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Cronaca

Wildt, 250 opere per un grande omaggio al "genio dimenticato"

Sono approdate giovedì mattina al San Domenico due imponenti sculture per la mostra che apre i battenti sabato. Per Romagnaoggi-Forlitoday il coordinatore Gianfranco Brunelli

Sono approdate giovedì mattina al San Domenico due imponenti sculture per la mostra che apre i battenti sabato. “Le opere più difficili da trasportare sono state – spiega infatti il coordinatore Gianfranco Brunelli a Romagnaoggi-Forlitoday - due copie della Venere di Milo e del Galata morente, che Wildt ha eseguito all’inizio della sua avventura artistica. La loro grandezza (quella reale) e il loro peso hanno richiesto un notevole impegno”. Sono in arrivo altre opere che andranno a completare la galleria entro venerdì.

L'arrivo di due sculture di Wildt al San Domenico



“Vorrei dire subito che la nuova mostra al San Domenico, 'Wildt, l’anima e le forme da Michelangelo a Klimt' non è una mostra difficile, per addetti ai lavori. Tutt’altro – spiega Brunelli - La nuova mostra forlivese è un tassello importante, raffinato, completo per interpretare il Novecento storico, italiano ed europeo. E’ una mostra raffinata perché attraverso un autore misconosciuto, un vero e proprio genio dimenticato, riprende tutti i grandi valori della storia dell’arte. Il Novecento non può essere identificato col ventennio; né il ventennio può essere messo tra parentesi. La cultura italiana ed europea dei prima quarantenni del Novecento è plurale”.

“I temi che echeggiano in Wildt – analizza la 'mente' di tutte le mostre del San Domenico - sono i più vari, in questo egli ha sentito col suo tempo, pur non essendo legato ad alcuna corrente. Il primo Novecento ha fatto esperienza di ogni rottura e superamento culturale, letterario e stilistico, ha messo in discussione tutto e in fondo ha salvato tutta l’esperienza precedente. Wildt è così. Attraverso la sua scultura si può rileggere l’intera storia della pittura e dell’arte. Da tutti ha preso. Tutti ha reinterpretato. In questo suo essere tutto e senza luogo, dentro e fuori dal suo tempo, Adolfo Wildt (nato nel 1868 a Milano e morto nella sua città nel 1931), rilegge classico e gotico, è manierista e barocco, surreale e simbolista. Fidia e il Laooconte, il Quattrocento di Laurana e Bernini e poi Bronzino, Michelangelo, sino a Klimt, a De Chirico, a Casorati, a Martini e a Melotti. Ed è forse questo anacronismo che lo lega a noi, che consente la sua attuale riscoperta. Così egli parla di sé e della sua arte: «“Fin da ragazzo, anche da semplice esecutore di marmi, studiai con selvaggia intensità i nostri maestri antichi per i quali mi formai un vero culto. Anatomizzai con stragrande spasimo ogni piccola parte del patrimonio artistico italiano e straniero, analizzai ogni cosa e seppi trovare elementi che ancora si ignorano. È questo studio lungo e faticoso l’unica fonte della mia arte e a questo aggiungo il mio potente bisogno di sincerità»”.

“Forlì dedica a Wildt la più grande mostra mai realizzata: 250 opere, delle quali 60 grandi capolavori di confronto. Molte sono pitture. Gli autori presenti sono i greci anzitutto e l’arte romana: un Kouros del VI secolo, Fidia (copia coeva della testa dell’Apollo Kassel), la pittura vascolare del V e IV secolo, la Psiche di Capua. Poi l’arte bizantina. E poi i grandi maestri della storia dell’arte a partire dalla fine del Trecento: Simone dei Crocifissi, Cosme Tura, Bambaia, Donatello, Bramante, Bronzino, Crivelli, Durer, Bronzino, Michelangelo, Danti, E infine i contemporanei: Previati, Casorati, De Chirico, Morandi List, Klimt, Fontana, Melotti, Martini. Come per le altre mostre, anche questa parte da dall’eccezionale numero di opere donate alla  città dal marchese Raniero Paulucci di Calboli che fu amico e mecenate del grande scultore”, conclude Brunelli.
 

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