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Cronaca Tredozio

Verso il recupero del Monastero della S.S. Annunziata di Tredozio

E' stata siglata, nelle scorse settimane, un'intesa operativa finalizzata in particolare alla realizzazione del II lotto del restauro e del recupero dell'ex Monastero della SS. Annunziata

E' stata siglata, nelle scorse settimane, un’intesa operativa tra Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna, Regione Emilia Romagna, Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e Comune di Tredozio finalizzata in particolare alla realizzazione del II lotto del restauro e del recupero dell’ex Monastero della SS. Annunziata, nelle immediate vicinanze della città di Tredozio. In passato un primo intervento di restauro a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Ravenna, che ha riguardato in particolare le coperture e lo spazio della chiesa.

Nel gennaio del 2010 è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Emilia Romagna e l'Associazione delle Fondazioni Bancarie volto ad individuare interventi di conservazione e valorizzazione di beni facenti parte del patrimonio storico-artistico della Regione. Il nuovo lotto di interventi riguarderà, invece, il fronte sud, su entrambi i piani, consentendone non solo il recupero e la salvaguardia, ma anche la rifunzionalizzazione con la predisposizione di un'area destinata a ristoro capace di cento coperti e la sistemazione di un comparto destinato alla ricettività con la realizzazione di undici camere con bagno (per ventidue posti letto complessivi). Questo permetterà una fruizione più piena del complesso, in attesa del completamento del progetto di restauro e rifunzionalizzazione che ne prevede l’utilizzo come centro studi residenziale con spazi multimediali per mostre (sia fisse sia temporanee) e convegni.

“Chi incontra per la prima volta l’ex convento della SS. Annunziata - osserva il team di architetti che ha curato il progetto - non può che rimanerne colpito nel profondo, e non è solo la memoria della trascorsa attività spirituale a introdurci in questo clima di grande suggestione, ma le mura stesse cosi intrise di una semplicità essenziale che, messa a confronto col vivere quotidiano suscita quasi un “benefico” imbarazzo. A ciò naturalmente si aggiunge il verde intenso delle abetaie, il sottile rumore dell’acqua che arriva dal fiume e un silenzio dilagante, in cui l’anima sembra ritrovare un’autentica possibilità di abbandono”.

“Una progettazione corretta – prosegue il gruppo coordinato dall’architetto Raoul Benghi - non può che derivare dall’esatta conoscenza dell’edificio. Da qui, quei criteri di tutela e fattibilità insieme che consentono un ulteriore destino all’edificio in esame. In questo caso però, essendo il riuso indirizzato a un utilizzo per la formazione e lo studio, la sequenza e la dimensione degli ambienti è alquanto appropriata e le innovazione necessarie sono perlopiù di ordine tecnico e funzionale”.

L’anno presunto di fondazione del Monastero della SS. Annunziata è il 1060. Nel 1563 dal monastero del 'Luogo d'Africa' vi si trasferirono 14 suore domenicane. Nel 1810 Napoleone soppresse gli ordini monastici e le suore domenicane dovettero abbandonare il convento, che, privato di ogni attività, fu messo in vendita e acquistato dalla famiglia Fabroni originaria di Marradi. Nel 1986 la famiglia Fabroni vende il convento al Comune di Tredozio.  
L'edificio religioso è situato all'inizio del Paese sulla sinistra del fiume Tramazzo (per chi viene da Faenza). Il fabbricato, che colpisce per le sue vaste dimensioni e la sua struttura a ferro di cavallo rivolto verso il monte e la corte interna, si sviluppa su tre piani fuori terra, per un totale di circa 100 vani. Al piano terra erano ubicate la foresteria, il porticato interno, la Chiesa, il refettorio, le cantine e altri spazi di servizio. Al piano primo e al piano secondo vi erano le celle e i servizi della clausura.Il monastero della SS. Annunziata è legato anche alla vita di Silvestro Lega, il grande artista macchiaiolo nato a Modigliana nel 1826. Il pittore infatti trovò qui un approdo sicuro in diversi momenti della sua vita, grazie al rapporto che lo legava alla famiglia Fabbroni, allora proprietaria del Monastero.
 

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