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Tasse, Cna attacca: "Nessun calo, a Forlì le imprese pagano di più"

Nell'indagine Cna del 2015 emerse una notevole disomogeneità del peso del fisco sulle attività economiche, a seconda dei comune e dei settori produttivi

Un anno fa Cna pubblicò i risultati di una indagine comparata nei comuni della provincia, sulla fiscalità locale in capo alle imprese, che è circa il 63%, tre punti percentuali in più della media nazionale. Emerse una notevole disomogeneità del peso del fisco sulle attività economiche, a seconda dei comune e dei settori produttivi. Le differenze erano dovuta in parte alle diverse aliquote dell’addizionale Irpef, ma ancor di più alla diversità di trattamento delle imprese nei vari comuni riguardo alla Tari, la tassa sui rifiuti. Sui dati del 2014, il Comune di Forlì si caratterizzò per un peso del fisco locale mediamente più alto, rispetto alle altre realtà della provincia.

Sottolinea la presidente di Cna Forlì città, Monica Sartini: “Pur giustificando, almeno parzialmente, questa maggiore pressione fiscale con l’alto livello del welfare nella nostra città, sollecitammo all’amministrazione comunale maggiore attenzione alle imprese, un patrimonio di tutta la comunità che, in un periodo di crisi come quello attuale, rischia di disperdersi. Nonostante i buoni propositi del sindaco Davide Drei, che in occasione dell’assemblea annuale di Cna Forlì città prese l’impegno di ridiscutere l’impianto della fiscalità comunale, a distanza di un anno, le notizie non sono buone. Non una parola è stata spesa dall’assessore Emanuela Briccolani, in occasione della presentazione del bilancio, circa provvedimenti in favore delle imprese, se si eccettua il contributo ai consorzi fidi, che esiste da sempre.  Qualcosa si può fare, anche senza penalizzare troppo le casse comunali: ad esempio, a parità di gettito, si potrebbe diminuire l’Imu, deducibile al 20%, aumentando della stessa misura la Tasi, che è invece interamente deducibile per gli immobili strumentali. Speriamo poi che la società “In-house” per la raccolta dei rifiuti possa contribuire, riducendo il costo della raccolta, ad alleviare il peso della Tari sulle imprese.”

“Ad oggi però – continua Sartini – nulla è cambiato, se non in peggio. La quota della Tari in capo alle utenze extradomestiche, che era l’8,7% più alta rispetto alla media provinciale ora lo è del 9,2%. Infatti Forlì ha lasciato invariata la propria quota, il 46%, ma altri comuni hanno abbassato la loro. Su Imu e Tasi nulla cambia: Forlì nel 2014 si attestava sul 10,6 per mille, l’aliquota più alta consentita e così nel 2015. Addirittura peggiorata la situazione dell’addizionale Irpef: se nel 2014 ogni forlivese con reddito superiore a 8.000 euro pagava lo 0,49%, oggi i contribuenti sono divisi su tre fasce e quella intermedia, con redditi tra i 15.000 e i 28.000 euro, la più numerosa, ha una aliquota dello 0,77%. Volendo portare casi concreti: per una carrozzeria di 282 metri quadrati a Forlì, il carico complessivo di Imu, Tasi e Tari senza contare l’Irpef, è di euro 3.478; applicando le aliquote medie dei comuni della provincia, la cifra è di 416 euro inferiore. Per una torneria da 1130 metri quadrati a Forlì si spendono 6.627 euro, mentre mediamente in provincia la somma dovuta è di 5.969 euro. Un bar pasticceria di 63 metri quadrati lo scorso anno ha pagato 2.011 euro; applicando le medie provinciali l’importo è di 1.766 euro”. 

“Abbiamo fiducia nella volontà del sindaco di rispettare gli impegni presi – conclude Sartini – ma è ora di accelerare. Se si crede davvero nel valore delle imprese, ci vuole il coraggio di passare dalle promesse ai fatti”.

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