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"Un’opera al mese": l'esperto del Canova spiega la modernità della Ebe di Forlì

Francesco Leone, uno dei massimi esperti del Canova, inaugura la rassegna ideata per dare visibilità ai capolavori dei nostri musei svelando la grandezza di "Ebe"

Con la “Ebe” del Canova prende il via l’inedita rassegna “Un’opera al mese”, iniziativa promossa dal Comune di Forlì, voluta dall’Assessore alla Cultura Valerio Melandri e ideata dal Dirigente alla Cultura Stefano Benetti, in collaborazione con l'Associazione Amici di San Domenico, allo scopo di narrare in modi nuovi i capolavori dei nostri musei. Venerdì, alle 18:30 al San Domenico, con ingresso gratuito, protagonista della serata sarà la stupenda scultura realizzata dal Canova, opera che riassume in sé tutta la grandezza del patrimonio storico-artistico di Forlì.

A parlare del capolavoro e della “modernità della Ebe di Forlì", sarà il professor Francesco Leone, docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara, uno dei massimi esperti del Canova. "Negli ultimi decenni del Settecento - spiega il professor Leone - con l’affermarsi del Neoclassicismo, da più parti in Europa si diffuse la consapevolezza che era in atto un risorgimento dell’arte della scultura, collegato essenzialmente alla riscoperta delle antichità classiche e ai nuovi valori civili dell’Illuminismo. In pochi anni si avvertì tutta la decadenza della scultura tardo-barocca di matrice berniniana, limitata a una funzione meramente decorativa e subordinata all’architettura. Sul retaggio dei classici, ma anche in termini di dirompente modernità, la scultura tornò a primeggiare tra le arti, come portatrice di istanze etiche e di valori universali declinati nell’idea del ‘bello’. Tutti i più autorevoli critici contemporanei identificarono la grande svolta della scultura nell’opera di Canova, a partire dalle grandi tombe dei papi Clemente XIII Rezzonico e Clemente XIV Ganganelli che egli scolpì a Roma tra anni Ottanta e Novanta del Settecento".

"Ma perché Canova, allora come oggi, è considerato uno dei più grandi scultori della storia? Perché il grande scultore di Possagno, nato povero in un paesino alle falde del monte Grappa e divenuto già in vita uno degli uomini più famosi del mondo, ammirato tanto negli Stati Uniti d’America quanto nella grande Russia degli zar, è stato in grado di creare un canone di bellezza assolutamente confacente alla sensibilità estetica contemporanea, così come accadde con Fidia nell’Atene del V secolo a. C - prosegue -. Ha emulato gli antichi; non li ha banalmente imitati. È stato, pur contemplando la classicità, uno scultore di una sconvolgente modernità. La Ebe, di cui Canova nell’arco di un ventennio scolpì quattro versioni tutte diverse una dall’altra, è una delle sculture più emblematiche di questa rivoluzionaria concezione della scultura. Questa ineffabile giovinetta rappresenta la graziosa personificazione dell’adolescenza. Incarna, come mai prima era accaduto, il prodigio di una bellezza perfetta e intatta, colta nel primo sbocciare delle sue forme".

"Nel mondo antico non c’erano rappresentazioni artistiche di Ebe come sintesi dell’adolescenza. Se ne trova riscontro della poesia, dove Ebe compare insieme a Psiche, ma non nelle arti figurative. Solo questo basterebbe a chiarire l’assoluta modernità di questa popolarissima scultura. I critici di allora fecero a gara, non senza fatica, a coglierne tutto lo spirito d’avanguardia. Tra tutti, fu forse Pietro Giordani a scioglierne con poche parole tutto l’incanto quando scrisse che Ebe “sta sul confine difficilissimo ad effigiare della fanciullezza e della gioventù, e niente meno rapisce ad amoroso stupore ogni uomo che la guarda, quale ce la fanno i poeti immaginare in Ebe e Psiche, non l’abbiamo dai greci posta in essere”. Gli antichi ci hanno fatto immaginare Ebe. Canova l’ha portata tra di noi in “carne e ossa”". Il secondo appuntamento di “Un’opera al mese” è programmato per venerdì 28 febbraio, ore 18:30, sempre al Museo Civico di San Domenico. Ospite della serata sarà la professoressa Alessandra Zamperini, docente di Storia dell'arte moderna presso il Dipartimento Culture e Civiltà dell'Università degli Studi di Verona, che presenta il dipinto di Lorenzo di Credi, "Dama dei gelsomini".

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