Arte al Monte, appuntamento con la mostra "Blanco dentro" di Ana Hillar
Dopo la mostra fotografica di Filippo Venturi torna protagonista di Arte al Monte la scultura, tra ceramica e land art, con la personale dell’artista argentina Ana Hillar, già vincitrice nel 2001 del Premio Faenza, intitolata “Blanco Dentro”. L'esposizione sarà visitabile al Palazzo del Monte di Pietà dal 6 maggio al 4 giugno. Presenta la mostra Viola Emaldi: "Le opere (installazioni e sculture) di Ana Hillar ci invitano a partecipare a qualcosa di più grande, che va oltre i suoi spazi espositivi, oltre il confine dell’opera. Spettatori chiamati ad interagire, a riflettere ed esplorare al di là dell’apparenza e di ciò che lo sguardo distratto potrebbe cogliere. Dal titolo si comprende subito come quello di Ana sia un lavoro che sprigiona una forte energia poetica senza bisogno di artificiosi espedienti. Nata come scultrice ceramica, Ana ha studiato i più diversi mezzi di espressione per usarli senza vincoli ed essere artista nel senso più contemporaneo del termine: quello per cui è finalmente decaduta la necessità o l’importanza di fornire classificazioni di metodo alle opere. Ana anima il suo progetto con un insieme variegato di mezzi: riunisce i materiali e le tecniche a lei care – come la ceramica, il disegno, le fibre tessili (ovatta) e la plastica – attraverso sovrapposizioni eterogenee di modi di lavorare, che attraverso la pratica quotidiana trovano l’esattezza del loro uso. Nel tentativo di comunicare attraverso l’assoluta semplicità, l’artista, in occasione di questa personale dispone istallazioni quasi prive di peso, i cui volumi sono filtrati attraverso l’intensità del colore bianco. Sono opere dal minimalismo immediato, pervase visivamente e fisicamente di pura poesia, (espressa formalmente nella fragilità e precisione dei materiali). L’interiorità del bianco ha la capacità di tessere un rapporto intimo e riservato, interrogarci in merito alla nostra identità, facendo emergere sentimenti e paure contrastanti di fronte alle quali appariamo piccoli, indifesi, protetti solo da noi stessi. In attesa che l’ombra del crepuscolo sveli ciò che non vediamo con la luce del giorno. Sono opere dotate di una forza nascosta, sottese da una tinta che, per sua natura, ha corrispondenze nell’immateriale, nello spirituale, e capaci di catturare l’attenzione dello spettatore, per poi puntare dritto al loro cuore. Per questo richiedono cautela davanti alla loro delicatezza e fragilità: basterebbe un soffio a distruggerle, reali o apparenti che siano. Il tempo è un elemento essenziale, tangibile, tanto che, operando con estrema concentrazione e pacatezza, il lavoro può viverne uno tutto suo, particolare, coincidente con lo spazio dell’opera. Così oggi, in un’epoca palesemente frenetica, in cui pare che nessuno voglia fermarsi a cercare di capire ed approfondire il proprio pensiero, l’azione di Ana Hillar appare puro controsenso, o meglio, una purezza-contro-il-sistema. C’è una dimensione narrativa in queste opere, raccontate da Ana come fossero preghiere, da ascoltare prima che da guardare, capaci di penetrare (inconsciamente) istantaneamente i misteri della vita e offerte nella speranza di un futuro migliore".