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Cronaca

Lo sfogo di una donna sola: "Non avere lavoro a 54 anni, ai margini della società senza possibilità di appello"

A 54 anni perdere il lavoro può essere un dramma, specialmente quando poi si fanno tanti colloqui e si trovano porte chiuse, col sospetto che il problema sia sempre lo stesso: l'età

A 54 anni perdere il lavoro può essere un dramma, specialmente quando poi si fanno tanti colloqui e si trovano porte chiuse, col sospetto che il problema sia sempre lo stesso: l'età. A raccontare la sua storia è una donna che vive a Forlì da circa vent'anni, dopo aver vissuto a Roma. Ora Cristina per vivere fa le le pulizie in nero perché non trova un altro lavoro regolare. Questo il suo sfogo: “Mi chiamo Cristina, vivo a Forlì, ho 54 anni e chiedo semplicemente di essere ascoltata. Per vivere faccio le pulizie, in nero, perché dopo i quarant'anni sei vecchia per il mondo del lavoro. Per meglio dire vengo valutata in base all'età e non in base alle competenze e alle esperienze che ho. Ho un diploma in lingue e un'esperienza di lavoro decennale come impiegata di segreteria in una società di ingegneria di Roma, città dove ho vissuto fino all'età di trent'anni, ma tutto ciò non basta per avere un lavoro. Sono anni che mando curriculum nelle aziende ma la risposta è sempre la stessa; mi dispiace ma il suo profilo non è in linea con quanto da noi ricercato”.

E racconta le ultime esperienze: “L'ultimo colloquio telefonico l'ho fatto una settimana fa. Mi hanno fatto qualche domanda personale e quando ho detto che avevo 54 anni mi è stato risposto che non mi avrebbero dato alcuna possibilità in quanto il lavoro era destinato a persone di una fascia di età dai 20 ai 40 anni. 'Questa è discriminazione', ho detto alla gentile segretaria. Mi sento discriminata da una società che dopo i quaranta anni ti mette ai margini senza alcuna possibilità di appello. Ho mandato un curriculum a una catena di discount, e anche lì mi è stato risposto che non corrispondevo ai loro canoni di ricerca e che la mia candidatura non sarebbe stata presa in considerazione neanche per posizioni future”.

Cristina vive sola, in affitto, con l'ausilio di una piccola rendita lasciatale dal padre deceduto. “Più che vivere è stato un sopravvivere ma sono riuscita ad arrangiarmi. Ho sempre continuato a portare e a mandare curriculum in aziende che cercavano ma la risposta è sempre stata la stessa 'Mi dispiace, ma è no'”, spiega. Per chi si trova nella zona grigia del lavoro non è facile neanche ottenere i sussidi. Il perché lo spiega Cristina: “Due anni fa, alle prime difficoltà ho provato a fare la domanda per il reddito di cittadinanza, ma i troppi paletti mi hanno impedito di ottenerlo. Settemila euro sul conto secondo lo Stato sono troppi per poter dire di essere in difficoltà. Come se con settemila euro tu riuscissi a vivere dignitosamente pagando affitto, bollette e dovendo fare la spesa per vivere. Ci ho riprovato anche quest'anno ma essendo cambiate le regole dell'Isee si sono basati sempre sui redditi del 2018 e il Reddito mi è stato nuovamente negato, e pensare che di quei settemila non sono rimasti neanche la metà. Credo che i sussidi vadano dati in base ai redditi attuali e non riferiti ai due anni precedenti”.  Però, spiega, non è il reddito di cittadinanza quello che cerca: “Niente reddito? Allora datemi un lavoro! Fatemi capire che tutelate le fasce più fragili! Io non ho bisogno di un sussidio. Io voglio un lavoro per non perdere la mia dignità di essere umano”. Neanche dal Comune è arrivato un sostegno per l'affitto.

E poi la crisi del Coronavirus, che ha colpito chi ha meno tutele: “Il post covid è stato ancora più traumatico perché ho perso gran parte del lavoro in nero che avevo. Lo stato ci ha messo tre mesi per partorire un reddito di emergenza di 400 euro che ancora sto aspettando dal 5 giugno che ho fatto la domanda. Ma l'affitto non aspetta, le bollette neanche, e mangiare devo mangiare”. E conclude: “Voglio ascolto , chiedo ascolto e chiedo di essere aiutata perché quando sei in difficoltà l'ultima cosa che vuoi è ricevere continuamente le porte chiuse in faccia, e solo porte chiuse sto ricevendo in questo momento. Sarebbe dovere delle istituzioni prendersi cura delle fasce più deboli della popolazione. Sono veramente schifata da questo paese che ti mette in ginocchio senza alcuna possibilità di appello o di aiuto! Questa è una battaglia appena iniziata che continuerò a portare avanti fintanto non avrò le mie risposte! Io voglio un lavoro per vivere! Voglio la mia dignità e se c'è qualcuno che possa aiutarmi può gentilmente contattarmi”.

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