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Marcegaglia, sindacati e politica spaccati. "Serve lavoro"

Terzo giorno di presidio davanti ai cancelli dello stabilimento Marcegaglia di Forlì, organizzato dalla Fiom Cgil. I sindacati sono spaccati

Terzo giorno di presidio davanti ai cancelli dello stabilimento Marcegaglia di Forlì, organizzato dalla Fiom Cgil. I sindacati sono spaccati sulle richieste dell'azienda e sulle modalità della trattativa. “Quella di Fiom è una posizione ideologica che mette a rischio lo stabilimento e comunque nessuno ha ancora firmato nulla”, accusano i segretari di Fim Cisl, Claudio Valentini e Uilm Uil, Enrico Imolesi. Fiom parla ancora di “ricatto posto dall’azienda”.

Il presidio della Fiom alla Marcegaglia



“O il sindacato e i lavoratori accettano che ciascun nuovo assunto perda rispetto ai contratti aziendali tutt’oggi vigenti 27.000 euro lordi in sei, anni oppure non si fanno assunzioni. Eppure l’azienda non è in crisi. La direzione dello stabilimento ci ha appena informato che i prossimi mesi sono pieni di lavoro e in fabbrica si fanno straordinari, anche al sabato”,  si legge nella nota della Fiom. Invece Fim e Uilm affermano:  “Noi siamo disponibili a trattare un accordo che preveda anche un salario di ingresso, ma solo a condizione che l'azienda metta nero su bianco l'impegno a non esternalizzare il lavoro e a portare avanti il progetto di ampliamento che prevede 60 mq di stabilimento per un investimento totale di circa 40 milioni”. 

Al presidio ai cancelli sono intervenuti il consigliere regionale di Sinistra e Libertà, Gianguido Naldi, insieme a Marisa Fabbri, coordinatrice di Sel di Forlì, e a Giorgio Bonoli, capogruppo “La Sinistra” in consiglio comunale a Forlimpopoli. Presente anche Rifondazione Comunista, con i segretari regionale, Nando Mainardi, e provinciale, Nicola Candido, l’Italia dei Valori, con il vicesindaco di Forlì Giancarlo Biserna e l’assessore provinciale Gianfranco Francia. Sul posto anche la lista “Destinazione Forlì”, con Stefano Oronti e Marco Viroli, e i militanti del PCL di Forlì-Cesena. Una nota di solidarietà e di proposta di ripresa della trattativa è arrivata anche da parte del consigliere regionale del Pd, Thomas Casadei. Messaggi di solidarietà dai movimenti della società civile, dall’ARCI di Forlì, con il suo presidente  Michele Drudi, al Comitato “Acqua Bene Comune”, presente al presidio con la coordinatrice Marilena Pallareti, che ha inviato un messaggio scritto. La bandiera per l’acqua pubblica è appesa al gazebo davanti ai cancelli”

Ecco cosa dice Casadei del Pd: “Penso che un possibile accordo vada assolutamente ricercato con la massima disponibilità di tutte le parti in gioco e che si possa trovare anche facendo ricorso allo strumento dell’apprendistato, in questi giorni al centro trattative condotte dal governo nazionale tra parti sociali e organizzazioni di rappresentanza: si sarebbe così in grado di assicurare una equilibrata flessibilità in entrata ma anche prospettive per una successiva stabilizzazione per i lavoratori”. I segretari, territoriale e comunale di Forlì, Marco Di Maio e Paride Maretti e quello di Forlimpoli, Gianluca Monti, esprimono sì la solidarietà ai lavoratori rimasti a casa, ma  lanciano un appello ai sindacati, in particolare alla Fiom: “Siamo convinti che occorra anche riformare le modalità di contrattazione tra imprese e sindacati, affinché questa non diventi un freno per lo sviluppo di un'attività quanto piuttosto un modo per rafforzarla. Auspichiamo che questa consapevolezza, assieme al necessario buon senso, possa prevalere anche tra tutte le parti in causa, a cominciare dai rappresentanti sindacali, a beneficio in primo luogo dei lavoratori e delle loro famiglie; perché rifiutare o rinunciare a posti di lavoro è un lusso che non possiamo permetterci, né oggi, né mai”. Il timore, condiviso dai tre rappresentanti del Pd locale e da Fim e Uilm è quello di “rischiare di depauperare una risorsa fondamentale per il territorio”.    

Per il Plc "l'origine di questi problemi fu determinata dall'introduzione nel paese di leggi che andavano a precarizzare il rapporto lavorativo, arrivando sino alla giungla odierna in cui i padroni possono scegliere per le loro assunzioni tra un ricco menù che propone ben 48 forme contrattuali al ribasso, tutte a vario modo con la prevista data di scadenza del singolo lavoratore. Il lavoro interinale (con annesse agenzie a lucrare sul nostro sudore) fu per esempio consentito e lanciato dal primo governo Prodi (centro-sinistra) negli ormai lontani anni '90, col pretesto che ciò avrebbe consentito la creazione di nuove opportunità d'impiego. La verità, a 15 anni di distanza, è esattamente opposta: la disoccupazione ha raggiunto picchi record e nelle fabbriche e nei posti di lavoro, proprio a causa della precarietà, si trovano fianco a fianco lavoratori di serie A, B, C e così via, chi più ricattabile, chi meno. In tal modo è più facile per l'azienda applicare il divide et impera e più complicato per il sindacato compattare il fronte operaio. Ma la stessa CGIL dov'era quando il centro-sinistra varava il Pacchetto Treu? Ora, per risalire la china, toccherà rispondere all'aggressione straordinaria portata avanti dal capitale con una forza straordinaria messa in campo dal movimento operaio, altrimenti prevarrà la guerra tra poveri, ad esclusivo godimento di Marcegaglia e soci".

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