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Cronaca

Oltre 150 forlivesi in cammino 'Sulle tracce di Garibaldi'

Sono stati oltre 150 i forlivesi che in occasione del 170esimo anniversario della Trafila Garibaldina hanno partecipato alla camminata sulle tracce di Garibaldi la sera di Ferragosto

Sono stati oltre 150 i forlivesi che in occasione del 170esimo anniversario della Trafila Garibaldina hanno partecipato alla camminata sulle tracce di Garibaldi, promossa da Gabriele Zelli, la sera di Ferragosto. Il percorso si è snodato dal Parco Urbano Franco Agosto lungo la pista ciclo-pedonale che corre lungo le due sponde del fiume Montone fino oltre il centro abitato di San Varano. Prima della partenza i violinisti Teddi Iftode e Radu Iftode hanno eseguito alcuni brani risorgimentali, patriottici e ottocenteschi: "Inno di Mameli" (1847) di Goffredo Mameli, musica di Michele Novaro, "Santa Lucia" (1849) di Teodoro Cottrau, "La bella Gigogin" (1858) di Paolo Giorza, "Inno di Garibaldi" (1858) di Luigi Mercantini, musica di Alessio Olivieri; "La bandiera tricolore" (1859) di anonimo e "Addio del volontario" (1859) di Carlo Alberto Bosi. La loro esibizione ha contribuito ad incrementare il numero dei partecipanti interessati a rievocare uno degli avvenimenti storici più importanti dell'Ottocento.

Nel 1848 un’ondata di grandi rivolte per la libertà e la democrazia attraversa l’Europa, interessando anche il territorio italiano. Intere città insorgono per sbarazzarsi delle tirannie e per acquistare la libertà. Nel 1849 Garibaldi fugge da Roma dopo il naufragare del sogno democratico della Repubblica Romana, repressa nel sangue. Persa ormai ogni speranza Garibaldi decide di non arrendersi all’inevitabile destino e decide di muoversi, con un consistente numero di volontari (circa 4.000) in aiuto di Venezia, che ancora resiste all’assedio degli Austriaci. Garibaldi si muove attraverso l’Italia e il 31 luglio 1849 raggiunge San Marino dove, costretto dalle difficoltà e dalla pressione dell’esercito austriaco, scioglie il suo esercito ormai dimezzato. Non rinuncia però all’idea di soccorrere Venezia. Con 250 legionari scende a Cesenatico e si imbarca per raggiungere Venezia via mare. Ma gli Austriaci non danno tregua e riescono a catturare quasi tutti i natanti. Garibaldi riesce a raggiungere la spiaggia di Magnavacca (Porto Garibaldi), scioglie il resto dei pochi fedeli compagni e rimane solo con Anita sofferente (morirà poco dopo a Mandriole) e il Maggiore Giovan Battista Culiolo, detto Leggero, anche lui ferito. Inizia così la “trafila”, una straordinaria associazione clandestina patriottica, che porta Garibaldi e Leggero in salvo attraverso le terre di Romagna fino al Granducato di Toscana e poi in Liguria.

"La trafila assomma in sé più aspetti straordinari - ha scritto lo storico Roberto Balzani - la natura mista (popolare e borghese) della compagine che aiuta il Generale; il piccolo tour romagnolo compiuto nel volgere di circa 20 giorni; il dramma romantico - Anita che muore, la fucilazione di Ciceruacchio, di Ugo Bassi, di Livraghi - l’immediata aura leggendaria che circonda l’intera vicenda, tanto da dar vita a stazioni di un’autentica via Crucis laica, che sopravvivono ancor oggi. A Cesenatico, dove il Generale è ricordato tutti gli anni ai primi d’agosto, come un santo patrono laico. A Mandriole e a Ravenna, dove l’ultimo asilo di Anita e il Capanno rappresentano luoghi della memoria tutelati - è il caso del Capanno - addirittura da circa 150 anni. A Modigliana, dove la casa di don Giovanni Verità, la cui immagine si fonde con quella dì un altro pittore-patriota modiglianese illustre, Silvestro Lega, è insieme museo del Risorgimento e tappa della trafila.
Garibaldi, insomma, cuce lo spazio e connette in senso cooperativo il Risorgimento regionale conclude Balzani. Una traccia, la sua, che consente di trapiantare il disegno della nazione nel territorio della piccola patria. Un meccanismo precocissimo, già in funzione dopo l’Unità, che si perfeziona con i monumenti e una prima manutenzione dei luoghi intorno agli anni Ottanta dell’Ottocento. Da allora, cambiano le forme della politica, ma l’impronta lasciata dalla “grande fuga” resta".

Gabriele Zelli durante la camminata ha evidenziato che si stava percorrendo parte del tracciato che, con molta probabilità, avevano effettuato Garibaldi e il Maggiore Leggero. I due fuggiaschi furono aiutati in quei frangenti da alcuni contrabbandieri forlivesi capeggiati da Giovanni Maltoni, detto "Gnarata", nel tentativo, poi riuscito, di sottrarsi dalle ricerche dell'esercito austriaco superando il confine tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana nei pressi della Chiesa di Ladino, dove tuttora finisce il territorio del Comune di Forlì e inizia quello di Castrocaro Terme e Terra del Sole. Mentre l'intero tragitto della Trafila Garibaldina nel Forlivese, tutto tracciato nel 2011 da Giorgio Assirelli, allora presidente del Club Alpino Italiano, Sezione di Forlì, e da Orazio Marchi, socio del CAI prematuramente scomparso, parte dal Cimitero Monumentale, ove è d’obbligo una visita alla tomba di Giovanni Maltoni, detto "Gnarata" (1° lotto, parte destra, I 49), si prende la via Ravegnana e la si percorre verso Forlì, fino al Foro Boario. Qui alla rotonda si gira su via Amerigo Vespucci, superando la rotonda con viale Cristoforo Colombo e approfittando delle vie pedonali e ciclabili dell’area dei Portici si raggiunge il viale Giacomo Matteotti all’altezza del viale Alessandro Manzoni. Lo si percorre verso piazzale della Vittoria. Sul viale, al numero civico 75, ove ora c’è un condominio bianco e piuttosto anonimo, che per l'altezza e per l'epoca di costruzione (anni Cinquanta del secolo scorso) i forlivesi più anziani chiamano "il primo grattacielo di Forlì", c’era la casa Zattini Gori.

Il percorso lambisce piazzale della Vittoria e imbocca viale Filippo Corridonì, lungo quella che era la cinta muraria della città, fino al semaforo in prossimità della Rocca di Ravaldìno. Si gira a destra su via Della Rocca dove poco dopo, alla seconda curva, sulla sinistra si vede l’ingresso secondario al carcere, prima dell’ingresso ai giardini della Rocca. Ora il percorso, raggiunto corso Diaz, gira a sinistra e attraversa il piazzale Ravaldino fino ad imboccare viale dell’Appennino. Si percorre il viale verso Sud fino a superare l’ingresso al Parco Urbano "Franco Agosto". Poco dopo si vede sulla destra un alto fabbricato dove un tempo era ubicato il mulino Tassinari e subito prima un passaggio fra le case che attraversa il canale e si ricollega con il Parco: siamo in via Bertarina. Passato il canale si prende a destra la seconda strada, via Friuli, e si raggiunge il sentiero che costeggia il fiume Rabbi e la grande area verde. Si percorre il sentiero verso destra (Nord), si supera la congiunzione del fiume Rabbi con il Montone, fino ad arrivare alla deviazione, sulla sinistra, che attraversa il fiume sul Guado Paradiso. Ora il percorso si svolge tutto sul lato sinistro (sinistra idrografica) del fiume Montone, fino a Terra del Sole. Attraverso un itinerario pedonale e ciclabile, a fondo naturale e ghiaiato, realizzato dal Comune di Forlì si arriva fino in via delle Vigne, in località Rovere. Qui si gira a sinistra e dopo un chilometro circa si raggiunge la chiesa di San Pietro in Arco in Villa Rovere. Dal luogo di culto si prende lo stradello sterrato a sinistra che la aggira sul davanti e si riguadagna l’argine. Lasciata a sinistra la deviazione che attraversa il fiume e porta a Ladino, si prosegue fino alla Chiusa che si supera attraverso una scalinata.

Ripreso lo stradello si perviene in poco tempo sotto al ponte dello stradone di Castrocaro e alla strada asfaltata (via Ladino). Si gira a destra e si arriva alla rotonda dell’incrocio con la via Firenze. Siamo ormai a Terra del Sole e alla fine della prima tappa. Svoltato su via Firenze, verso Forlì, si arriva ben presto al bivio con la strada che porta a Monte Poggiolo. Imboccata via Angelo Masini e girando a destra sulla via Gioia si affronta la breve salita che porta al Palazzo Conti o del Diavolo.

Foto Dervis 213-2

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