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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Come i giovani vedono il lavoro, i sindacati: individualisti o collettivi? Una ricerca della Cgil per capirlo

A distanza di 5 anni da una ricerca sullo stesso tema, intitolata “Giovani, lavoro e sindacato” torna un questionario che sarà somministrato a 1.500 giovani della provincia di Forlì-Cesena

Che rapporto hanno i giovani col mondo del lavoro e con il sindacato? A distanza di 5 anni da una ricerca sullo stesso tema, intitolata “Giovani, lavoro e sindacato” torna un questionario che sarà somministrato a 1.500 giovani della provincia di Forlì-Cesena, per una metà studenti delle scuole superiori a partire dai 17 anni (quando cioè compiono le prime esperienze di alternanza scuola-lavoro) e l'altra metà diretta ai giovani lavoratori fino ai 34 anni. La ricerca nasce per iniziativa dell'associazione 'Luciano Lama', assieme alla Cgil di Forlì e della Cgil di Cesena, a cui contribuiscono anche alcune associazioni come Libera, Arci e Anpi. In totale sono stati formati oltre 30 volontari, per proporre il questionario,  aiutare la compilazione e raccogliere anche “sensazioni” con interlocuzioni più approfondite.

Spiega Valter Bielli, presidente dell'associazione 'Luciano Lama': “Già nel 2014 ottenemmo risultati importanti, con 794 questionari raccolti, andando ad indagare il rapporto tra i giovani e il lavoro. Viviamo in tempi dove la società corre veloce e a distanza di 5 anni ci sono stati ulteriori cambiamenti, soprattutto con la tecnologia. Cercheremo di capire cosa è cambiato ulteriormente”. L'obiettivo è di fare tali ricerche con cadenze regolari, così da avere dei dati sul lungo periodo, un focus che – spiegano dalla Cgil – non esiste in nessun altra parte d'Italia con questo livello di approfondimento. I primi incontri per approcciarsi ai giovani e sondarne le priorità in tema di lavoro saranno giovedì alle ore 19, con un doppio appuntamento, al Jump di piazza Morgagni a Forlì e all'Ex-Cafè di via Mulini a Cesena, con un aperitivo e presentazione del progetto.

Due le novità di questa seconda edizione. La prima è l'apertura al mondo della scuola, grazie all'interessamento dell'Ufficio Scolastico Provinciale e del Comune di Forlì. “Disponibilità, anche di supporto finanziario, data dalla precedente amministrazione di centro-sinistra e poi riconfermata da quella di centro-destra nella persona dell'assessore Paola Casara”, precisa Bielli. La seconda novità è che più della metà dei questionari dovranno essere ottenuti fuori dai luoghi classici del sindacato, ma nei punti di aggregazione sociale e sportiva dei giovani, la maggior parte dei quali non sono sindacalizzati e hanno rapporti saltuari col sindacato solo quando si rivolgono alle loro  strutture dei servizi. 

Spiega Alessandro Celli (Cgil Cesena): “La sfida è di uscire di più di nostri perimetri. Non aspettiamo che siano i giovani a venire nelle camere del lavoro, ma andiamo a cercarli noi. Cercheremo anche di creare 'focus gruop', gruppi di persone che parlano a margine del questionario, che ci permettano di capire come i giovani vedono la società e il rapporto col sindacato, che visione hanno quando c è un problema sul mondo del lavoro o scuola, se lo affrontano individualmente o cercano di costruire una rete,  portando avanti assieme le loro richieste. Molto spesso si dice che le nuove generazioni sono concentrate su loro stessi, però vediamo contemporaneamente giovanissimi che stanno scendendo in piazza per i 'Fridays for future'” . 

“Fare di Forlì-Cesena un polo di monitoraggio della condizione giovanile”, è quanto richiede anche Maria Giorgini, segretario della Cgil di Forlì. “La ricerca di pone si studiare il rapporto tra nuove generazioni e sindacato, ma anche con l'associazionismo in generale, il rapporto tra studenti e associazioni studentesche. Non ci sono ricerche così approfondite a livello nazionale e regionale. Voglioamo anche capire le priorità dei giovani, così da orientare meglio la contrattazione, se per esempio è prioritario il salario piuttosto che l'orario di lavoro, oltre che la problematica che troppi giovani, anche nello stesso sito e anche nel lavoro intellettuale,  hanno a parità di mansioni forme contrattuali diverse. Chiediamo anche sulla sostenibilità ambientale, quanto è centrale per loro”. L'uscita nei luoghi di ritrovo dove riuscire a interfacciarsi con ragazzi che nella grande maggioranza non sono sindacalizzati? “Rientra nella visione di 'sindacato di strada', necessario per arrivare davvero al lavoro non tutelato. E'  difficile farlo, ma va fatto”.

L'associazione Luciano Lama ha tra i suoi soci fondatori le due camere del lavoro di Forlì e di Cesena, lo Spi-Cgil,  l'Anpi e l'Istituto storico della Resistenza, e vuole tenere viva la memoria “di  Luciano Lama, segretario della Cgil nazionale per 16 anni, partito a 25 anni dopo aver diretto quella di Forlì, quando nel dopoguerra la Camera del Lavoro di Forlì (che all'epoca copriva anche Cesena e Rimini) aveva 110mila iscritti”, spiega Bielli. 

L'indagine del 2014 

Dal punto di vista ideale gli intervistati si rivelano animati dai medesimi valori condivisi dai giovani a partire dagli anni Settanta: libertà, istruzione, solidarietà, uguaglianza, pace sono ai vertici della graduatoria mentre tradizione e religione agli ultimi posti. Il lavoro rappresenta innanzitutto un mezzo per rendersi indipendenti dalla famiglia di origine (92,1%) e soddisfare le necessità economiche (88,9%) ed è visto come strumento di realizzazione personale dall’84,3% di chi non lavora ma solo dal 77,8% di chi lavora, suggerendo l’ipotesi di una riduzione delle aspettative e di una revisione dei significati attribuiti al lavoro tra gli occupati.

L’indagine sulla distanza ideale e materiale dal sindacato fornisce maggiori dettagli sul grado di riconoscimento e identificazione dei giovani con l’organizzazione: il 97,3% ne ha sentito parlare (per lo più in famiglia o nei media), il 45,3% vi è entrato in contatto, il 30% è o è stato iscritto a un sindacato (45,2% tra chi lavora, 19,9% tra chi non lavora), ma solo il 2,5% riveste la carica di delegato sindacale o rappresentante della sicurezza (5,5% rappresentante degli studenti).  L’approfondimento delle ragioni che hanno portato gli intervistati a rivolgersi al sindacato mostra come prioritaria la funzione di servizio nello svolgimento di pratiche varie: servizi di assistenza fiscale (30,5%) e di assistenza previdenziale (19,7%), ma in realtà ben il 18,6% di giovani è entrato in contatto con il sindacato per quello che è considerato il suo ruolo specifico ovvero la tutela dei diritti sul lavoro. Minore è il ricorso al sindacato per l’assistenza contrattuale (11,3%), ma proprio la precarietà delle situazioni lavorative degli intervistati potrebbe esserne la causa: il contratto, quando c’è, viene probabilmente firmato senza pensare ad un controllo preventivo delle condizioni sottoscritte ed è solo quando emergono problemi concreti che si cerca il supporto di esperti.

Le valutazioni espresse a proposito dei servizi promuovono il sindacato: non sempre a pieni voti se si considerano le risposte di tutti, anche di chi non ha utilizzato quei servizi né ha avuto contatti con il sindacato, ma in modo decisamente brillante quando invece ad esprimersi sono solo i giovani che quei servizi li hanno sperimentati e i giudizi migliori (oltre il 40% di valutazioni positive in “astratto” e quasi il 70% da parte degli utenti reali) il sindacato li riceve a proposito delle sue specifiche attività – la tutela dei diritti sul luogo di lavoro e l’assistenza contrattuale.

La tutela dei diritti sul lavoro è oggi anche uno dei temi più controversi e dibattuti tra chi li considera privilegi da eliminare e chi invece li vede come una conquista fondamentale da presidiare. I giovani intervistati non sfuggono a questa dinamica e anzi, forse non del tutto consapevolmente, sembrano propendere per una rappresentazione dei diritti come qualcosa di individuale: fare bene il proprio lavoro e confrontarsi direttamente con il datore di lavoro sono infatti le due modalità di tutela dei propri diritti più scelte (rispettivamente 51% e 42,3%), mentre il tentativo di socializzare il problema coinvolgendo i colleghi e il ricorso al sindacato raccolgono consensi meno numerosi (25,3% e 18,6%).

Le motivazioni di iscrizione al sindacato rinviano principalmente alla logica dei servizi (31,6%), ma per quote rilevanti di intervistati la membership si lega alla fiducia nella capacità del sindacato di tutelare i lavoratori e di migliorare le condizioni di lavoro. Il 37% di chi non è iscritto dichiara invece che nessuno gli ha proposto di farlo. Tra i limiti della capacità del sindacato di rappresentare i giovani viene segnalata, in primo luogo, l’assenza dei giovani stessi dalle posizioni decisionali (52%); a seguire le politiche tese a conservare il potere di chi è già occupato (47,4%), la natura burocratica dell’organizzazione sindacale (39,4%), lo scarso contatto con il mondo atipico (30,5%) e la prevalente attenzione nei confronti dei pensionati (16,2%).

Tuttavia il rapporto dei giovani con il sindacato è un rapporto dai molteplici volti perché molteplici sono i volti, le caratteristiche e le esperienze dei giovani e per renderli visibili si sono disegnati quattro “tipi ideali”: giovani studenti idealisti (20,4%), in maggioranza già laureati, con una forte spinta sociale e quasi sognatori, senza molte esperienze dirette del sindacato e che forse per questo non si sbilanciano in un giudizio sul suo operato (72% “non saprei”); giovani lavoratori tradizionalisti (31,3%), in molti casi disoccupati o in cerca di prima occupazione, legati a tradizione e religione, vicini al sindacato e in buona parte iscritti (50,2%), che giudicano l’azione della Cgil pienamente positiva (34,4%); giovani studenti indifferenti (19,7%), molto giovani, con contratti precari quando lavorano, senza niente in cui credere o da considerare importante, che numerosi sono o sono stati iscritti al sindacato (22,3%) ma che più numerosi di tutti giudicano negativamente l’operato della Cgil (15,3%); giovani lavoratori realisti (28,5%), i più adulti, spesso già con una propria famiglia, con titoli di studio medio-bassi (76,9%) e contratti non standard, che contano molto sul merito e sono impegnati anche in politica (21,3% iscritti a un partito), ma che quando si tratta di giudicare l’azione della Cgil sembrano non voler prendere posizione, divisi tra “non saprei” e “né positiva né negativa”.

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