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Imprese e l'"Orizzonte 2030": "I miglioramenti tecnologici rappresentano il futuro"

"L’innovazione non è legata esclusivamente all’adozione delle tecnologie produttive più avanzate - ha sottolineato Luca Paolazzi - bensì, anche a competenze che permettano ai giovani lavoratori di utilizzare al meglio le nuove tecnologie".

I musei San Domenico hanno ospitato martedì l’incontro “Orizzonte 2030”, organizzato dal Comitato della Piccola Industria di Confindustria Forlì-Cesena. Durante l'incontro si è discusso con i rappresentanti delle imprese sul futuro dei lavoratori delle PMI nel nostro Paese nei prossimi vent’anni e sul sistema imprenditoriale nel suo complesso. Importanti esperti e professionisti come Luca Paolazzi, Direttore del Centro Studi di Confindustria, Alessandra Lanza, Partner Prometeia, Stefano Molina, Dirigente di ricerca Fondazione Agnelli, Aldo Ferrara, Presidente Piccola Industria Calabria e Coordinatore Comitato Scientifico Piccola Industria e Carlo Robiglio, direttore della rivista “L’Imprenditore”, hanno illustrato i possibili effetti sulle risorse umane delle Pmi derivanti dalle trasformazioni tecnologiche, digitali e informatiche in corso.

"Oggi è sempre più diffuso il tema dell’industria 4.0 - ha detto Giorgio Cangini, presidente della Piccola Industria Confindustria Forlì-Cesena - sicuramente, i miglioramenti tecnologici rappresentano il futuro della prossima era imprenditoriale. Ciononostante non si potrà prescindere dalle persone, che devono essere messe al centro di questa rivoluzione. Se da un lato è vero che il futuro contesto imprenditoriale dipenderà da macchine e software ancora più avanzati, dall’altro lato è altrettanto importante investire sulla formazione e la creazione di competenze specifiche perché le Piccole-medie imprese siano in grado di cogliere le opportunità provenienti da questi rapidi mutamenti. Valorizzare le capacità del personale può rappresentare per un’azienda un valore aggiunto per crescere e avere un ritorno in termini di produttività".

Di fronte alle opportunità rese disponibili dalle nuove tecnologie e dai miglioramenti dell’informatica, la dimensione delle imprese sarà sempre meno decisiva, ciò che farà la differenza sarà il grado di innovazione che permetterà di essere all’altezza in un mondo e in un’economia sempre più interconnessi. Va ribadito che, "l’innovazione non è legata esclusivamente all’adozione delle tecnologie produttive più avanzate - ha sottolineato Luca Paolazzi - bensì, anche a competenze che permettano ai giovani lavoratori di utilizzare al meglio le nuove tecnologie".

Gli strumenti che stanno prendendo forma oggi, dai robot ai processi computerizzati, passando per i gestionali dei Big Data, diventeranno i mezzi e le principali materie prime attraverso cui opereranno le imprese, saranno richieste attività la cui esecuzione avrà bisogno di alti livelli di qualifica e competenze. In particolare, poi assumeranno una maggiore rilevanza le cosiddette soft skills, ossia quell’insieme di qualità traversali che diverranno indispensabili nel mondo del lavoro dei prossimi anni, per formare lavoratori più flessibili e capaci di operare in ambiti e settori diversi. Infatti "per continuare a crescere professionalmente in un ambiente sempre più pervaso dalla tecnologia, tutti i lavoratori dovranno possedere e sviluppare nuove competenze – ha affermato Stefano Molina – In primis, le aziende cercheranno persone capaci di adeguarsi ai vari scenari per sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia". Alla luce di ciò, i relatori hanno evidenziato come la formazione delle future risorse umane sarà l’elemento decisivo dal quale partire. "L’educazione permette di migliorare il capitale umano, che a sua volta si traduce in un incremento della produttività del lavoro, aumentando la capacità innovativa e favorendo l’adozione delle moderne tecnologie da parte delle imprese. Istruzione, educazione e formazione sono precursori di questo cambiamento", ha puntualizzato Alessandra Lanza.

Alcune stime ipotizzano che il 47% delle professioni esistenti è a rischio informatizzazione nei prossimi due decenni, riducendo le tipologie di impiego presenti oggi. Segno del mutamento di competenze di cui le aziende necessiteranno e che le spingerà a puntare su una forza lavoro altamente istruita. In quest’ottica, le aziende dovranno collaborare con le istituzioni per imprimere un’accelerazione alla quota di dipendenti laureati (in Italia ferma al 20%), per essere capaci di confrontarsi con i mutamenti in corso. D’altra parte le imprese dovrebbero destinare più risorse all’aggiornamento e alla formazione del proprio personale, dato che in Europa sotto questo aspetto l’Italia si colloca a un livello inferiore a confronto con altri competitors come Germania e Francia con poco più del 55%.

Attualmente, le Piccole-medie imprese rappresentano il 99% del panorama industriale nell’Unione Europea e costituiscono il 12% del Pil italiano (dati Cerved 2016). Dati che dimostrano come queste realtà raffigurano il tessuto imprenditoriale più consistente e che quindi ha bisogno di essere sostenuto e tutelato. Questo seminario ha colto l’obiettivo di tracciare possibili soluzioni e indicare risorse utili al rafforzamento delle Pmi, sottolineando come proprio le piccole imprese possono fornire molte competenze in linea con le esigenze del lavoro in progressiva evoluzione. Sarà importante partire dal livello locale affinché queste buone pratiche possano cominciare a essere costruite, creando un network capace di mettere in moto un ciclo virtuoso, in grado di sostenere contemporaneamente formazione e innovazione.

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