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Cronaca

Quindici anni fa la scomparsa di Don Lino: Coriano lo ricorda con una messa

Don Lino, originario di Meldola dove era nato nel 1942, fu ordinato sacerdote nel 1965

La parrocchia di Coriano ricorda don Alfonso “Lino” Andrini, nel quindicesimo anniversario della morte, con la messa che sarà celebrata lunedì, alle 18.30, nella “sua” chiesa di via Pacchioni. Don Lino, originario di Meldola dove era nato nel 1942, fu ordinato sacerdote nel 1965. Cappellano a San Martino in Strada, a San Francesco di Meldola e a Regina Pacis, è stato insegnante di religione alla scuola media “Pascoli” e al Liceo scientifico “Fulceri De Calboli”.

Se nel 1976 diventa responsabile di Gioventù Studentesca, nel 1978 inizia il ministero di parroco, prima a Villa Rovere e dal 1985 a San Giovanni Battista di Coriano, cui aggiungerà nel 1995 Carpinello e nel 1997 Villa Rotta. Nel 2002, grazie all’eredità Suzzi, decide di creare un istituto educativo cattolico, La Nave, che inizia ufficialmente l’attività il 27 settembre 2003, prima nei locali della parrocchia e poi nell’adiacente via don Francesco Ricci. Il sacerdote non fu presente all’inaugurazione: "Era in ospedale - si legge in "Don Lino, una matita nelle mani del Signore" - stava cercando per l’ultima volta, inutilmente, di respingere l’assalto della malattia. Centosessantanove giorni dopo, il 25 marzo 2004, giorno dell’Annunciazione, cioè del sì di Maria, salì in cielo all’età di 62 anni".

"Si inaugura la nuova scuola - scrisse dal letto d’ospedale - e un grande sacrificio mi viene richiesto questa sera: non posso essere fisicamente presente in mezzo a voi, con cui nei mesi scorsi ho condiviso l’impegno di dare vita ad una nuova realtà, le cooperative La Nave, la Domus, la Compagnia delle Opere di Forlì ed i numerosi genitori, insegnanti adulti che, di fronte a tale prospettiva, si sono mossi con tanto entusiasmo ed intelligenza, da costringere noi, anticipando i tempi, ad iniziare subito questa esperienza educativa (…) Se il primo dono che il Signore ci fa è la vita, il secondo è l’educazione".

La chiesa nuova

La mano e l’intuizione di don Alfonso Andrini si leggono prepotentemente anche nell’avveniristica chiesa di Coriano Nuova. La prima Messa nel “nuovo” centro di culto fu celebrata proprio da don Lino nel 1996, in un ambiente ancora grezzo. La prima liturgia in assoluto risale, però, al 24 dicembre 1992, allorché il “fondatore” disse messa nel salone parrocchiale appena realizzato. Facciamo un ulteriore passo indietro: nel 1983 don Andrini è trasferito da Villa Rovere a Coriano. Sei anni dopo, in previsione di un’espansione urbanistica imponente che avrebbe messo a dura prova la parrocchiale ottocentesca di via Correcchio, il sacerdote, in accordo con la Diocesi, affida la progettazione della nuova chiesa agli architetti Gabriele Agnoletti e Roberto Angelini. I primi ambienti ad essere realizzati sono le sale parrocchiali, ma i lavori proseguono fino al completamento, nel 1996. I professionisti disegnano un edificio ardito, con uno slancio ascensionale. La prima cosa che colpisce il visitatore è proprio il fascio di luce proveniente dall’alto, che fa pensare al Trascendente che illumina il cuore dei fedeli riuniti nel suo nome.

Il ricordo di Franco Vignazia

E poi ci sono gli affreschi di Franco Vignazia che impreziosiscono gli interni: l’artista forlivese ha rappresentato la storia della salvezza, con scene tratte dal Vangelo connesse alla vita della chiesa forlivese. Vignazia restituisce alcune emozioni straordinarie sull’amico sacerdote: “Un ricordo, rinverdito dal mio recente lavoro a San Giuseppe Artigiano, é la compagnia solida e senza pretese che mi fece don Lino durante l'esecuzione delle pitture a Coriano. Mi chiese di lavorare perché la Chiesa potesse parlare anche senza nessuna funzione in atto, in armonia con la architettura splendida della costruzione. Ascoltò la mia proposta, fece alcune piccole osservazioni e poi mi accompagnò per tutto il lavoro, quotidianamente. Mi diede l'autorizzazione di fumare durante il lavoro, che è una sciocchezza, ma é segno di una grande attenzione alla concretezza e realtà di ogni persona. Al di là del mio lavoro di pittore ci fu di enorme sostegno, a me e mia moglie, quando facemmo alcune scelte molto sofferte e poco comprese. Sapendo che avremmo avuto la critica di alcune persone, ci aiutò a leggere a fondo il bisogno delle nostre persone e della famiglia. Poi, disse, ciò che deve prevalere è il far giocare la nostra libertà, perché la prima cosa che il Signore vuole da noi è che siamo liberi. Liberi nel Suo abbraccio e non nella istintività. Detta da lui, che non era di certo un tenero, la parola libertà suonava senza significati ambigui. Di lui questo è quello che più mi è rimasto: affezione, attenzione e libertà". 

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