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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Rosario davanti al carcere per sostenere la riforma penitenziaria

“La riforma – precisa Loris Fantini, presente alla recita del Rosario mariano - non contiene nessun afflato buonista, nessuna ‘liberatoria’ per pericolosi delinquenti – tanto meno per mafiosi e terroristi"

Una decina di esponenti della Comunità Papa Giovanni XXIII si sono ritrovati mercoledì mattina, davanti al carcere di Forlì, in via Della Rocca, per recitare un rosario in solidarietà con i tanti detenuti che in questi giorni, in tutt’Italia, stanno facendo lo sciopero della fame per chiedere che venga approvata la legge sulla riforma penitenziaria. “Il cammino della legge di cui al decreto legislativo adottato il 22 dicembre 2017 – si legge in un appello sottoscritto da Associazione italiana dei professori di diritto penale, Associazione tra gli studiosi del processo penale, Unione Camere penali italiane, Consiglio Nazionale Forense, Magistratura democratica, Area democratica per la giustizia, Associazione Antigone, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia - rischia di avere una definitiva battuta di arresto. Ci rivolgiamo con forza al Governo perché, mantenendo fede all’impegno assunto ed esercitando almeno nella sua parte fondamentale la delega conferita con la legge n. 103/17 votata dal Parlamento, approvi in via definitiva, pur dopo le elezioni politiche, la riforma dell’ordinamento penitenziario, riportando l’esecuzione penale entro una cornice di legalità costituzionale e sovranazionale dopo le umilianti condanne europee.

La riforma rappresenta niente più che il rifiuto, ideale prima ancora che giuridico, di presunzioni legali di irrecuperabilità sociale, dal momento che nessuna pena deve rimanere per sempre indifferente all’evoluzione personale del condannato, ed affida alla magistratura, cui per legge è assegnata istituzionalmente la realizzazione del finalismo rieducativo dell’art. 27 della Costituzione – la magistratura di sorveglianza – la piena valutazione sulla meritevolezza delle misure alternative e il bilanciamento degli interessi in gioco”. La mancata approvazione della riforma, votata solo dalla Camera, offuscherebbe quella ‘messa a punto costituzionale’ del sistema penitenziario che, a quarant’anni dall’ultimo organico intervento, impone lo spostamento del baricentro dell’esecuzione penale verso le sanzioni di comunità, accompagnato dalla selettiva rimodulazione dei presupposti per la concessione delle stesse e delle modalità per assicurare l’effettività del rispetto delle prescrizioni imposte. “Crediamo – continua il comunicato congiunto delle associazioni firmatarie dell’appello, che prendono le difese degli oltre 10.000 detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane - che solo in questo possa consistere la ‘certezza della pena’, che nella sua effettività rieducativa e nell’efficace abbattimento della recidiva, statisticamente dimostrato, è l’unica ragionevole risposta ad un’opinione pubblica confusa e impaurita dal clima di insicurezza alimentato, troppo spesso, dagli organi dell’informazione”.

“La riforma – precisa il cesenate Loris Fantini, presente alla recita del Rosario mariano - non contiene nessun afflato buonista, nessuna ‘liberatoria’ per pericolosi delinquenti – tanto meno per mafiosi e terroristi, nessun insensato ed indulgenziale ‘svuotacarceri’: semmai preserva la comunità da gravi forme di recidiva criminale attraverso la proposta di un impegnativo cammino di rientro rivolta a chi voglia e sappia intraprenderlo. E’ per questo che chiediamo che l’impegno di varare la riforma sia mantenuto, perché uno Stato il quale sa offrire una speranza alle persone che ha legittimamente condannato deve concedere loro l’opportunità di diventare buoni cittadini e rendere così un utile servizio alla collettività intera”. “Chiediamo – conclude il comunicato - di non far cadere nel nulla la riforma delle misure di sicurezza personali, secondo le indicazioni espresse dal Parlamento nella legge delega: una riforma a sua volta in grado di recare un rilevante contributo di civiltà in un settore dell’ordinamento penale nel quale pure sono in gioco diritti fondamentali dell’uomo”.

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