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Cronaca

Parkinson, a Forlì un progetto innovativo per trattare disturbi cognitivi e comportamentali

L’U.O. di Neurologia dell’Ausl di Forlì sperimenta un approccio innovativo per migliorare la presa in carico del paziente con morbo di Parkinson

L’U.O. di Neurologia dell’Ausl di Forlì sperimenta un approccio innovativo per migliorare la presa in carico del paziente con morbo di Parkinson, affrontando non solo i deficit motori tradizionalmente associati alla malattia, ma anche i disturbi cognitivi e comportamentali, secondo i più recenti orientamenti degli studi in materia. Grazie all’impegno della neonata “Fondazione Giuseppe e Augusta Minghetti”, l’Unità diretta dal dottor Walter Neri può ora contare su una psicologa esperta in neuropsicologia, la dottoressa Francesca Di Tante, che, nell’ambito dell’ambulatorio dedicato, effettua dapprima una valutazione complessiva della sintomatologia cognitiva e psicoaffettiva e poi, in base ai risultati ottenuti, esegue interventi individuali e di gruppo, mirati da un lato alla riabilitazione del disturbo neuropsicologico, laddove presente e circoscritto, e dall’altro alla promozione del benessere psicosociale dell’individuo e della famiglia.

Il progetto, finanziato dalla Fondazione, ha durata triennale e servirà a valutare se e quanto tale approccio è in grado di prevenire/rallentare il deterioramento cognitivo che accompagna spesso la malattia, e migliorare così la qualità della vita del paziente e dei suoi cari. Il morbo di Parkinson, d’altronde, interessa una quota consistente della popolazione over 65 anni. «Si tratta della patologia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer – spiega Neri – con una prevalenza del 2% fra coloro che hanno oltre 65 anni. In Italia, si stima siano 220mila i casi di Parkinson, mentre a Forlì sono circa 200, di cui 150 seguiti regolarmente presso il nostro ambulatorio dedicato». I disturbi collegati alla malattia riguardano soprattutto l’attività motoria (tremore, rigidità muscolare, difficoltà a compiere movimenti, disequlibrio) ma ultimamente sono meglio noti anche sintomi non motori quali disturbi del sonno, sintomi psichiatrici, difetti cognitivi e disturbi vegetativi.

«Il 30% dei pazienti con Parkinson nel corso della propria vita sviluppa una vera e propria demenza; alcune disfunzioni dell’attività cognitiva, tuttavia, sono già presenti, pur in forma ridotta, fin dalle fasi iniziali e pertanto è bene saperle riconoscere e supportare con interventi terapeutici di tipo neuropsicologico. I destinatari sono i malati di Parkinson, e i loro familiari, con un quadro cognitivo integro o lievemente compromesso: solo intervenendo in via preventiva e precocemente, infatti, è possibile rallentare il decorso di tale tipologia di difetti».

La neuropsicologa, in stretta collaborazione col il neurologo referente dell’ambulatorio dedicato a tale patologia, è stata messa a disposizione dalla Fondazione Minghetti che si è fatta carico dei costi dell’intero progetto. «Il nostro principale obiettivo è aiutare la ricerca e l’assistenza alle persone con morbo di Parkinson – spiega il presidente Dino Ragazzini –. L’ente è nato per volontà della professoressa Augusta Minghetti, molto conosciuta in città quale storica preside della scuola media “Giovanni Pascoli” di Forlì, la quale, dopo aver assistito per tanti anni il fratello colpito da questa malattia, ha deciso che, al momento della sua morte, i propri beni fossero destinati a una Fondazione a loro intitolata, finalizzata, appunto, a migliorare l’assistenza globale al Parkinson e ai Parkinsonismi».

La Fondazione si propone di supportare “la scelta di interventi adeguati alla tecnologia corrente e di integrarsi con i servizi di assistenza medica e sociale già presenti in Ospedale e sul territorio” e lo statuto dispone che “i progetti siano proposti o comunque valutati dalla Direzione dell’Ausl di Forlì”. «Nei mesi scorsi avevamo già donato all’unità di Neurologia un elettromiografo con stimolatore magnetico – spiega il presidente – questo è il secondo intervento e in futuro ce ne saranno altri, sempre di comune accordo con l’Azienda  e l’U.O. di Neurologia, per contribuire a rendere più efficace la lotta alla malattia». 

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