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Ecco il Novecento: uno 'show' con 500 pezzi esposti

La vernice per le autorità e la stampa della mostra "Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre", 'in onda' fino al 16 giugno prossimo in piazza Guido da Montefeltro

“Novecento non è una mostra revisionista, ma uno sguardo oggettivo sull’arte italiana espressa fra le due guerre”. Volendo riportare un’altra espressione del presidente della Fondazione della Cassa dei Risparmi Piergiuseppe Dolcini, “dopo l’anteprima 2012 rappresentato da Adolfo Wildt, adesso ci sentiamo in grado di osservare e apprezzare, da storici che siamo, il livello assoluto raggiunto dall’espressione artistica durante il fascismo”.

Mostra sul Novecento al San Domenico (Frasca)

Oltre alla lucida introduzione del presidente Dolcini, la vernice per le autorità e la stampa della mostra “Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre”, in onda fino al 16 giugno prossimo in piazza Guido da Montefeltro, ha visto gli interventi dell’assessore comunale alla cultura John Patrick Leech, che ha ringraziato la Fondazione Cassa dei Risparmi di questo nuovo grande dono alla città, del curatore Fernando Mazzocca e del presidente del comitato scientifico Antonio Paolucci. Già il coordinatore Gianfranco Brunelli aveva messo in luce il “fil rouge” che lega “Novecento” ai sette eventi espositivi pregressi: trattasi del cosiddetto “modello forlivese”, esportato anche all’estero (nel 2015 la Mostra su Wildt sarà riproposta al Musee d’Orsay di Parigi).

L'inaugurazione della mostra (foto di Alessandra Salieri)

Anche in questo caso, l’equipe di curatori è partita da “eccellenze” già in possesso della città”. “Forlì – dichiara uno dei curatori di “Novecento”, il direttore del Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze, professor Ulisse Tramonti – è vetrina nazionale dell’architettura razionalista. Nell’inimitabile contenitore museale del San Domenico potranno essere ammirate quasi 500 opere “novecentiste”, fra dipinti, sculture, manifesti, mobili, arredi e persino moda.

L'inaugurazione della mostra - 3 (foto Alessandra Salieri)

“Non avevano rivali, in fatto di eleganza, le donne italiane degli Anni ’30”. Senza dimenticare che il grosso della creatività del periodo storico oggetto della rassegna, è fuori dalle mura dell’ex convento: trattasi delle decine di edifici razionalisti e classicisti realizzati durante il ventennio a Forlì e dintorni. “Personalmente – continua Dolcini - credo che i conti col fascismo siano stati chiusi con l’approvazione della Carta Costituzionale da parte dei padri dell’Italia democratica. Ragion per cui lasciateci manifestare questa libertà di pensiero e godere delle straordinarie eccellenze artistiche di quel periodo”. Fernando Mazzocca ha ricordato il “ritorno all’ordine” che sottende la filosofia artistica del “Novecento”, per poi elencare alcuni dei tanti pezzi di pregio (Picasso, Casorati, De Chirico, Severini e Guttuso) portati in scena su quel palco museale di valore internazionale che è divenuto il San Domenico, rapportati con i modelli d’ispirazione quattrocentesca. Uno su tutti è la straordinaria Città Ideale di Piero della Francesca, esposto subito all’ingresso, a destra del dipinto Silvana Cenni di Casorati.

Antonio Paolucci ha ricordato che a Forlì va in scena la più grande mostra sul Novecento dal 1957 ad oggi. “E’ una rassegna – dichiara il direttore dei Musei Vaticani – assolutamente esaustiva dell’espressione culturale fra le due guerre”. Le opere di confine, entrambe esposte a Forlì, sono, da un lato, la Maternità di Gino Severini realizzata nel 1916, e dall’altro la serie Dux di Mino Maccari del 1943. “Consumate le esperienze futuriste e cubiste – conclude Paolucci - Severini recupera la figura, con la figura i valori della tradizione e, insieme a quelli, le proporzioni, le tecniche e persino le iconografie degli antichi maestri”. Non è ancora terminata la “vernice”, che già montano i commenti dei primi visitatori. L’opera più gettonata non è un dipinto, né una scultura, bensì un manifesto propagandistico del 1934, che ritrae Mussolini visto lateralmente, chiaramente in divisa nera. Ad un’occhiata più attenta, la camicia risulta fatta di tanti volti e visi inneggianti al Duce. In quegli anni, il regime fascista è al massimo dei consensi. “Dovrebbero imparare da lui come prendere voti – ironizza qualcuno - altro che i “talk show” di adesso o i vari “Porta a Porta”

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