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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Colori, musiche e preghiere: a Regina Pacis l’associazione Santa Teresa di Zabre

L’associazione ha partecipato alla celebrazione della messa comunitaria domenica mattina alle 10.30, animando la liturgia con le letture in francese e con i canti in lingua

In occasione del 50° anniversario dell’edificazione di Regina Pacis anche l’associazione Santa Teresa di Zabre ha voluto essere presente per lasciare un segno e per portare un contributo ad un programma già ricco di eventi. L’associazione ha partecipato alla celebrazione della messa comunitaria domenica mattina alle 10.30, animando la liturgia con le letture in francese e con i canti in lingua. L’associazione è presente a Forlì dal 2007 e prende il nome dalla parrocchia di appartenenza in Burchina Faso del gruppo africano.

Il gruppo è costituito da 200 persone che vivono in varie città d’Italia e domenica si sono ritrovati tutti a Regina Pacis per il ritrovo comunitario che svolgono puntualmente ogni tre mesi. I membri dell’associazione sono tutti giovani, dai bambini ai quarantenni e svolgono varie attività lavorative, prevalentemente operai nel settore della meccanica. Istruiti, alcuni laureati nel proprio paese d’origine, sono i primi immigrati giunti in Italia nel 2000, quando la nostra penisola rappresentava il sogno per una realizzazione economica migliore a quello che si poteva realizzare nel Burchina Faso. Felix Gouba, fratello del presidente dell’associazione Domenico Gouba, spiega che per loro l’immigrazione fu una scelta meditata, perché desideravano migliorare la loro posizione economica in un paese sottosviluppato.

«Quando siamo partiti – racconta Felix – non sapevamo cosa avremmo trovato qui in Italia. Mio cugino mi aveva detto che qui si guadagnava molto di più. Io lavoravo in un supermercato a Zabre e prendevo 100 euro al mese. Ero già considerato benestante, ma mio cugino mi disse che qui in Italia avrei potuto guadagnare cifre più grosse. Così sono partito in aereo e sono atterrato a Milano Linate. Da lì è iniziata la mia avventura, perché per ottenere i documenti e regolarizzarmi ho dovuto aspettare due anni, nei quali ho vissuto a Brescia, Napoli e a Mercato Saraceno. Poi, sono venuto a Forlì dove oggi abito. All’inizio mi sono pentito di aver fatto questa scelta, ma poi quando sono stato regolarizzato e ho trovato lavoro mi sono sentito accolto e la situazione è migliorata. Oggi vivo qui con mia moglie e i miei figli. Quando saremo pronti torneremo nel nostro paese, perché avremo i soldi per poter vivere e aprire un’attività nostra. Non possiamo tornare adesso perché il nostro paese non accoglie bene chi è andato via, in quanto la democrazia non ha le stesse caratteristiche di quella italiana. Potrebbero esserci dei problemi se ci trasferiamo subito. Intanto, ogni due anni torniamo per uno o due mesi per vedere i parenti».

La presenza dell’associazione è una testimonianza dell’organizzazione di questo gruppo di immigrati che hanno scelto di unirsi per vivere in comunità con spirito fraterno la propria vita quotidiana. Infatti, il versamento della quota annuale di 20 euro a persona permette loro di costituire una cassa comune dove attingere per aiutare le famiglie in difficoltà, specialmente in questo momento che alcuni di loro non lavorano a causa della crisi economica. Non solo, ma i fondi vengono utilizzati anche per scopi benefici: domenica scorsa hanno raccolto le offerte per un seminarista che deve essere ordinato prete nella diocesi di Zabre e alcuni anni fa nella parrocchia di San Biagio a Forlì raccolsero 1650 euro per una campana da mettere nella chiesa di Zabre.

«Nei nostri incontri trimestrali – continua Felix – leggiamo la Bibbia e cerchiamo di vivere cristianamente e di maturare uno spirito di fraternità, proprio per aiutarci. Anche perché siamo soli qui in Italia e unirci ci aiuta a vivere meglio la vita quotidiana. Non consiglierei adesso di venire in Italia, per la crisi. Molti nostri parenti vorrebbero affrontare il viaggio, ma noi lo sconsigliamo. Noi scegliemmo di spostarci per lavorare, perché a differenza dell’immigrazione attuale, non dovevamo scappare dalla guerra, ma da una situazione economica svantaggiata. Gli immigrati attuali sono il frutto del disagio provocato dagli europei. L’uccisione di Gheddafi ha peggiorato la situazione, togliendo importanza all’accordo trovato. Gli immigrati attuali fuggono dalle guerre nei loro paesi scatenate dagli europei che impongono i loro modelli politici. L’Africa deve essere governata dagli africani e gli africani devono produrre, lavorare e gestire da soli l’Africa. Finché questa situazione non verrà fermata ci sarà sempre l’immigrazione massiccia e i problemi da risolvere saranno sempre tanti». Il gruppo africano confessa di essere stato accolto bene in Romagna, ma dice pure che è importante accontentarsi, perché non si può pretendere troppo. La giornata a Regina Pacis è continuata con la lettura del vangelo in francese per coloro che ancora non sanno bene l’italiano, il confronto, il pranzo comunitario e l’accordo per la riunione successiva. Felix Gouba è un parrocchiano di Regina Pacis e portando la sua associazione in parrocchia nel 50° ha voluto mostrare un pezzo di Africa in Romagna, dando un contributo internazionale alla fede cattolica, proveniente da un continente colmo di problemi politici, sociali, economici e sanitari, testimoniando contemporaneamente l’universalità del cattolicesimo.

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