intestinali.

«I suoi compiti spazieranno dalla presa in carico del malato e delle sue problematiche all’organizzazione dell’iter diagnostico e terapeutico, spesso molto complesso perché richiede l’interazione di diversi specialisti: il gastroenterologo, l’oculista, il reumatologo, il radiologo, il chirurgo, ecc. – spiega il prof. Ricci – in questo modo il paziente non sarà una pallina da ping-pong che rimbalza da un professionista all’altro, ma avrà un unico punto di riferimento cui rivolgersi per ogni necessità». Dal momento che a livello universitario non esistono corsi che preparino a ricoprire un ruolo simile, ecco ex novo un’apposita iniziativa formativa, teorica e pratica, ospitata in parte a Forlì in parte a Padova.

«Col prof. Giacomo Carlo Sturniolo dell’Università di Padova e il coinvolgimento dei docenti universitari – prosegue il prof. Ricci – abbiamo definito un programma di studi ad hoc, che copre un ampio spettro di competenze, dalle tecniche di comunicazione alla psicologia, dalle conoscenze cliniche alle capacità gestionali e manageriali».

Il corso “La metodologia del case-management applicata alle malattie infiammatorie croniche intestinali”, nato grazie all’entusiasmo della dott.ssa Valpiani e all’impegno dei colleghi di Padova, è iniziato a fine settembre e si concluderà a dicembre con un test finale di valutazione e il rilascio di un attestato. «Si tratta di un’esperienza pilota in Italia – conclude il prof. Ricci – la collaborazione con Padova è nata spontaneamente, perché anche loro hanno una grande esperienza in tale settore. La scelta della doppia sede, poi, è appositamente voluta, per consentire agli iscritti di confrontarsi con due diverse realtà, quella ospedaliera e quella universitaria».

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