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Cronaca

Pronto soccorso da terzo mondo, "dieci ore di attesa, tra caldo e barelle ammassate"

"Un medico al Pronto Soccorso mi ha detto che in fondo dieci o più ore di attesa sono giustificate dall'impossibilità di reggere una sanità che ci aveva abituati bene, troppo bene, ma oggi non è più sostenibile. "Abituati bene", così ha detto"

“Un medico al Pronto Soccorso mi ha detto che in fondo dieci o più ore di attesa sono giustificate dall’impossibilità di reggere una sanità che ci aveva abituati bene, troppo bene, ma oggi non è più sostenibile. “Abituati bene”, così ha detto, come fosse un lusso e non un diritto. Mi sono permessa di dissentire e voglio ora farlo pubblicamente per dare voce a un dissenso manifestato da tanti che affollavano le tre stanze del pronto soccorso in un caldo sabato di luglio; un disagio che un presidio sanitario con tante eccellenze non dovrebbe provocare”: è la presa di posizione di Marisa Fabbri, esponente di Sel di Forlì.

Fabbri riporta alla ribalta un problema ormai noto: l'ospedale pur essendo nuovo di pacca ha un pronto soccorso sottodimensionato, con pochi spazi e gente spesso ammassata in sala d'attesa al caldo: “E’ bene ricordare che il pronto soccorso dell’Ospedale Pierantoni è l’unico riferimento per tutto il comprensorio forlivese dopo l’avvento a Forlimpopoli della Casa della Salute e la soppressione degli altri esistenti e che, ad un numero più elevato di potenziali pazienti , non è corrisposto un adeguato potenziamento della capacità di accoglienza né per quanto riguarda lo spazio fisico, né per il personale sanitario. Non era difficile immaginare che ciò accadesse, ma vivere direttamente l’esperienza e sostare così a lungo permette di verificare più da vicino l’inadeguatezza della struttura che costringe all’affollamento delle sale di attesa e di sosta. Anche a Forlì barelle in fila ed ammassate in sale e corridoi e la totale impossibilità per il paziente di vivere nel suo privato il dolore e la propria tensione emotiva”.

“Quel medico e tutti gli operatori sanitari , a cui va riconosciuto merito per il lavoro svolto, affrontano quotidianamente urgenze ed emergenze che rendono comprensibile l’attesa. Meno comprensibile è che tutto ciò trovi una giustificazione e non invece il bisogno di sollecitare una riflessione postuma sul percorso aperto dal progetto della grande AUSL della Romagna, in una regione che negli anni ha elevato il livello del proprio stato sociale sulla qualità della sanità pubblica”.

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