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Economia

Accordo alla Bonfiglioli senza la Cisl: "Intesa non soddisfacente"

La Fim-Cisl non ha siglato l'accordo con la "Bonfiglioli", come fatto invece da Fiom-Cgil e Uilm-Uil. "Abbiamo cercato di mantenere l'unità sindacale, ma non c'erano le condizioni giuste per i lavoratori"

Dopo un anno e mezzo dalla scadenza del vecchio premio di risultato Bonfiglioli, nella notte fra mercoledì e giovedì FIOM-Cgil e UILM-Uil hanno sottoscritto un nuovo accordo con l'azienda, senza la sigla della FIM-Cisl. Che ne spiega le ragioni osservando che "durante la trattativa abbiamo cercato di dare il nostro contributo alla discussione nella tutela dei nostri iscritti e di tutti i lavoratori, abbiamo partecipato attivamente a tutte le manifestazioni della lunga vertenza e a tutti i tavoli di discussione, dicendo di volta in volta cosa ritenevamo sbagliato, chiedendo diverse modifiche e cercando di mantenere fino alla fine l'unità sindacale, anche se si era partiti da una piattaforma separata carica di contenuti politici".        

Claudio Valentini, responsabile della Fim-Cisl di Forlì, spiega di non aver sottoscritto l'intesa perchè "nell'accettare la dichiarazione dell'azienda che indica come nuova frontiera per il gruppo produrre in 'local' (dove per local intente i paesi dove si vende) FIOM e UILM, con le loro RSU, si sono presi una responsabilità inaccettabile, poiché molto meno del 50% del prodotto Bonfiglioli viene venduto in Italia e Forlì, con i suoi prodotti per l'eolico e il movimeto terra, è uno degli stabilimenti che rischia di più in quanto abbiamo già sedi in Asia che producono/finisco in parte il nostro prodotto".

"Gi investimenti riportati nell'accordo coprono solo il 2012 e non riguardano, per  molti stabilimenti, la creazione di prodotti nuovi o il mantenimento degli attuali in Italia (anche se si dice che l'occupazione verrà mantenuta non vi è obbligo a mantenere i prodotti dove viene impegnata) - prosegue Valentini -. E' scomparsa dal testo la parte sulla produttività, lasciando di fatto nuovamente la mano libera all'azienda, poiché non vi è obbligo di condividere i tempi: l'azienda può aumentare i carichi di lavoro e le velocità e l'unica risposta che rimane ai lavoratori è lo sciopero...(è un sistema troppo costoso per i dipendenti, si doveva obbligare l'azienda a condividere e confrontarsi sulle velocità come unica soluzione all'incremento produttivo  che l'azienda stessa chiede )".

"Per le assunzioni a tempo indeterminato, è vero che l'azienda si impegna a farle tra i lavoratori con contratto a termine - aggiunge Valentini -, ma non vi è l'impegno a richiamare nei contratti a termine i lavoratori che hanno già prestato la loro opera e che prima dei diciotto mesi (dopo 18 mesi vi è obbligo di assunzione)  vengono lasciati a casa e rimpiazzati con altri terministi ( come sta già succedendo)".

L'ultima ragione per Valentini è che "si è data la priorità alla discussione sulla parte economica anche se di fatto la modifica del precedente premio rimane più nebulosa perchè alcuni importi andranno ri-discussi in seguito, ad accordo già firmato".
 

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